In quel tempo Gesù chiamò a sé i Dodici e prese a mandarli a due a due e dava loro potere sugli spiriti impuri. E ordinò loro di non prendere per il viaggio nient’altro che un bastone: né pane, né sacca, né denaro nella cintura; ma di calzare sandali e di non portare due tuniche. E diceva loro: “Dovunque entriate in una casa, rimanetevi finché non sarete partiti di lì. Se in qualche luogo non vi accogliessero e non vi ascoltassero, andatevene e scuotete la polvere sotto i vostri piedi come testimonianza per loro”. Ed essi, partiti, proclamarono che la gente si convertisse, scacciavano molti demòni, ungevano con olio molti infermi e li guarivano.
COMMENTO
Non si può andare da nessuna parte se prima non siamo stati con Gesù. Non possiamo offrire al mondo l’Amore se prima non lo abbiamo vissuto. Ancora: non siamo noi a decidere ma è Gesù che ci chiama e ci invia.
Il testimone deve quindi essere leggero nel suo viaggio, leggero di cose materiali e leggero di pensieri. Scrivo queste parole dopo una giornata trascorsa nel preparare i miei incontri a scuola con i ragazzi di domani, se avessi la grande fede di cui parla il vangelo dovrei entrare in ciascuna classe con tanta leggerezza e … ascoltare ciò che lo Spirito mi suggerisce in quel momento. Certo mi è concesso il bastone casomai qualche “spirito impuro” cercasse di assalirmi anche se non penso che la legge lo permetta a scuola. Scherzi a parte, penso che per lasciarmi trasportare dallo Spirito nei miei incontri, soprattutto quelli ufficiali, a scuola, nella catechesi o nella predicazione, dovrei incrementare parecchio la mia preghiera, il mio stare con Colui che mi chiama a sé.
L’esercizio di quest’oggi potrebbe essere il riflettere su quanto nelle nostre azioni lasciamo lavorare lo Spirito e quanto invece lavoriamo solo noi.
MERCOLEDÌ 05 FEBBRAIO | Non è costui il falegname?
Dal Vangelo di Marco (6,1-6)
In quel tempo, Gesù venne nella sua patria e i suoi discepoli lo seguirono. Giunto il sabato, si mise a insegnare nella sinagoga. E molti, ascoltando, rimanevano stupiti e dicevano: “Da dove gli vengono queste cose? E che sapienza è quella che gli è stata data? E i prodigi come quelli compiuti dalle sue mani? Non è costui il falegname, il figlio di Maria, il fratello di Giacomo, di Ioses, di Giuda e di Simone? E le sue sorelle, non stanno qui da noi?”. Ed era per loro motivo di scandalo. Ma Gesù disse loro: “Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua”. E lì non poteva compiere nessun prodigio, ma solo impose le mani a pochi malati e li guarì. E si meravigliava della loro incredulità.
Gesù percorreva i villaggi d’intorno, insegnando.
COMMENTO
Più pensi di conoscerlo e meno riesci ad apprezzarlo. Sono i pregiudizi che ostacolano la nostra conoscenza reale di coloro che incontriamo. Per i nazaretani Gesù era semplicemente il figlio del falegname, non aveva né possibilità, né capacità, né autorità di poter parlare delle cose di Dio, tantomeno di compiere segni miracolosi. Anche per ciascuno di noi è facile cadere in questa trappola, sia nei confronti di coloro che incontriamo sulla via della vita sia nei confronti di Dio. La nostra conoscenza di Dio spesso è rimasta ferma ai disegni del catechismo della prima comunione o poco oltre e questo blocca a Dio la possibilità di mostrarsi per ciò che è. Il pensiero teologico ha proseguito il suo cammino, noi siamo cresciuti, la nostra possibilità di intendere le cose è cambiata, il mondo attraverso cui Dio si offre a me è altro … le lenti con cui mi rivolgo a Dio invece sono sempre le stesse. Se cerco di incasellare Dio dentro gli schemi che ho in testa farò la fine dei suoi compaesani: “lì non poteva compiere nessun prodigio, ma solo impose le mani a pochi malati e li guarì”. Già perché se non glielo permettiamo Dio non può agire; se chiediamo a lui solo ciò che abbiamo in testa noi non gli lasciamo la libertà di portare nel mondo il suo Amore.
