La “Regola d’oro” non basta!

23 febbraio 2025 | 7^ Domenica del Tempo Ordinario – anno C |

La “Regola d’oro” non basta!

Quanti consigli nel vangelo di questa VII domenica del Tempo Ordinario, Pasqua della settimana.

Sono proprio necessarie tutte queste indicazioni? E poi, sono difficili, come poterle mettere in pratica?

Tra le tante indicazioni mi è cascato l’occhio su quella che nella tradizione è chiamata Regola d’oro.

Si tratta una legge unica nel suo genere, perché “sembra esprimere un’intuizione fulminante e nello stesso tempo accessibile ad ogni conoscenza e coscienza umana”, in quanto è presente in tutte le principali correnti religiose e sapienziali delle diverse culture del mondo. Per questo si può ben definire anche come la sintesi di codici etici universali.

La presenza della Regola d’oro risale, secondo recenti studi, già al 3000 a.C. nella tradizione vedica indiana, “Non fare agli altri quello che non vuoi sia fatto a te; e desidera per gli altri quello che desideri e aspetti per te stesso.”

Tra le più antiche e note citazioni della Regola d’oro troviamo quelle del filosofo Confucio, vissuto in Cina nel periodo tra il VI e V secolo a.C.: “È il massimo dell’amabile benevolenza non fare agli altri ciò che non vorresti che essi facessero verso di te”

Nel giudaismo troviamo la Regola d’oro dal 200 a.C. nel libro di Tobia, ma sarà l’insegnamento di Gesù Cristo a formularla nella versione positiva: “Fai agli altri ciò che vorresti fosse fatto a te.”

Gia questa sarebbe una bella indicazione se tutti gli uomini la mettessero in pratica, a noi che lo ascoltiamo, Gesù chiede molto di più: amate i vostri nemici, fate del bene a quelli che vi odiano, benedite coloro che vi maledicono …

Gesù ci offre con questo insegnamento l’opportunità di separarci dal mondo, l’opportunità di diventare santi. Non certamente l’opportunità di farci vedere, di metterci in mostra, di farci dire quanto siamo bravi, bensì l’opportunità di dire al mondo che Dio è accanto a noi in ogni gesto d’amore gratuito; già perché di gesti d’amore in risposta a gesti d’amore sono tutti capaci, ma i gesti d’amore gratuiti sono solo per chi sceglie di imitare l’unico Maestro.

Qualcuno potrebbe pensare che sia impossibile, la prima lettura ci racconta la storia di come Davide fu capace di risparmiare il suo persecutore Saul. Storie d’altri tempi magari ma sempre storie dell’umanità. Penso anche all’incontro tra Giovanni Paolo II e il suo attentatore. Penso alla storia del musulmano Zijo Ribic che scampò al massacro nel 1992 quando un commando di serbi trucidò la sua famiglia. Lui, rimasto vivo per miracolo, ha testimoniato contro gli assassini ma ha trovato la forza di non odiarli. Neanche quando sono stati assolti a Belgrado. (Vedi l’articolo QUI)

Ma penso anche alle signore Garsia che hanno saputo perdonare e curare i carnefici, l’una del marito e l’altra del figlio. (Vedi l’articolo QUI)

Signore Gesù, ogni giorno siamo bersagliati da notizie violente che non fanno altro che innestare violenza. Quanti segni belli del tuo amore possiamo trovare nel mondo ma come è difficile intercettarli. Aiutaci Signore ad essere nel mondo testimoni del tuo Amore.

Tu non pensi secondo Dio

VI settimana del Tempo Ordinario – I

GIOVEDÌ 20 FEBBRAIO |Tu non pensi secondo Dio

Dal Vangelo di Marco (8,27-33)

In quel tempo, Gesù partì con i suoi discepoli verso i villaggi intorno a Cesarèa di Filippo, e per la strada interrogava i suoi discepoli dicendo: “La gente, chi dice che io sia?”. Ed essi gli risposero: “Giovanni il Battista; altri dicono Elia e altri uno dei profeti”. Ed egli domandava loro: “Ma voi, chi dite che io sia?”. Pietro gli rispose: “Tu sei il Cristo”. E ordinò loro severamente di non parlare di lui ad alcuno.

