Do ut des, un’offerta per la Vita

13 ottobre 2024 | XXVIII Domenica T. O. – B |

La conosciamo bene la storia del “giovane ricco” che ci viene presentata dal Vangelo di questa 28 Domenica del Tempo Ordinario, Pasqua della settimana, ma qualcosa continua a sfuggirci.

Questo tale di cui Marco non fa il nome (potrebbe essere davvero ciascuno di noi), inizia bene la sua domanda: “Maestro buono”.

Come Gesù puntualizza “solo Dio è buono”; significa che questo tale considera che Gesù sia Dio. A questo punto è fatta, potrebbe pensare ciascuno di noi lettori, se si rivolge a Gesù come ci si rivolge a Dio allora è disposto a fare tutto ciò che lui gli domanderà.

Vediamo dunque come prosegue la domanda: “Cosa devo fare per avere …

Ma come … la fede è questione di dare e avere? Do ut des, dicevano un tempo? Ma la fede è questione di libertà e di amore, Dio è un Padre misericordioso, come è possibile pensare che possa aspettarsi qualcosa da noi per poterci donare il suo amore?

Mi risuonano in mente altre parole di Gesù: “se voi che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro del cielo darà lo Spirito Santo a quelli che glielo chiedono” (Lc 11,13).

Ma non scandalizziamoci per la domanda inopportuna di questo tale, anche noi la pensiamo così: devi andare a messa se vuoi andare in paradiso (o “se vuoi salvarti”, a seconda delle versioni); devi fare le preghiere del mattino e della sera; devi dire il rosario; devi fare l’elemosina … e via dicendo. Quasi che la salvezza fosse il premio di una tessera a punti: la messa 10 punti; le preghiere del mattino e della sera 5; il rosario … quando la tessera è completata possiamo scambiarla con la salvezza!

La salvezza, appunto. Ma noi sentiamo il bisogno di essere salvati? Cioè, sentiamo il bisogno di farci tirare fuori dalla logica di male in cui con troppa facilità continuiamo a ricadere? Provo a dirlo in altre parole: desidero “essere perfetto come è perfetto il Padre nostro celeste” (cfr. Mt 5,18)? Mi spiego ancora meglio: desidero diventare santo?

Perché se non ho ben chiara la mèta non farò nessuno sforzo per ottenerla.

La via che Gesù suggerisce al tale del vangelo non è quella del baratto ma quella dell’amore: “va’, vendi quello che hai e dallo ai poveri”.

Anche noi a questo punto ci scontriamo con la dura verità delle zavorre che ci portiamo dietro per tutta la vita. Quante cose limitano le nostre azioni, quante cose irrigidiscono le nostre relazioni!

Mi viene in mente l’immagine di una mongolfiera. Noi siamo così, più pesi ci portiamo dietro e più difficile sarà raggiungere le quote più altre. Non resta che invocare il dono del fuoco dello Spirito perché possa scaldare i nostri cuori ed aiutarci a sminuire l’importanza delle cose che ci tengono legati a questa terra. Tutto ciò che siamo e abbiamo è un dono di Dio, un dono talmente prezioso che sarebbe sprecato rinchiuso un caveau di sicurezza; Gesù ci chiede di fare un investimento rischioso: donalo a chi ne hanno bisogno per migliorare la propria vita. Signore Gesù,
tu che hai offerto la tua vita
per la salvezza di tutti gli uomini,
manda il tuo Spirito creatore
su ciascuno di noi
affinché possiamo scoprirci
tuoi doni preziosi
per l’umanità sofferente.
Amen.

Offri la tua merenda

28 luglio 2024 | XVII Domenica del Tempo Ordinario – anno B

In questa diciassettesima domenica del tempo ordinario il Vangelo ci offre per la riflessione l’immagine bellissima di un giovinetto che ha il coraggio di offrire la sua merenda per poter sfamare la folla di persone che erano radunate attorno a Gesù per ascoltare la sua parola.

La tradizione ha voluto che questo giovinetto fosse Siro. Quel ragazzino è rimasto talmente folgorato da come Gesù ha saputo trasformare il suo misero dono che, seguendo l’apostolo Pietro è arrivato in Italia, si è sistemato qui al Nord e da noi ha cominciato a raccontare la bellezza del suo incontro con Gesù e tutto quanto ha scoperto nell’ascolto dell’apostolo. Noi lo ricordiamo appunto come san Siro.

Racconto questa tradizione perché è un santo a cui la nostra comunità è legata. Sulla facciata della nostra chiesa parrocchiale troviamo la statua di san siro nel ricordo della prima chiesa parrocchiale dell’anno 1000 dedicata proprio a san siro e che oggi possiamo visitare all’interno del nostro cimitero. Questo santo dice per forza qualcosa alla nostra comunità.

Inoltre, oggi noi festeggiamo san Pantaleone, martire. Festeggiamo dunque un testimone della propria fede, proprio come Siro ha fatto nella sua vita.

Siro ha avuto il coraggio di mettere la sua misera merenda a disposizione dei tanti che Gesù voleva salvare e così ha offerto a Dio la possibilità di compiere il grande prodigio che noi oggi chiamiamo moltiplicazione dei pani.

Pantaleone ha messo a disposizione quel poco che era per curare gratuitamente chi viveva nel dolore del corpo e dell’anima.

Siro ha dato a Dio la possibilità di dire al mondo che l’uomo che si ciba del desiderio di ascoltare la sua parola e si impegna a metterla in pratica, non avrà più fame in eterno (quella folla seguiva Gesù per ascoltarlo ed è stata sfamata).

Pantaleone ha offerto a Dio la possibilità di dire al mondo che l’unico medico delle anime e dei corpi è Dio stesso.

E tu come ti metti a disposizione di Dio? Cosa può mostrare Dio attraverso la tua presenza, attraverso ciò che offri di te stesso?

Ciascuno di noi è invitato a dire al mondo con la propria vita la gioia sperimentata nell’incontro con Cristo. Questo significa essere cristiani, questo significa essere testimoni, questo significa essere martiri. Invochiamo il vostro aiuto santi Siro e Pantalone, come voi avete avuto il coraggio di abbandonarvi ciecamente alla chiamata di Dio sanando i bisogni di una umanità affamata di salvezza, aiutateci a guardare i fratelli con lo sguardo misericordioso di Cristo per poter scorgere anche oggi i bisogni più nascosti di questi fratelli che il Padre mette sul nostro cammino. Amen.