Essendo Gesù passato di nuovo in barca all’altra riva, gli si radunò attorno molta folla ed egli stava lungo il mare. E venne uno dei capi della sinagoga, di nome Giàiro, il quale, come lo vide, gli si gettò ai piedi e lo supplicò con insistenza: “La mia figlioletta sta morendo: vieni a imporle le mani, perché sia salvata e viva”. Andò con lui. Molta folla lo seguiva e gli si stringeva intorno.
Ora una donna, che aveva perdite di sangue da dodici anni e aveva molto sofferto per opera di molti medici, spendendo tutti i suoi averi senza alcun vantaggio, anzi piuttosto peggiorando, udito parlare di Gesù, venne tra la folla e da dietro toccò il suo mantello. Diceva infatti: “Se riuscirò anche solo a toccare le sue vesti, sarò salvata”. E subito le si fermò il flusso di sangue e sentì nel suo corpo che era guarita dal male.
E subito Gesù, essendosi reso conto della forza che era uscita da lui, si voltò alla folla dicendo: “Chi ha toccato le mie vesti?”. I suoi discepoli gli dissero: “Tu vedi la folla che si stringe intorno a te e dici: “Chi mi ha toccato?””. Egli guardava attorno, per vedere colei che aveva fatto questo. E la donna, impaurita e tremante, sapendo ciò che le era accaduto, venne, gli si gettò davanti e gli disse tutta la verità. Ed egli le disse: “Figlia, la tua fede ti ha salvata. Va’ in pace e sii guarita dal tuo male”.
Stava ancora parlando, quando dalla casa del capo della sinagoga vennero a dire: “Tua figlia è morta. Perché disturbi ancora il Maestro?”. Ma Gesù, udito quanto dicevano, disse al capo della sinagoga: “Non temere, soltanto abbi fede!”. E non permise a nessuno di seguirlo, fuorché a Pietro, Giacomo e Giovanni, fratello di Giacomo. Giunsero alla casa del capo della sinagoga ed egli vide trambusto e gente che piangeva e urlava forte. Entrato, disse loro: “Perché vi agitate e piangete? La bambina non è morta, ma dorme”. E lo deridevano. Ma egli, cacciati tutti fuori, prese con sé il padre e la madre della bambina e quelli che erano con lui ed entrò dove era la bambina. Prese la mano della bambina e le disse: “Talità kum”, che significa: “Fanciulla, io ti dico: àlzati!”. E subito la fanciulla si alzò e camminava; aveva infatti dodici anni. Essi furono presi da grande stupore. E raccomandò loro con insistenza che nessuno venisse a saperlo e disse di darle da mangiare.
COMMENTO
Che cosa tocca il cuore di Gesù? Il desiderio dell’uomo di vivere.
Quando sperimentiamo la morte o ne percepiamo la vicinanza, che sia fisica, sociale o psicologica umanamente gettiamo la spugna, per l’uomo infatti l’avvicinarsi della morte significa la certezza che la fine del dramma “vita” è ormai vicino.
Nel vangelo si parla di morte e Gesù vede in queste morti un’opportunità di vita. La morte sociale della donna emorroissa ha fatto crescere in lei il desiderio di Vita; la morte della figlioletta ha mosso nel padre il desiderio di Vita; la folla invece, estranea ai sentimenti di affetto per queste due figlie, deride questo desiderio e affossa ulteriormente la speranza.
Gesù riconosce in questo amore la fonte della Vita e “risorge” queste donne alla dignità di figlie amate dal Padre.