E cominciò a insegnare loro che il Figlio dell’uomo doveva soffrire molto ed essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e, dopo tre giorni, risorgere. Faceva questo discorso apertamente. Pietro lo prese in disparte e si mise a rimproverarlo. Ma egli, voltatosi e guardando i suoi discepoli, rimproverò Pietro e disse: “Va’ dietro a me, Satana! Perché tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini”.

COMMENTO

Chi è questo Gesù di Nazareth? È facile anche per tanti, molti cristiani identificarlo come uno dei tanti profeti della storia, un uomo coraggioso, saggio, coerente fino alla fine, ma sempre e solo un uomo.

Ma Gesù Cristo è molto di più che un semplice uomo, è la manifestazione più grande di Dio su questa terra. Questa realtà però è scomoda. Scomoda perché non riusciamo a comprenderla, scomoda perché non ha fatto una bella fine. Quale Dio per mostrare la sua grandezza si mostrerebbe impotente appeso al palo di una croce? Quale Dio si lascerebbe maltrattare dagli uomini? Quale Dio mischierebbe la sua divinità con la carne mortale? Sono le stesse perplessità di Pietro, quelle perplessità che nella storia hanno portato l’uomo a rappresentarsi un crocefisso bello, appena uscito da un salone di bellezza con tanto di messa in piega e fondo tinta …

Perché Gesù è così difficile per noi accettare il tuo desiderio di vicinanza? Perché è così difficile vedere e vivere la tua umiltà? Facciamo quest’oggi l’esercizio di contemplare nel silenzio il Cristo crocefisso.

Non comprendete ancora?

VI settimana del Tempo Ordinario – I

MARTEDÌ 18 FEBBRAIO 2025 | Non comprendete ancora?

Dal Vangelo di Marco (8,14-21)

In quel tempo, i discepoli avevano dimenticato di prendere dei pani e non avevano con sé sulla barca che un solo pane. Allora egli li ammoniva dicendo: “Fate attenzione, guardatevi dal lievito dei farisei e dal lievito di Erode!”. Ma quelli discutevano fra loro perché non avevano pane. Si accorse di questo e disse loro: “Perché discutete che non avete pane? Non capite ancora e non comprendete? Avete il cuore indurito? Avete occhi e non vedete, avete orecchi e non udite? E non vi ricordate, quando ho spezzato i cinque pani per i cinquemila, quante ceste colme di pezzi avete portato via?”. Gli dissero: “Dodici”. “E quando ho spezzato i sette pani per i quattromila, quante sporte piene di pezzi avete portato via?”. Gli dissero: “Sette”. E disse loro: “Non comprendete ancora?”.

COMMENTO

Anche noi come i discepoli ci dimentichiamo facilmente che il Pane della vita è in mezzo a noi.

Ce ne dimentichiamo fisicamente quando in chiesa ci comportiamo come al bar o al mercato, chiacchierando e scherzando senza ricordarci neppure di fermarci davanti al tabernacolo a dialogare nel silenzio con Lui; ci fermiamo a chiacchierare con le pietre, i legni o le tele delle statue e dei quadri della Madonna e dei santi e non lo facciamo con il corpo vivo di Gesù presente nell’Eucaristia!

Ce ne dimentichiamo anche spiritualmente quando viviamo le nostre giornate a pensare a tutto fuorché a Lui. Poi quando siamo nelle difficoltà ci lamentiamo e lo imploriamo di darci un segno della sua presenza (a volte anche in modo non poco colorito).

