Domenica 1 dicembre

1 dicembre 2024 | 1^ Domenica di Avvento – anno C |

La Speranza rende liberi

Ger 33,14-16 | Sal 24 | 1Ts 3,12-4,2 | Lc 21,25-28.34-36

Iniziamo questo nuovo anno liturgico, in questa 1 domenica di avvento nel segno della Speranza.

Già, tu dove trovi la Speranza per continuare a camminare nella storia? Tu uomo e donna, ripiegato su te stesso mentre cerchi un modo sempre nuovo per riempire i tuoi bisogni, per soddisfare le tue fantasie, per accontentare i tuoi capricci, cosa ti spinge ad andare avanti giorno dopo giorno?

Tutto sembra andare a rotoli, il mondo sembra impazzito, parlo del pianeta terra che sembra ribellarsi al dominio dell’uomo e parlo di quel mondo che siamo noi, uomini che abitano questo pianeta, sempre in guerra per un pezzo di terra in più da dominare, sempre alla ricerca di uomini da sottomettere, sempre alla ricerca … di qualcosa che non abbiamo ancora trovato. Il pianeta terra non ci basta ormai più, ora stiamo andando anche a conquistare lo spazio e gli altri pianeti … la sete di dominio ha ormai varcato ogni confine.

Ma tutto sembra andare a rotoli anche nelle nostre relazioni: famiglie sempre più sfasciate e vittime di violenza, amici che si sfruttano l’un l’altro senza preoccuparsi del futuro, governanti che fanno fatica a gestire la “cosa pubblica” perché l’ego domina la società. Parole fondamentali per la crescita dell’uomo svuotate del loro significato più profondo: famiglia, amicizia, amore, genitori, autorità, rispetto, diritti, doveri … che significato hanno oggi queste parole?

Tutto sembra andare a rotoli: tu dove trovi la speranza?

In questo mondo, in questo tempo, in questa vita, oggi Dio ci dice di camminare a testa alta.

Il cristiano oggi deve fare la differenza proprio alzando lo sguardo cioè, distogliendo lo sguardo da sé stesso per guardare in faccia la realtà ed i fratelli che si trova attorno.

Io e te, cristiani che oggi iniziamo il cammino di attesa del nostro creatore e salvatore, siamo chiamati a camminare a testa alta per vedere un futuro migliore oltre la coltre oscura che le polveri di questo mondo stanno creando. C’è una luce che vuole illuminare il mondo, il tempo, l’oggi di ciascuno di noi; quella luce ha un nome ben preciso: Gesù Cristo.

Se noi cristiani non troviamo in lui la speranza per un futuro migliore chi altri potrebbe portarla nel mondo?

Iniziamo questo cammino con il passo giusto, alziamo lo sguardo e preghiamo.

Signore Gesù, creatore e redentore
Speranza di una umanità sempre nuova,
aiutaci ad accogliere la tua Luce
per divenire portatori della tua luce;
aiutaci ad accogliere la tua Parola
per divenire portatori della tua Parola;
aiutaci ad accogliere Te nei nostri cuori
per divenire segni di speranza nel mondo.

Amen.

Domenica 24 novembre

24 novembre 2024 | N. S. Gesù Cristo Re dell’universo – anno B |

Una scomoda Verità

Dn 7,13-14 | Sal 92 | Ap 1,5-8 | Gv 18,33b-37

Dio in Gesù è “venuto nel mondo per dare testimonianza alla verità”.

Queste parole guidano la nostra riflessione in questa 34 domenica del Tempo Ordinario, Pasqua della settimana, solennità di Cristo Re dell’Universo.

Quale verità ci testimonia Gesù?

Lui dice di essere Re di un Regno che non è di questo mondo, ma cosa significa? La verità del suo essere Re si manifesta a noi in un modo non certo chiaro e, secondo i nostri canoni, poco credibile.

La sua potenza è manifestata sulla croce, strumento di tortura e di morte; la sua leadership è riconosciuta solo da poveri, malati, e vedove che divengono anche il suo “esercito”; il suo carisma alla fine pare non essere stato compreso neppure dai suoi seguaci.

Questo Re pare tutto il contrario di ciò che ci aspettiamo.