Quante volte anche noi di fronte a fallimenti educativi, medici, sociali o psicologici gettiamo la spugna lasciando alla morte la possibilità del sopravvento! Gesù oggi ci offre una possibilità sconosciuta alla mente umana, la possibilità della “fenice”, la possibilità di rinascere dalle ceneri, la possibilità di risorgere.
Giunsero all’altra riva del mare, nel paese dei Gerasèni. Sceso dalla barca, subito dai sepolcri gli venne incontro un uomo posseduto da uno spirito impuro. Costui aveva la sua dimora fra le tombe e nessuno riusciva a tenerlo legato, neanche con catene, perché più volte era stato legato con ceppi e catene, ma aveva spezzato le catene e spaccato i ceppi, e nessuno riusciva più a domarlo. Continuamente, notte e giorno, fra le tombe e sui monti, gridava e si percuoteva con pietre. Visto Gesù da lontano, accorse, gli si gettò ai piedi e, urlando a gran voce, disse: “Che vuoi da me, Gesù, Figlio del Dio altissimo? Ti scongiuro, in nome di Dio, non tormentarmi!”. Gli diceva infatti: “Esci, spirito impuro, da quest’uomo!”. E gli domandò: “Qual è il tuo nome?”. “Il mio nome è Legione – gli rispose – perché siamo in molti”. E lo scongiurava con insistenza perché non li cacciasse fuori dal paese. C’era là, sul monte, una numerosa mandria di porci al pascolo. E lo scongiurarono: “Mandaci da quei porci, perché entriamo in essi”. Glielo permise. E gli spiriti impuri, dopo essere usciti, entrarono nei porci e la mandria si precipitò giù dalla rupe nel mare; erano circa duemila e affogarono nel mare.
I loro mandriani allora fuggirono, portarono la notizia nella città e nelle campagne e la gente venne a vedere che cosa fosse accaduto. Giunsero da Gesù, videro l’indemoniato seduto, vestito e sano di mente, lui che era stato posseduto dalla Legione, ed ebbero paura. Quelli che avevano visto, spiegarono loro che cosa era accaduto all’indemoniato e il fatto dei porci. Ed essi si misero a pregarlo di andarsene dal loro territorio.
Mentre risaliva nella barca, colui che era stato indemoniato lo supplicava di poter restare con lui. Non glielo permise, ma gli disse: “Va’ nella tua casa, dai tuoi, annuncia loro ciò che il Signore ti ha fatto e la misericordia che ha avuto per te”. Egli se ne andò e si mise a proclamare per la Decàpoli quello che Gesù aveva fatto per lui e tutti erano meravigliati.
COMMENTO
Mi stupisce sempre di questo vangelo come i Geraseni esprimono la loro paura quando vedono il loro compaesano liberato dai demoni che lo abitavano.
È più facile esiliare chi ha bisogno di aiuto piuttosto che accoglierlo. Quell’uomo che era stato posseduto fa più paura ora che è stato risanato.
Quanti esiliati abitano le nostre città, i nostri paesi; finché restano degli “invisibili” nessuno si preoccupa, ma quando iniziano ad avvicinarsi ai luoghi che abitiamo o che viviamo allora sono un problema, iniziano a fare paura.
Ci sono tanti angeli, che, come Gesù, si avvicinano a questi “invisibili” e con il loro esserci cercano di fare ciò che possono, sono tutti coloro che vivono la Carità, sono coloro che lavorano ed investono il proprio tempo nel sociale. Queste azioni di vicinanza portano alla luce gli “invisibili” e cercano di reinserirli nella società, ma quante paure si sollevano da quella parte elitaria di società che si considera “brava gente”, anche tra i ferventi cattolici che tutte le domeniche scaldano i banchi di una chiesa: quanti bastoni tra le ruote, quanti impedimenti, burocratici e umani possiamo incontrare! Gesù oggi ci invita ad allargare i confini di quella che chiamiamo comunità sociale ma soprattutto di quella che chiamiamo comunità cristiana. Questi “invisibili” sono nostri fratelli e sorelle che chiedono soltanto un po’ di dignità. Creiamo opportunità, offriamo tempo, doniamo un po’ di noi stessi, una società più umana e vivibile inizia proprio da qui.