“Ma non comprendete ancora?” ci chiede oggi Gesù. Siamo sinceri: No Gesù, non comprendiamo ancora! Facciamo fatica, è più facile lasciarsi vincere dal lievito dei farisei e di Erode, il lievito della scienza, della politica, del potere, del sapere … e no, non comprendiamo ancora questo tuo messaggio, così lontano dalle nostre capacità di pensare, non capiamo ancora questa tua presenza silenziosa. Riconosciamo quest’oggi tutta la nostra fatica di comprendere, riconosciamo quanto siamo lontani dal pensiero di Dio. Invochiamo il dono dello Spirito Santo perché con i suoi doni apra i nostri cuori e le nostre menti ai misteri divini. Amen

Per metterlo alla prova

VI settimana del Tempo Ordinario – I

LUNEDÌ 17 FEBBRAIO | per metterlo alla prova

Dal Vangelo di Marco (8,11-13)

In quel tempo, vennero i farisei e si misero a discutere con lui, chiedendogli un segno dal cielo, per metterlo alla prova. Ma egli sospirò profondamente e disse: “Perché questa generazione chiede un segno? In verità io vi dico: a questa generazione non sarà dato alcun segno”. Li lasciò, risalì sulla barca e partì per l’altra riva.

COMMENTO

Non compie nessun miracolo Gesù per chi vuole metterlo alla prova. I segni che Gesù compie sono per coloro che già hanno aperto a lui o loro cuore e sono disposti ad accoglierlo.

Finora Gesù ha compiuto miracoli in mezzo alla folla, ha guarito i malati, ha moltiplicato i pani e i pesci; perché tutto questo non basta? Che cosa mai vogliono questi uomini da Lui?

Facile criticare quei farisei, ma facciamo attenzione perché anche noi possiamo facilmente diventare vittime delle stesse tentazioni.

“Se Dio c’è perché non si fa vedere?”. Quante volte sento questa domanda, anche dai cristiani meno sospettabili.

Abbiamo sotto gli occhi un’immensità di segni meravigliosi che ci raccontalo la presenza misericordiosa di Dio ma forse non è il dio che ci aspettiamo. Tutto ciò ci delude ma al posto di metterci in discussine noi cerchiamo di mettere alla prova Lui. Quest’oggi facciamo l’esercizio di riconoscere i segni che Dio ha posto in questa nostra giornata. Ringraziamolo e cerchiamo di capire cosa ci sta suggerendo con questa sua presenza.

Che cosa è la felicità?

16 febbraio 2025 | 6^ Domenica del Tempo Ordinario – anno C |

Che cosa è la felicità?

Ger 17,5-8 | Sal 1 | 1Cor 15,12.16-20 | Lc 6,17.20-26

Ogni uomo è in cerca della propria felicità.

È questa la convinzione che la liturgia di questa VI Domenica del Tempo Ordinario, Pasqua della settimana, ci consegna per la riflessione.

Ma che cosa è la felicità?

Noi viviamo in una società tutto sommato benestante, anche se ci lamentiamo sempre della situazione in cui siamo. Se guadiamo le nostre giornate ci accorgiamo che abbiamo tutto e anche molto di più di ciò che ci serve: abbiamo un tetto sotto il quale ripararci, abbiamo cibo abbondante con cui saziare i nostri appetiti, abbiamo vestiti con cui coprirci, abbiamo la salute o comunque abbiamo la possibilità di curarla, abbiamo persone che ci vogliono bene … eppure non siamo felici, sentiamo sempre la mancanza di qualcosa che non siamo in grado di definire, abbiamo infatti la percezione di un vuoto da riempire in qualche modo ma non sappiamo come. Ecco che allora corriamo ai ripari con dei tentativi via via sempre più azzardati per sanare questo vuoto che ci abita: ricorriamo a spese sempre più sfrenate, ci abbuffiamo di cibo, cerchiamo di sanare i nostri appetiti più intimi concedendoci a tutto ciò che pare offrirci un po’ di godimento (dall’alcool al fumo, dalla sessualità al gioco d’azzardo). E nonostante tutto questo continuiamo a fare esperienza di vuoto. Non riusciamo ad apprezzare la vita, né la nostra né quella degli altri, non diamo il giusto valore alle cose, non apprezziamo il tempo che abbiamo a disposizione …