Ma facciamo un passo indietro. Quali caratteristiche dovrebbe avere Dio per essere il più possibile vicino a me?

Dovrebbe essere uno come tanti altri, che non si estranea dalle masse e non impone il suo pensiero con la forza; deve essere uno che sa parlare un linguaggio comprensibile a tutti e che condivide il nostro modo di vivere. Un Re con queste caratteristiche certamente potrà capirci. Questo Re non può che essere quel Dio che “rovescia i potenti dai troni e innalza gli umili, che ricolma di beni gli affamati e soccorre l’orfano e la vedova” …

Festeggiare Gesù Cristo Re dell’universo contemplando la sua potenza sulla croce non può che aiutarci a ribaltare la nostra visione del mondo. La società in cui viviamo ci offre come modello da seguire colui che con la voce grossa opprime il debole, la nostra fede ci chiede di avvicinarci ai più deboli per risollevarli alla dignità propria dell’uomo; la società in cui viviamo ci chiede di impegnare tutte le nostre energie in una scalata sociale per poter avere più soldi, più immagine e più riconoscimenti, la nostra fede ci chiede di vivere nell’umiltà per mettere in gioco l’amore vero, quell’amore che ci porta a gioire con chi è nella gioia e a soffrire con chi è nel pianto.

Tutti noi sentiamo questo bisogno di vicinanza; eppure, facciamo fatica a convertirci, ad invertire il senso di marcia della nostra vita. Sentiamo cosa dovremmo fare per stare bene e per far stare bene eppure continuiamo a ripiegarci su noi stessi nella speranza di non incrociare lo sguardo di Colui che potrebbe chiedermi di mettere a disposizione la mia esistenza per questa verità così affascinante quanto scomoda.

Oggi Cristo dalla croce guarda anche te e ti chiama a far parte dell’esercito del suo Regno. Tutti siamo chiamati ad investire ciò che siamo e ciò che abbiamo affinché il mondo possa essere sempre più libero dal male che lo avvolge. Non pensare che sia un qualcosa che riguarda altri, non puntare il dito su chi ti sta vicino o sul figlio di qualcun altro. Oggi Dio è entrato nella tua casa e chiede la tua disponibilità per rendersi presente agli uomini e alle donne che da ogni angolo del mondo innalzano a Lui un grido di aiuto.

Signore Gesù,
non sono un grande oratore
ma posso portare la tua presenza nel mondo
con la mia vita,
condividendola con tutti coloro
che chiedono il tuo aiuto.
Non so cosa potrò fare
ma sono disponibile
ad accogliere il tuo invito a seguirti
per divenire parte di quell’esercito
che invii nel mondo a portare amore:

con la solidarietà,
con i sacramenti,
con la compassione.
Eccomi Signore
rendimi segno della tua presenza.
Amen.

Domenica 17 novembre

17 novembre 2024 | XXXIII Domenica del Tempo Ordinario – anno B |

VIII Giornata Mondiale del Povero

Bagliori di speranza

Sarà un tempo di angoscia, di tribolazione, di oscurità dice la Parola di Dio di questa 33 Domenica del Tempo Ordinario, Pasqua della settimana.

Ma di che tempo si parla?

In ogni epoca storica, ricercatori, visionari, saggi e studiosi si sono alternati alla ricerca di una data in cui questa fine del mondo potesse accadere ma … noi siamo ancora qua e la fine del mondo può sembrare ancora dietro il prossimo angolo della storia o ancora molto lontana, a seconda dello sguardo con cui la cerchi.

Ma di cosa sta parlando Gesù ai suoi discepoli? di cosa sta parlando il profeta Daniele?

Se siamo sinceri con noi stessi e leggiamo la storia dell’umanità ci accorgiamo che è tutta un tempo di angoscia e di sofferenza. Ma allora verrebbe spontaneo chiedersi se vale la pena vivere o quale è il senso della vita dell’uomo.

È proprio all’uomo senza speranza, all’uomo che fa fatica a scorgere un futuro, che Gesù oggi si rivolge. La chiave di volta per alimentare la speranza sta nel ramo tenero del fico, cioè nei primi segni dell’estate che si avvicina. Quando tutto pare ormai perduto un tenero ramoscello fa rinascere la speranza.