In quel medesimo giorno, venuta la sera, disse loro: “Passiamo all’altra riva”. E, congedata la folla, lo presero con sé, così com’era, nella barca. C’erano anche altre barche con lui. Ci fu una grande tempesta di vento e le onde si rovesciavano nella barca, tanto che ormai era piena. Egli se ne stava a poppa, sul cuscino, e dormiva. Allora lo svegliarono e gli dissero: “Maestro, non t’importa che siamo perduti?”. Si destò, minacciò il vento e disse al mare: “Taci, calmati!”. Il vento cessò e ci fu grande bonaccia. Poi disse loro: “Perché avete paura? Non avete ancora fede?”. E furono presi da grande timore e si dicevano l’un l’altro: “Chi è dunque costui, che anche il vento e il mare gli obbediscono?”.
COMMENTO
Gesù ha appena terminato una lunga catechesi alla folla e ai discepoli, possiamo immaginare che sia stanco, possiamo capire perché si è addormentato lungo il viaggio. Le cose però cambiano se diamo un’occhiata a quella che l’archeologia biblica ha riconosciuto come una barca di pescatori del tempo di Gesù. Una piccola barchetta su cui a malapena ci si poteva stare in piedi per raccogliere le reti, figuriamoci se Gesù poteva permettersi di mettersi comodo a dormire in fra le gambe di chi era indaffarato a governare la barca in mezzo ad una tempesta!
Le cose cambiano perché ci allargano il punto di vista; a chi di noi non è capitato di sentirsi completamente abbandonato da Dio in un momento di difficoltà; chi di noi, almeno una volta nella vita, non ha alzato gli occhi al cielo urlando contro Dio la domanda delle domande: Dio dove sei?
L’atteggiamento di Gesù ci spiazza, sembra quasi che aspetti la nostra richiesta per intervenire: se davvero conoscesse i bisogni dell’uomo, così come le scritture dicono, saprebbe che stiamo per affondare, perché non fa qualcosa? Lui è lì, mette a repentaglio la sua vita ponendola nelle nostre mani, lui ha la certezza che noi abbiamo le forze per affrontare le tempeste della vita e si permette di addormentarsi.
Come è possibile questo? Lui che tutto può, lui al quale anche il vento e il mare obbediscono, si mette nelle nostre mani!
La vita di Dio è nelle nostre mani, la sua presenza nel mondo dipende unicamente da ciascuno di noi. Lui può tutto ma senza di noi non può fare nulla. Tutto ciò è imbarazzante e allo stesso tempo stimolante! Siediti quest’oggi assieme a Gesù in questa barca che è la Chiesa, contempla la sua estrema fiducia nei tuoi confronti e prendi consapevolezza dei sentimenti che nascono in te.
In quel tempo, Gesù diceva alla folla: “Così è il regno di Dio: come un uomo che getta il seme sul terreno; dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce. Come, egli stesso non lo sa. Il terreno produce spontaneamente prima lo stelo, poi la spiga, poi il chicco pieno nella spiga; e quando il frutto è maturo, subito egli manda la falce, perché è arrivata la mietitura”.
Diceva: “A che cosa possiamo paragonare il regno di Dio o con quale parabola possiamo descriverlo? È come un granello di senape che, quando viene seminato sul terreno, è il più piccolo di tutti i semi che sono sul terreno; ma, quando viene seminato, cresce e diventa più grande di tutte le piante dell’orto e fa rami così grandi che gli uccelli del cielo possono fare il nido alla sua ombra”.
Con molte parabole dello stesso genere annunciava loro la Parola, come potevano intendere. Senza parabole non parlava loro ma, in privato, ai suoi discepoli spiegava ogni cosa.