L’evangelista Luca è molto drastico: l’uomo può essere beato, e quindi felice, solo quando ha il coraggio di svuotarsi completamente. È così che i poveri sanno apprezzare in ogni istante della loro vita ogni cosa che viene loro offerta; è così che chi ha davvero fame apprezza un piccolo pezzo di pane; è così che colui che vive nel pianto sa apprezzare ogni gesto di vicinanza e di calore. Tutti costoro hanno lo sguardo pulito per poter riconoscere la vicinanza di Dio ai loro patimenti. Al contrario, coloro che si illudono di trovare la felicità in ciò che hanno non saranno mai soddisfatti e continueranno ad accumulare cose o esperienze e a disperarsi per non aver mai saziato il loro desiderio; su costoro si alza il lamento di Dio.

Non si tratta di un grido di vendetta o di condanna bensì del compianto di Colui che desidera il maggior bene per ciascun uomo e vede l’ottusità di questi sguardi offuscati dall’ingordigia e dall’ego.

Sì, cari amici, Dio piange accanto a ciascuno di noi che non riusciamo a riconoscere i segni del suo amore in tutto ciò che ci sostenta, che siano beni primari o relazioni vere di amore. Per ogni singolo pezzo di pane dovremmo ringraziare la Sua misericordia, per ogni singolo bicchiere d’acqua dovremmo ringraziare la Sua misericordia, per ciascun saluto o per ciascuna pacca sulla spalla dovremmo ringraziare la Sua misericordia. Tutto questo, infatti, è già la presenza del Regno dei cieli; se fossimo in grado di riconoscerlo le nostre vite sarebbero già beate perché riuscirebbero a godere della Sua presenza.

Signore Dio, creatore del cielo e della terra e di tutto quanto contiene, ogni giorno doni a ciascuno di noi il necessario per il nostro sostentamento e noi lo riconosciamo con fatica. Ogni giorno noi cerchiamo di sanare il vuoto che ci abita e non ci rendiamo conto che solo tu puoi riempirlo. Aiutaci a svuotarci delle tante cose che occupano inutilmente le nostre esistenze per lasciare spazio a te che, solo, dai senso a tutto ciò che esiste; soltanto allora potremmo dire di aver raggiunto la felicità tanto desiderata. Amen.

Il demonio è uscito da tua figlia

V settimana del Tempo Ordinario – I

GIOVEDÌ 13 FEBBRAIO | il demonio è uscito da tua figlia

Dal Vangelo di Marco (7,24-30)

In quel tempo, Gesù andò nella regione di Tiro. Entrato in una casa, non voleva che alcuno lo sapesse, ma non poté restare nascosto. Una donna, la cui figlioletta era posseduta da uno spirito impuro, appena seppe di lui, andò e si gettò ai suoi piedi. Questa donna era di lingua greca e di origine siro-fenicia. Ella lo supplicava di scacciare il demonio da sua figlia. Ed egli le rispondeva: “Lascia prima che si sazino i figli, perché non è bene prendere il pane dei figli e gettarlo ai cagnolini”. Ma lei gli replicò: “Signore, anche i cagnolini sotto la tavola mangiano le briciole dei figli”. Allora le disse: “Per questa tua parola, va’: il demonio è uscito da tua figlia”. Tornata a casa sua, trovò la bambina coricata sul letto e il demonio se n’era andato.

COMMENTO

Chi è questa donna Siro-fenicia?

Sicuramente non è un figlio del popolo di Israele e sicuramente non è una discepola di Gesù. Questa donna è solo una mamma disperata per la salute della sua bambina.