Gesù dice a noi, suoi seguaci, di non chiudere gli occhi davanti al male che pare governare il mondo ma, in questa oscurità, tenendo lo sguardo bello vigile, ci invita a cogliere quei piccoli bagliori della sua presenza che regalano speranza e ci permettono di proseguire il cammino della vita a testa alta.

Siamo chiamati a pregare con il salmista quest’oggi e ogni giorno della nostra vita: “Proteggimi o Dio: in te mi rifugio”. È il grido dell’uomo che sa di non potercela fare da solo. La vicinanza del Signore nel cammino della vita è ciò che ci permette di superare le difficoltà, di scorgere la luce della Pasqua nell’oscurità del tempo e ci permette così di non perdere di vista la meta del cammino, anche se la strada per raggiungerla rimane oscura e sconosciuta.

Con questa preghiera scopriamo di non essere soli nel cammino; attorno a noi ci sono tanti fratelli e tante sorelle che hanno saputo affidarsi nelle mani di Dio. Tra questi fratelli scorgiamo alcune guide preziose, i più poveri, coloro che, non avendo nulla e nessuno su cui poggiare la propria vita, hanno saputo rivolgersi da subito al Signore.

La preghiera del povero sale fino a Dio” ci dice il papa in questa 8 Giornata Mondiale del Povero. Nel ricordarci quanti poveri oggi innalzano il loro grido di aiuto a Dio, il papa ci chiede di imparare da questi uomini e donne ad avere “un cuore umile, che abbia il coraggio di diventare mendicante. Un cuore pronto a riconoscersi povero e bisognoso”. Da soli non potremo mai trovare la forza per affrontare le sfide della vita; lasciandoci accostare da altri fratelli scopriremo degli ottimi compagni di viaggio e il nostro viaggio diventerà più leggero e mettendoci nelle mani di Dio sperimenteremo la gioia dell’Amore che ci attrae dritti alla meta del cammino.

Riprendiamo quest’oggi le parole del salmo 15 e preghiamo:Io pongo sempre davanti a me il Signore,
sta alla mia destra, non potrò vacillare.
Per questo gioisce il mio cuore
ed esulta la mia anima;
anche il mio corpo riposa al sicuro,
perché non abbandonerai la mia vita negli inferi;
né lascerai che il tuo fedele veda la fossa.
Mi indicherai il sentiero della vita,
gioia piena alla tua presenza,
dolcezza senza fine alla tua destra.
Amen.

Mercoledì 13 novembre

MERCOLEDÌ 13 NOVEMBRE

Dal Vangelo di Luca (17,11-19)

Lungo il cammino verso Gerusalemme, Gesù attraversava la Samaria e la Galilea. Entrando in un villaggio, gli vennero incontro dieci lebbrosi, che si fermarono a distanza e dissero ad alta voce: “Gesù, maestro, abbi pietà di noi!”. Appena li vide, Gesù disse loro: “Andate a presentarvi ai sacerdoti”. E mentre essi andavano, furono purificati. Uno di loro, vedendosi guarito, tornò indietro lodando Dio a gran voce, e si prostrò davanti a Gesù, ai suoi piedi, per ringraziarlo. Era un Samaritano. Ma Gesù osservò: “Non ne sono stati purificati dieci? E gli altri nove dove sono? Non si è trovato nessuno che tornasse indietro a rendere gloria a Dio, all’infuori di questo straniero?”. E gli disse: “Àlzati e va’; la tua fede ti ha salvato!”.

COMMENTO

Gesù ci guarisce sempre con la sua Misericordia. Ma quante volte ci ricordiamo di ringraziarlo? Pensiamo facilmente che la guarigione sia un fatto dovuto. Mi ha chiesto di andare a presentarmi dai sacerdoti e io ci sono andato; noi oggi diremmo: ho detto le preghiere, sono andato a messa, non ho fatto nulla di male a nessuno… l’ho meritato il suo perdono! E così siamo guariti ma non siamo salvati. Siamo ancora nella condizione di cadere nell’errore.

Oggi Gesù ci chiede di andare controcorrente per incrociare il suo sguardo e accogliere il suo amore.