COMMENTO
Quando pensiamo a Dio pensiamo sempre in grande: pensiamo all’infinito, all’eterno, all’onnipotente … Gesù ci presenta oggi il regno di Dio e lo fa facendoci pensare ad una delle cose più piccole che possiamo vedere: un seme. Se ci pensiamo bene in un seme è racchiusa tutta l’energia dell’albero maturo, in quel seme possiamo già vedere i suoi frutti, in quel seme possiamo già sentire il profumo dei suoi fiori, eppure è un piccolo seme che ha bisogno di un terreno accogliente per poter esprimere tutta la sua potenzialità. Così è il regno di Dio. Che lo vogliamo o no il regno di Dio è, non c’è bisogno che nessuna creatura si impegni per realizzarlo, ciò che serve invece è accoglierlo, soltanto nell’accoglienza infatti potremo godere dei suoi frutti, del suo profumo, della sua ombra. Facciamo oggi l’esercizio di sederci semplicemente nel silenzio e accogliamo così il Regno di Dio che abita le nostre esistenze. Amen
In quel tempo, Gesù diceva alla folla: “Viene forse la lampada per essere messa sotto il moggio o sotto il letto? O non invece per essere messa sul candelabro? Non vi è infatti nulla di segreto che non debba essere manifestato e nulla di nascosto che non debba essere messo in luce. Se uno ha orecchi per ascoltare, ascolti!”.
Diceva loro: “Fate attenzione a quello che ascoltate. Con la misura con la quale misurate sarà misurato a voi; anzi, vi sarà dato di più. Perché a chi ha, sarà dato; ma a chi non ha, sarà tolto anche quello che ha”.
COMMENTO
Gesù, la luce vera è venuta nel mondo per dare luce al mondo. Noi che lo abbiamo conosciuto, noi che ci chiamiamo suoi seguaci, noi che ascoltiamo i suoi insegnamenti abbiamo il dovere di far risplendere questa luce tra le tenebre del mondo. Ma lo facciamo davvero?
La luce illumina e porta vita, quando noi offriamo Gesù Cristo al mondo siamo generatori di fede, di speranza e di carità?
Dobbiamo fare attenzione a quello che ascoltiamo, quelle parole illuminano la nostra vita, la trasfigurano. Quando abbiamo accolto la Parola e abbiamo il coraggio di dichiararci “cristiani” tutto di noi è pubblico, non c’è nulla che possiamo tenere per noi, ogni nostra azione, ogni nostra scelta, ogni nostra parola e ogni nostro pensiero sarà per chi ci incontra riflesso della Luce creatrice. Essere cristiani è una scelta di vita che ti mette necessariamente in prima linea: non si può essere cristiani part time. Preghiamo quest’oggi perché ogni uomo e ogni donna che hanno accolto nella propria vita la vera Luce che è Cristo siano riflesso autentico: le loro esistenze siano trasfigurazione dell’Amore del Padre per ogni creatura. Amen
MERCOLEDÌ 29 GENNAIO | Il seminatore usci a seminare
Dal Vangelo di Marco (4,1-20)
Cominciò di nuovo a insegnare lungo il mare. Si riunì attorno a lui una folla enorme, tanto che egli, salito su una barca, si mise a sedere stando in mare, mentre tutta la folla era a terra lungo la riva. Insegnava loro molte cose con parabole e diceva loro nel suo insegnamento: “Ascoltate. Ecco, il seminatore uscì a seminare. Mentre seminava, una parte cadde lungo la strada; vennero gli uccelli e la mangiarono. Un’altra parte cadde sul terreno sassoso, dove non c’era molta terra; e subito germogliò perché il terreno non era profondo, ma quando spuntò il sole, fu bruciata e, non avendo radici, seccò. Un’altra parte cadde tra i rovi, e i rovi crebbero, la soffocarono e non diede frutto. Altre parti caddero sul terreno buono e diedero frutto: spuntarono, crebbero e resero il trenta, il sessanta, il cento per uno”. E diceva: “Chi ha orecchi per ascoltare, ascolti!”.