Non sappiamo se conosce Gesù, sappiamo solo che si riferisce a lui così come si potrebbe riferire ad un santone qualunque.

La reazione di Gesù è molto forte, arriva fino ad offendere questa donna appartenente al popolo nemico di Israele. Forse vuole davvero testare l’amore di questa donna per la sua bambina, fino a che punto è disposta a spingersi?

La disperazione di questa donna è tale da essere disposta ad accettare l’umiliazione pur di salvare la sua bambina. Forse questa donna non avrà fede nel Dio degli ebrei né in Gesù di Nazareth ma certamente crede nell’Amore. Gesù non può che prendere atto di questa fede. Proviamo a pensare su cosa fanno forza le nostre preghiere e proviamo a chiederci se il cuore della nostra fede è l’Amore.

Questo popolo mi onora con le labbra, ma il suo cuore è lontano da me

Martedì V settimana del Tempo Ordinario – I

11 FEBBRAIO 2025 | Questo popolo mi onora con le labbra, ma il suo cuore è lontano da me

Dal Vangelo di Marco (7,1-13)

In quel tempo, si riunirono attorno a Gesù i farisei e alcuni degli scribi, venuti da Gerusalemme. Avendo visto che alcuni dei suoi discepoli prendevano cibo con mani impure, cioè non lavate – i farisei infatti e tutti i Giudei non mangiano se non si sono lavati accuratamente le mani, attenendosi alla tradizione degli antichi e, tornando dal mercato, non mangiano senza aver fatto le abluzioni, e osservano molte altre cose per tradizione, come lavature di bicchieri, di stoviglie, di oggetti di rame e di letti -, quei farisei e scribi lo interrogarono: “Perché i tuoi discepoli non si comportano secondo la tradizione degli antichi, ma prendono cibo con mani impure?”.

Ed egli rispose loro: «Bene ha profetato Isaia di voi, ipocriti, come sta scritto: “Questo popolo mi onora con le labbra, ma il suo cuore è lontano da me. Invano mi rendono culto, insegnando dottrine che sono precetti di uomini”. Trascurando il comandamento di Dio, voi osservate la tradizione degli uomini». E diceva loro: «Siete veramente abili nel rifiutare il comandamento di Dio per osservare la vostra tradizione. Mosè infatti disse: “Onora tuo padre e tua madre”, e: “Chi maledice il padre o la madre sia messo a morte”. Voi invece dite: “Se uno dichiara al padre o alla madre: Ciò con cui dovrei aiutarti è korbàn, cioè offerta a Dio”, non gli consentite di fare più nulla per il padre o la madre. Così annullate la parola di Dio con la tradizione che avete tramandato voi. E di cose simili ne fate molte».

COMMENTO

Fanno male le parole di Gesù quest’oggi. Fanno male perché sono proprio rivolte a noi che siamo del mestiere, a noi che ogni giorno ci sediamo a meditare la sua Parola, a noi che ogni giorno celebriamo i suoi misteri, a noi che ogni giorno ci cibiamo del suo Corpo eucaristico. Ed è un bene che facciano male perché solo così possiamo interrogarci e recuperare il sentiero segnato dai suoi passi.

Questo popolo mi onora con le labbra, ma il suo cuore è lontano da me. […] Trascurando il comandamento di Dio, voi osservate la tradizione degli uomini”.