Martedì 12 novembre

MARTEDÌ 12 NOVEMBRE | San Giosafat, vescovo e martire

Dal Vangelo di Luca (17,7-10)

Chi di voi, se ha un servo ad arare o a pascolare il gregge, gli dirà, quando rientra dal campo: “Vieni subito e mettiti a tavola”? Non gli dirà piuttosto: “Prepara da mangiare, stringiti le vesti ai fianchi e servimi, finché avrò mangiato e bevuto, e dopo mangerai e berrai tu”? Avrà forse gratitudine verso quel servo, perché ha eseguito gli ordini ricevuti? Così anche voi, quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: “Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare”“.

COMMENTO

Viviamo in una società in cui se non produciamo un’utile siamo considerati zero. E questo ci porta a riempire le nostre agende all’inverosimile e con difficoltà riusciamo a ritagliarci dei tempi in cui goderci davvero la vita assaporando semplicemente ciò che siamo.

Gesù nel Vangelo di oggi ci invita a riconoscere che non siamo schiavi di nessuno e che colui che abbiamo sempre immaginato come un padrone cattivo, oggi si rivolge a noi come l’amico che mi ha invitato a casa per trascorrere un po’ di tempo in amicizia.

L’immagine di Dio padre, padrone e giudice spietato, ha come riflesso quella di noi come figli sottomessi in attesa di una condanna. È forse giunto il momento, di rivedere la nostra immagine di Dio e di conseguenza l’immagine di noi stessi. Siamo figli amati, amici, commensali. Ciò che dobbiamo fare facciamolo, non perché obbligati, giudicati e magari castigati, ma perché abbiamo a cuore le cose di casa nostra. E le cose di casa nostra sono l’amore per Dio e per i fratelli, perché il Regno del Padre è l’Amore.

Lunedì 11 novembre

LUNEDÌ 11 NOVEMBRE | S. Martino di Tours, vescovo

Dal Vangelo di Luca (17,1-6)

Disse ai suoi discepoli: “È inevitabile che vengano scandali, ma guai a colui a causa del quale vengono. È meglio per lui che gli venga messa al collo una macina da mulino e sia gettato nel mare, piuttosto che scandalizzare uno di questi piccoli. State attenti a voi stessi!

Se il tuo fratello commetterà una colpa, rimproveralo; ma se si pentirà, perdonagli. E se commetterà una colpa sette volte al giorno contro di te e sette volte ritornerà a te dicendo: “Sono pentito”, tu gli perdonerai”.

Gli apostoli dissero al Signore: “Accresci in noi la fede!”. Il Signore rispose: “Se aveste fede quanto un granello di senape, potreste dire a questo gelso: “Sràdicati e vai a piantarti nel mare”, ed esso vi obbedirebbe.

COMMENTO

Lo sguardo di misericordia di Dio su di noi e sempre disposto ad offrirci una possibilità sempre nuova, perché mosso dal dolore di averci distanti. Potremmo anche dire che noi siamo sempre al centro dei pensieri e quindi dalle preoccupazioni di Dio, proprio come ogni figlio, è sempre al centro dei pensieri e delle preoccupazioni dei propri genitori. Finché la misericordia è rivolta nei nostri confronti tutto va bene e ci fa pure comodo, ma quando ci viene chiesto di metterla in pratica nei confronti dei nostri fratelli iniziano tutte le nostre rimostranze.

Ma quanto ci stanno davvero a cuore questi fratelli? Quanto sono disposto a consumarmi pur di aiutare un fratello ad uscire dal tunnel di morte che sta attraversando senza rendersene conto? Accresci, Signore, è la mia fede, affinché possa fare della mia vita uno strumento della tua misericordia. Amen.

Un folle gesto d’Amore

10 novembre 2024 | XXXII Domenica del Tempo Ordinario – anno B |

Che cosa hanno in comune due vedove con Gesù? E, immaginando di vivere nella cultura giudaica del tempo di Gesù, cosa mai potranno insegnarci due vedove?

Potrebbero essere queste le domande che guidano la nostra riflessione in questa 32 domenica del Tempo Ordinario, Pasqua della settimana.

Entrambe le vedove che le letture ci presentano non hanno ormai più nulla da perdere: la prima ha solo un pugno di farina e un po’ di olio poi … per lei e per suo figlio non resta che attendere la morte; la seconda ha solo due monetine e poi non le resta più nulla per potersi sfamare. Nella loro situazione cosa avreste fatto?