Quando poi furono da soli, quelli che erano intorno a lui insieme ai Dodici lo interrogavano sulle parabole. Ed egli diceva loro: “A voi è stato dato il mistero del regno di Dio; per quelli che sono fuori invece tutto avviene in parabole, affinché guardino, sì, ma non vedano, ascoltino, sì, ma non comprendano, perché non si convertano e venga loro perdonato”.
E disse loro: “Non capite questa parabola, e come potrete comprendere tutte le parabole? Il seminatore semina la Parola. Quelli lungo la strada sono coloro nei quali viene seminata la Parola, ma, quando l’ascoltano, subito viene Satana e porta via la Parola seminata in loro. Quelli seminati sul terreno sassoso sono coloro che, quando ascoltano la Parola, subito l’accolgono con gioia, ma non hanno radice in se stessi, sono incostanti e quindi, al sopraggiungere di qualche tribolazione o persecuzione a causa della Parola, subito vengono meno. Altri sono quelli seminati tra i rovi: questi sono coloro che hanno ascoltato la Parola, ma sopraggiungono le preoccupazioni del mondo e la seduzione della ricchezza e tutte le altre passioni, soffocano la Parola e questa rimane senza frutto. Altri ancora sono quelli seminati sul terreno buono: sono coloro che ascoltano la Parola, l’accolgono e portano frutto: il trenta, il sessanta, il cento per uno”.
COMMENTO
Gesù prosegue il suo cammino e con esso il suo insegnamento. La sua Parola diviene immagine con l’aiuto delle parabole, uno stile letterario che attinge dal quotidiano degli uditori affinché questi possano comprendere con facilità gli insegnamenti. L’ambiente in cui Gesù si trova è contadino, si semina nei campi per poter mangiare e chiunque conosce la fatica del raccolto e l’importanza di non sprecare i preziosi semi. Gesù parla di un seminatore sprecone che semina ovunque, anche dove ha la certezza che non crescerà nulla, questo crea scalpore e curiosità nei suoi uditori.
Spiegando poi ai suoi discepoli più stretti la parabola, Gesù dice chiaramente che il seminatore è Dio che semina la Parola nel mondo.
Verrebbe facile cercare di riconoscersi nel terreno buono, cioè tra coloro che ascoltano la parola, la accolgono e portano frutto. Proseguendo nel ragionamento, in questo modo, viene spontaneo puntare il dito contro tutti gli altri che non sono in grado di accogliere pienamente il prezioso seme della Parola.
Dobbiamo però essere sinceri fino in fondo; ciascuno di noi appartiene a tutti e quattro i terreni: ci sono momenti nella nostra vita in cui ci lasciamo rubare la Parola da satana, momenti in cui sembra che stiamo facendo tutto noi ma poi basta un niente per farci crollare di nuovo nelle brame del male, momenti in cui siamo così occupati nelle faccende del mondo che ci dimentichiamo di Dio e finalmente possiamo riconoscere di avere anche momenti in cui siamo disposti ad accogliere pienamente la Parola.
È consolante vedere che Dio non è prevenuto nell’offrirci sempre e comunque la possibilità di lasciarci raggiungere dalla sua Parola. Lui, infatti, parla a noi sempre e in tanti modi, la Scrittura, il creato, gli eventi, gli incontri, ma noi non sempre siamo capaci di ascoltarlo. Preghiamo per ciascuno di noi affinché ogni seme di Parola che ci raggiunge possa trovarci disposti ad accoglierlo pienamente perché solo così il bene potrà manifestarsi nel mondo oltre ogni nostra aspettativa.
Giunsero sua madre e i suoi fratelli e, stando fuori, mandarono a chiamarlo. Attorno a lui era seduta una folla, e gli dissero: “Ecco, tua madre, i tuoi fratelli e le tue sorelle stanno fuori e ti cercano”. Ma egli rispose loro: “Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?”. Girando lo sguardo su quelli che erano seduti attorno a lui, disse: “Ecco mia madre e i miei fratelli! Perché chi fa la volontà di Dio, costui per me è fratello, sorella e madre”.