Quante volte siamo più preoccupati di rispettare le abitudini, le tradizioni, le usanze senza interrogarci sul loro significato, magari mettendo da parte chi ha bisogno di noi, magari dimenticandoci delle persone che davvero ci vogliono bene! Non basta dire “dico un’Ave Maria per te” per dire che vogliamo bene a qualcuno. Non c’è nulla di più importante dell’amore donato ai fratelli, neppure l’Eucarestia della domenica. “Se dunque presenti la tua offerta sull’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te,  lascia lì il tuo dono davanti all’altare e va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna ad offrire il tuo dono” (Mt 5,23-24). Così S. Vincenzo de Paoli scrive: “Non dovete preoccuparvi e credere di aver mancato, se per il servizio dei poveri avete lasciato l’orazione. Non è lasciare Dio, quando si lascia Dio per Iddio, ossia un’opera di Dio per farne un’altra. Se lasciate l’orazione per assistere un povero, sappiate che far questo è servire Dio. La carità è superiore a tutte le regole, e tutto deve riferirsi ad essa. È una grande signora: bisogna fare ciò che comanda.” Se l’orazione e la ritualità non ci portano ad Amare il prossimo quelle orazioni e quei riti sono invani. Chiediamo a Dio quest’oggi il coraggio di lasciarci plasmare il cuore dall’Amore divino che ci raggiunge instancabile nelle preghiere, nelle celebrazioni e nelle tradizioni. Amen

La gente subito lo riconobbe

V settimana del Tempo Ordinario – I

LUNEDÌ 10 FEBBRAIO | la gente subito lo riconobbe

S. Scolastica, vergine

Dal Vangelo di Marco (6,53-56)

In quel tempo, Gesù e i suoi discepoli, compiuta la traversata fino a terra, giunsero a Gennèsaret e approdarono. Scesi dalla barca, la gente subito lo riconobbe e, accorrendo da tutta quella regione, cominciarono a portargli sulle barelle i malati, dovunque udivano che egli si trovasse. E là dove giungeva, in villaggi o città o campagne, deponevano i malati nelle piazze e lo supplicavano di poter toccare almeno il lembo del suo mantello; e quanti lo toccavano venivano salvati.

COMMENTO

C’è un forte desiderio nella folla che si raduna attorno a Gesù, un desiderio che esprime un bisogno; il desiderio è di “poter toccare anche solo il lembo del suo mantello”, il bisogno è quello di essere sanati. Essere sani è la condizione per essere liberi di intessere relazioni con gli altri, è la condizione quindi che ci permette di “essere qualcuno” nella società. Ciò che mette in moto tutta questa folla, ciò che attiva il desiderio di incontrare Gesù, è la certezza che lui può guarirli; una certezza che nasce dall’aver ascoltato la “bella notizia” (=vangelo) di coloro che lo hanno gia incontrato e hanno già potuto sperimentare la sua forza risanatrice. Questo “vangelo” si diffonde senza fatica e raggiunge ogni uomo ed ogni donna che hanno bisogno di quel messaggio.

Mi viene spontaneo interrogarmi sul perché oggi questo messaggio di salvezza fa così fatica a diffondersi? la risposta può essere duplice: o perché l’uomo di oggi non ha più bisogno di essere sanato nel corpo e nello spirito da Gesù, o perché questa “bella notizia” oggi non viene più testimoniata. Personalmente sono più propenso alla seconda motivazione, e questo mi mette personalmente in crisi. Facciamo quest’oggi l’esercizio di portare alla mente i nostri incontri con Gesù, di sperimentare di nuovo la sua forza risanatrice. Proviamo quindi a sigillare, nero su bianco, i sentimenti che nel nostro cuore si fanno strada. Possiamo, vogliamo, riusciamo a testimoniare questi sentimenti?

Gesù, un invadente che non si fa gli affari propri

9 febbraio 2025 | 5^ Domenica del Tempo Ordinario – anno C |

Is 6,1-2a.3-8 | Sal 137 | 1Cor 15,1-11 | Lc 5,1-11

Gesù, un invadente che non si fa gli affari propri

In questa V domenica del Tempo Ordinario, Pasqua della settimana, la liturgia ci propone un Gesù invadente.

Pietro è lì a farsi gli affari suoi, cercando consolazione dai fallimenti di una notte di pesca quando un tale, un perfetto estraneo sale sulla sua barca e inizia a dettare comandi… fai questo fai quello … ma cosa vuole questo tale?