Prova a usare la tua fantasia: ti arriva in casa uno straniero ti chiede dell’acqua e un pezzo di pane … tu hai solo un po’ di farina per far giusto un panino, l’ultimo pasto per te e tuo figlio … cosa fai?

Oppure: ti restano due spiccioli e poi non puoi permetterti di comprare neppure un panino per l’ultimo pasto, cosa fai?

Le due vedove non hanno esitato: la prima ha ascoltato la parola dell’ospite straniero e ha offerto a lui da mangiare prima che al proprio figlio; la seconda non ci ha pensato un attimo e ha donato tutto ciò che aveva per vivere nel tesoro del Tempio!

Queste due vedove vanno decisamente contro la cultura contemporanea che mette al centro il proprio io e poi, se avanza qualcosa, forse penso anche agli altri!

Questa domenica ci introduce a quella che sarà la settimana dei poveri e che culminerà nella giornata mondiale dei poveri domenica prossima. Queste due vedove ci chiedono di spalancare gli occhi e di metterci nelle mani di Dio. Non importa quanto hai a disposizione, ciò che conta è come lo investi.

Ogni gesto d’altruismo è un gesto d’amore e non può che arrivare dal cuore di Dio. Investire nell’Amore al prossimo porta sempre alla scoperta di una moltiplicazione: proprio come la farina della giara non venne meno e come l’orcio dell’olio non diminuì.

Ma abbiamo ancora una domanda in sospeso: cosa hanno in comune con Gesù queste due vedove? Anche Gesù non si è tirato indietro nel momento in cui ha dovuto decidere tra la sua vita e quella degli altri uomini. Così come queste due donne hanno donato tutto quello che avevano, tutto quanto avevano per vivere, anche Gesù non ha giocato al risparmio, ha donato tutta la sua vita.

Non è certamente semplice entrare nella logica dell’Amore, significa avere il coraggio di andare contro corrente, contro la società ma anche contro i nostri desideri, non ultimo quello di poter vivere. Signore Gesù,
apri il mio cuore
affinché possa riconoscere
la fame d’Amore
dei fratelli che vivono
accanto a me.
Apri le mie orecchie
affinché possa udire
il grido
di colui che cerca
un pezzo di pane
e un bicchiere d’acqua.
Apri i miei occhi
affinché possa scorgere
nel silenzio di tanti scoraggiati
il grido di coloro
che desiderano vivere.
Amen.

Sabato 9 Novembre

SABATO 9 NOVEMBRE | Dedicazione della Basilica Lateranense

Dal Vangelo di Giovanni (2,13-22)

Si avvicinava intanto la Pasqua dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme. Trovò nel tempio gente che vendeva buoi, pecore e colombe e, là seduti, i cambiamonete. Allora fece una frusta di cordicelle e scacciò tutti fuori dal tempio, con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei cambiamonete e ne rovesciò i banchi, e ai venditori di colombe disse: “Portate via di qui queste cose e non fate della casa del Padre mio un mercato!”. I suoi discepoli si ricordarono che sta scritto: Lo zelo per la tua casa mi divorerà.

Allora i Giudei presero la parola e gli dissero: “Quale segno ci mostri per fare queste cose?”. Rispose loro Gesù: “Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere”. Gli dissero allora i Giudei: “Questo tempio è stato costruito in quarantasei anni e tu in tre giorni lo farai risorgere?”. Ma egli parlava del tempio del suo corpo. Quando poi fu risuscitato dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che aveva detto questo, e credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesù.

COMMENTO

C’è un tempio preziosissimo nel quale ciascuno di noi può fare esperienza di Dio. Ma ci sono alcune condizioni da rispettare per poterlo scorgere.

Anzitutto è necessario liberarsi delle tante, a volte troppe cose che possono accalappiare la nostra attenzione. In secondo luogo, bisogna avere la consapevolezza che Dio non si fa corrompere. Terzo è solo nel silenzio della morte di noi stessi che lo possiamo trovare.

Solo nel morire noi stessi, nel silenzio e nell’ascolto, possiamo scorgere la presenza di Dio nel preziosissimo tempio del nostro essere. Regaliamoci quest’oggi un po’ di tempo da vivere nel silenzio. Lasciamoci stupire dal miracolo della Vita che ci abita. Amen.