COMMENTO
Alcuni parenti di Gesù, tra cui sua mamma, sentono parlare di lui, vengono a sapere che si è messo a fare il rabbino senza esserlo, addirittura hanno saputo che alcuni maestri di Gerusalemme lo stanno accusando di essere un indemoniato. Decidono così di andare a prenderlo, forse perché non vogliono che il nome della famiglia sia macchiato o forse perché si vergognano. La reazione di Gesù è molto forte, sembra quasi non volerli riconoscere, sembra quasi che li voglia cacciare. Verrebbe quasi da dirgli: ma Gesù, stai parlando di tua mamma, di colei che ti ha spinto a fare il primo grande segno a Cana.
“Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?”Mia madre è colei che mi ha generato; i miei fratelli sono coloro che assieme a me erediteranno il regno del Padre. Gesù si guarda attorno e indica come madre e come fratelli coloro che stanno ascoltando la sua parola ma questo non basta, Gesù aggiunge “chi fa la volontà di Dio, costui è per me fratello, sorella e madre”. Non basta ascoltare la Parola è necessario praticarla ogni giorno, in mezzo alle fatiche, alle incomprensioni, ai rischi. Soltanto nel metter in pratica il Verbo possiamo divenire generatori di Cristo, soltanto vivendo la Parola possiamo ereditare già qui ed ora l’eternità beata del Regno.
In quel tempo, gli scribi, che erano scesi da Gerusalemme, dicevano: “Costui è posseduto da Beelzebùl e scaccia i demòni per mezzo del capo dei demòni”. Ma egli li chiamò e con parabole diceva loro: “Come può Satana scacciare Satana? Se un regno è diviso in se stesso, quel regno non potrà restare in piedi; se una casa è divisa in se stessa, quella casa non potrà restare in piedi. Anche Satana, se si ribella contro se stesso ed è diviso, non può restare in piedi, ma è finito. Nessuno può entrare nella casa di un uomo forte e rapire i suoi beni, se prima non lo lega. Soltanto allora potrà saccheggiargli la casa. In verità io vi dico: tutto sarà perdonato ai figli degli uomini, i peccati e anche tutte le bestemmie che diranno; ma chi avrà bestemmiato contro lo Spirito Santo non sarà perdonato in eterno: è reo di colpa eterna”. Poiché dicevano: “È posseduto da uno spirito impuro”.
COMMENTO
Gesù cerca una vicinanza con tutti, anche con coloro che cercano di accusarlo; questo è il metodo di Dio perché il suo desiderio è quello di entrare nel cuore di ogni uomo, anche di colui che cerca in ogni modo di fargli del male. È per questo che il vangelo di oggi ci mostra un Gesù intento nel far vedere ai grandi maestri il loro palese errore, quella contraddizione che si nasconde dietro i loro contorti pensieri, ma purtroppo non c’è peggior sordo di chi non vuole sentire. È questo il peccato contro lo Spirito Santo: anche difronte alla luce della sua presenza l’uomo si rifiuta di riconoscerla.
Ahimè questo male sembra essersi radicato e perfezionato nel tempo: anche oggi tanti uomini (sia dentro che fuori la Chiesa) rifiutano il vero volto di Dio per i più svariati motivi: a volte perché troppo buono a volte perché troppo cattivo, a volte perché troppo protagonista a volte perché troppo nascosto; a volte perché troppo invadente a volte perché troppo assente … in qualsiasi modo Dio si rende presente nella nostra storia ci è spesso più facile rinnegarlo. Gesù ci offre il dialogo come strumento di vicinanza, come luogo in cui approfondire la sua conoscenza, come opportunità per incontrare il suo volto misericordioso. Troviamo oggi del tempo per fermarci e disporci all’ascolto della sua Parola.