Pare essere un predicatore, attorno a lui tanta folla, continui a parlare, perché viene a rompere le scatole a me? E poi si permette di darmi indicazioni sul mio lavoro.

Sembra di sentire le tante critiche mosse nei confronti della Chiesa oggi. Di cosa si vogliono impicciare questi preti? Non sono sposati e vogliono darci indicazioni sul matrimonio; non possono aver figli e predicano che la natalità deve aumentare; non hanno rapporti di coppia e si pongono a maestri dell’amore dando anche indicazioni su come vivere la sessualità; si impicciano nella politica, nella scienza, nell’educazione … che stiano al loro posto e parlino delle loro cose tra di loro!

Pietro, forse per disperazione o forse perché preso in contropiede, ha accolto i suggerimenti di Gesù, ha messo a disposizione la sua barca e il suo tempo e ha messo da parte la sua grande esperienza di pescatore lasciandosi convincere a gettare in acqua le reti nell’ora più sbagliata della giornata; così inizia il suo stupore accanto a Gesù. Una pesca così fruttuosa non si era mai vista, la barca stessa non riusciva a tenere tutti i pesci presi e gli uomini a disposizione non avevano la forza per issare le reti; mi sembra di vedere Gesù che se la ride sotto i baffi intanto che Pietro, incredulo e felice come una Pasqua, chiama qualcuno per aiutarlo.

Apparentemente Gesù non ha nulla da dire a ciascuno di noi su come affrontare la vita, cosa ne può sapere lui di ciò che stiamo vivendo noi oggi! Eppure, quando fai l’esperienza di fidarti di lui non puoi che restare a bocca aperta nell’accorgerti delle sorprese che iniziano ad arricchire la tua vita.

È difficile oggi essere portatori del Suo messaggio così come è difficile oggi accettare di diveltarlo. Eppure, viviamo in una società che tutt’oggi si dice cristiana! Ma come è possibile questo?

Isaia ha accettato il suo incarico di essere annunciatore di una parola folle e fuori dal tempo, così come Paolo, e noi quanta fiducia mettiamo in questo Gesù che fa di tutto per cambiare la nostra vita in meglio?

Abbiamo tolto Dio dalla nostra quotidianità rinchiudendolo dentro le quattro mura delle chiese, sempre più vuote e silenziose; papa Francesco continua ad invitarci ad uscire dalle chiese per muoverci in direzione delle periferie. Io penso che la periferia più grande la possiamo trovare oggi in tutti coloro che, pur vivendo nelle nostre città, pur sposandosi in chiesa e chiedendo i sacramenti per i loro figli, vivono la loro fede come estranea alle loro giornate.

Gesù oggi fa l’invadente salendo di forza su quelle piccole barche che sono le nostre chiese domestiche; chiede di essere riportato al centro delle nostre famiglie, delle nostre relazioni più intime, dei nostri pensieri e delle nostre scelte. Ci chiede di diventare annunciatori di quella meraviglia che solo Lui può farci sperimentare.

Ci riferiamo a Te Gesù quando siamo nei guai, nel resto delle nostre vite invece siamo certi di bastare a noi stessi anche se poi scopriamo di annaspare tra le sabbie mobili di un mondo troppo pieno di sé e illuso di poter fare tutto ciò che vuole anche a discapito dei più deboli.

Oggi ci prendiamo l’impegno di lasciarti salire sulla nostra barca, di lasciarti entrare nella nostra vita, forse non lo facciamo perché siamo proprio convinti della tua importanza ma ormai siamo quasi alla frutta e in questo momento ti sei presentato a noi come ancora di salvezza. Siamo stanchi ed affamati ma “sulla tua parola getterò le reti” aiutami a dire ogni giorno il mio “Eccomi, manda, me”. Amen.

Chi mi ha toccato?