Venerdì 8 novembre

Dal Vangelo di Luca (16,1-8)

Diceva anche ai discepoli: “Un uomo ricco aveva un amministratore, e questi fu accusato dinanzi a lui di sperperare i suoi averi. Lo chiamò e gli disse: “Che cosa sento dire di te? Rendi conto della tua amministrazione, perché non potrai più amministrare”. L’amministratore disse tra sé: “Che cosa farò, ora che il mio padrone mi toglie l’amministrazione? Zappare, non ne ho la forza; mendicare, mi vergogno. So io che cosa farò perché, quando sarò stato allontanato dall’amministrazione, ci sia qualcuno che mi accolga in casa sua“. Chiamò uno per uno i debitori del suo padrone e disse al primo: “Tu quanto devi al mio padrone?”. Quello rispose: “Cento barili d’olio”. Gli disse: “Prendi la tua ricevuta, siediti subito e scrivi cinquanta”. Poi disse a un altro: “Tu quanto devi?”. Rispose: “Cento misure di grano”. Gli disse: “Prendi la tua ricevuta e scrivi ottanta”. Il padrone lodò quell’amministratore disonesto, perché aveva agito con scaltrezza. I figli di questo mondo, infatti, verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce.

COMMENTO

Qual è la cosa più importante della vita? Il Vangelo ci presenta un genio dell’economia, un furbetto della finanza. Negli anni di lavoro si è fatto un tesoretto rubando al suo padrone e quando è stato scoperto, e quindi licenziato, si è accorto che tutti quei soldi non gli bastavano per rivivere. Davanti a sé vedeva soltanto un futuro nella solitudine. Senza relazioni vere la nostra vita perde di significato, i soldi non possono comprare amore e affetto. Gesù ci sprona ad investire in affetto, relazioni, amici, ascolto, condivisione… Sono questi i veri tesori per i quali vale la pena vivere, sono questi i veri tesori che rendono la nostra esistenza un mistero d’amore.

Giovedì 7 novembre

GIOVEDÌ 7 NOVEMBRE

Dal Vangelo di Luca (15,1-10)

Si avvicinavano a lui tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: “Costui accoglie i peccatori e mangia con loro”. Ed egli disse loro questa parabola:

“Chi di voi, se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va in cerca di quella perduta, finché non la trova? Quando l’ha trovata, pieno di gioia se la carica sulle spalle, va a casa, chiama gli amici e i vicini, e dice loro: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora, quella che si era perduta”. Io vi dico: così vi sarà gioia nel cielo per un solo peccatore che si converte, più che per novantanove giusti i quali non hanno bisogno di conversione.

Oppure, quale donna, se ha dieci monete e ne perde una, non accende la lampada e spazza la casa e cerca accuratamente finché non la trova? E dopo averla trovata, chiama le amiche e le vicine, e dice: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la moneta che avevo perduto”. Così, io vi dico, vi è gioia davanti agli angeli di Dio per un solo peccatore che si converte”..

COMMENTO

La convinzione del cristiano medio è che la propria vita sia un cammino alla ricerca di Dio. Giorno dopo giorno ne scopro un pezzetto e al termine della vita finalmente scoprirò il volto tanto desiderato. In realtà il Dio di Gesù Cristo non se ne sta seduto comodo nel salotto di casa in attesa che noi bussiamo alla sua porta. Il Dio di Gesù Cristo si scomoda e viene a cercarci perché è preoccupato per noi, perché nel suo amore smisurato per l’uomo non può perdere né stare lontano da nessuno dei suoi figli. Già in Abramo Dio si manifesta all’umanità, e poi nei profeti e in ultimo in Gesù Cristo addirittura decide di condividere l’esperienza terrena dei suoi figli. Questo Dio non è un reclutatore o un mercenario, ma cerca di recuperare relazioni d’amore con i suoi figli più lontani perché possano fare di nuovo l’esperienza del calore materno e paterno che li ha introdotti alla vita.

Lasciamoci trovare da Dio, lasciamo che il suo amore plasmi di nuovo le nostre esistenze. Amen.