Martedì IV settimana del Tempo Ordinario – I

04 febbraio 2025

Dal Vangelo di Marco (5,21-43)

Essendo Gesù passato di nuovo in barca all’altra riva, gli si radunò attorno molta folla ed egli stava lungo il mare. E venne uno dei capi della sinagoga, di nome Giàiro, il quale, come lo vide, gli si gettò ai piedi e lo supplicò con insistenza: “La mia figlioletta sta morendo: vieni a imporle le mani, perché sia salvata e viva”. Andò con lui. Molta folla lo seguiva e gli si stringeva intorno.

Ora una donna, che aveva perdite di sangue da dodici anni e aveva molto sofferto per opera di molti medici, spendendo tutti i suoi averi senza alcun vantaggio, anzi piuttosto peggiorando, udito parlare di Gesù, venne tra la folla e da dietro toccò il suo mantello. Diceva infatti: “Se riuscirò anche solo a toccare le sue vesti, sarò salvata”. E subito le si fermò il flusso di sangue e sentì nel suo corpo che era guarita dal male.

E subito Gesù, essendosi reso conto della forza che era uscita da lui, si voltò alla folla dicendo: “Chi ha toccato le mie vesti?”. I suoi discepoli gli dissero: “Tu vedi la folla che si stringe intorno a te e dici: “Chi mi ha toccato?””. Egli guardava attorno, per vedere colei che aveva fatto questo. E la donna, impaurita e tremante, sapendo ciò che le era accaduto, venne, gli si gettò davanti e gli disse tutta la verità. Ed egli le disse: “Figlia, la tua fede ti ha salvata. Va’ in pace e sii guarita dal tuo male”.

Stava ancora parlando, quando dalla casa del capo della sinagoga vennero a dire: “Tua figlia è morta. Perché disturbi ancora il Maestro?”. Ma Gesù, udito quanto dicevano, disse al capo della sinagoga: “Non temere, soltanto abbi fede!”. E non permise a nessuno di seguirlo, fuorché a Pietro, Giacomo e Giovanni, fratello di Giacomo. Giunsero alla casa del capo della sinagoga ed egli vide trambusto e gente che piangeva e urlava forte. Entrato, disse loro: “Perché vi agitate e piangete? La bambina non è morta, ma dorme”. E lo deridevano. Ma egli, cacciati tutti fuori, prese con sé il padre e la madre della bambina e quelli che erano con lui ed entrò dove era la bambina. Prese la mano della bambina e le disse: “Talità kum”, che significa: “Fanciulla, io ti dico: àlzati!”. E subito la fanciulla si alzò e camminava; aveva infatti dodici anni. Essi furono presi da grande stupore. E raccomandò loro con insistenza che nessuno venisse a saperlo e disse di darle da mangiare.

COMMENTO

Che cosa tocca il cuore di Gesù? Il desiderio dell’uomo di vivere.

Quando sperimentiamo la morte o ne percepiamo la vicinanza, che sia fisica, sociale o psicologica umanamente gettiamo la spugna, per l’uomo infatti l’avvicinarsi della morte significa la certezza che la fine del dramma “vita” è ormai vicino.

Nel vangelo si parla di morte e Gesù vede in queste morti un’opportunità di vita. La morte sociale della donna emorroissa ha fatto crescere in lei il desiderio di Vita; la morte della figlioletta ha mosso nel padre il desiderio di Vita; la folla invece, estranea ai sentimenti di affetto per queste due figlie, deride questo desiderio e affossa ulteriormente la speranza.

Gesù riconosce in questo amore la fonte della Vita e “risorge” queste donne alla dignità di figlie amate dal Padre.

Quante volte anche noi di fronte a fallimenti educativi, medici, sociali o psicologici gettiamo la spugna lasciando alla morte la possibilità del sopravvento! Gesù oggi ci offre una possibilità sconosciuta alla mente umana, la possibilità della “fenice”, la possibilità di rinascere dalle ceneri, la possibilità di risorgere.