Affamati di relazioni vere

2 febbraio 2025 | Presentazione di Gesù al Tempio |

Affamati di relazioni vere

Andiamo in pace incontro al Signore

È con queste parole che è iniziata la celebrazione di questa Domenica in cui ricordiamo la Presentazione di Gesù al Tempio.

Sono le parole che esprimono i sentimenti e i desideri di Maria e di Giuseppe mentre, secondo la tradizione dei loro padri, portano il loro figlio primogenito al Tempio per offrirlo al Signore; sono le parole che esprimono i sentimenti e i desideri degli anziani Simeone ed Anna che ogni giorno hanno dedicato la loro vita all’incontro con Dio; sono le parole che esprimono i sentimenti e i desideri di ogni credente che nella propria vita cerca di muoversi nella direzione giusta per poter vedere e incontrare il suo Signore e Creatore.

C’è quindi un desiderio insito nel cuore di tutti questi uomini e di tutte queste donne, il desiderio di incontrare quell’unico Dio che può donare loro pace e serenità.

È quindi un desiderio che muove il credente nel cammino di fede. Proviamo a chiederci cosa ha mosso quest’oggi il cammino che ci ha portati qui in chiesa a questa celebrazione. Riportiamo alla mente che aver fede nel Dio di Gesù Cristo è una questione di relazione tra due Io che si desiderano e si cercano.

L’uomo di oggi, l’uomo che sta pianificando di andare a vivere sulla Luna e sogna e sperimenta i viaggi nello spazio profondo, può oggi avere dentro di sé il desiderio di incontrare Dio? Potremmo anche chiederci: il Dio di Gesù Cristo ha ancora qualcosa da offrire all’uomo di oggi?

Io penso di sì; forse non abbiamo bisogno di ciò che offriva nei decenni passati o nelle forme in cui veniva offerto ma certamente di qualcosa anche l’uomo di oggi necessita da Dio.

Penso che la prima fame dell’uomo di oggi sia una fame di relazioni vere.

La fede è una relazione d’amore e come tale si basa su un atto di fiducia. Anna e Simeone hanno avuto fiducia tutta la vita nella certezza di incontrare il Salvatore del loro popolo; Maria e Giuseppe hanno avuto fiducia in quel Dio che ha chiesto a loro una prova di coraggio nell’accoglierlo come figlio. Sulla fiducia si fondano anche le nostre umane relazioni di amore e tutti noi sperimentiamo come questa fiducia è fragile, come basta poco o nulla per perderla; la fiducia è proprio come quella piccola luce che quest’oggi ci viene consegnata e che ci ricorda la fiammella della candela del battesimo, una piccola fiammella che se non viene protetta e alimentata costantemente si spegne e ci abbandona alle tenebre del mondo, se invece curata può guidarci verso la meta della nostra vita, verso la realizzazione del nostro più intimo desiderio che è l’incontro con il Cristo.

In questa festa, dunque, facciamo esperienza di quanto le nostre relazioni possano essere fragili anche se i nostri atteggiamenti ci fanno apparire grandi e forti; l’immagine di Dio in questa candela invece ci offre la grandezza del Creatore nella fragilità di una fiamma che porta calore e offre una via a chi desidera percorrerla. Ti preghiamo quest’oggi Signore perché ogni uomo e ogni donna abbia l’opportunità di alimentare il desiderio di Te. Quelle piccole fiammelle d’Amore che abitano la terra possano incontrare le lampade spente e vuote dell’uomo stanco e sfiduciato o dell’uomo troppo pieno di sé, possano alimentarle ed accenderle nella Carità fraterna. Ogni uomo e ogni donna possa così sentirsi amato, accolto e cercato da te, Padre, Creatore e Redentore di tutto quanto esiste. Amen.

Una Parola di speranza

26 gennaio 2025 | 3^ Domenica del Tempo Ordinario – anno C |

Un Parola di speranza

In questa 3 domenica del Tempo Ordinario, Pasqua della settimana, celebriamo la VI Domenica della Parola di Dio.

Penso che il porre al centro della nostra riflessione il tema dell’ascolto della Parola ci deve riportare all’essenziale del nostro rapporto con Dio: l’ascolto.

Quando a Gesù venne chiesto “quale è il più grande comandamento”, egli rispose citando le sacre scritture: “Il primo è Ascolta Israele …”.

L’ascolto è il punto di partenza di una sana relazione che nel tempo può trasformarsi in amicizia e quindi in Amore. Questo è il percorso che Dio sogna per ciascuno di noi, suoi figli.

Quando pensiamo alla fede ci viene facile pensare al che cosa fare; la giornata di oggi invece ci aiuta a ripensare il nostro essere credenti come ad una relazione; Dio, infatti, si pone a me come un Tu desideroso di incontrarmi, di conoscermi e di amarmi.

Si dice che la Bibbia sia il libro più venduto e maggiormente tradotto, il che è vero, ma quanti di questi libri venduti sono stati letti? Non basta avere in casa un libro, ma neppure un’enciclopedia di medicina per essere dei bravi medici, è necessario leggerli, studiarli, innamorarsi della disciplina. Così è per il nostro rapporto con Dio, non basta avere una Bibbia in casa, e neppure aver frequentato qualche incontro di catechismo per dire di avere un rapporto con Dio (tradotto: di essere credenti), è necessario leggere in continuazione il testo, lasciarsi interpellare da esso, innamorarsi di Colui che mi parla attraverso quella Parola.

È ciò che è accaduto a Luca, l’evangelista. Ha ascoltato la predicazione di Paolo, ha cercato e approfondito il “tema” Gesù di cui ha sentito parlare ed ha scoperto un tu desideroso di amarlo.

Che bello sarebbe se ogni volta che leggessimo qualche brano della Sacra scrittura la nostra reazione fosse come quella del popolo di Israele al tempo di Neemia: entusiasmo, commozione, desiderio di saperne di più.

Purtroppo, mi accorgo sempre più che i cristiani, anche quelli che ogni domenica vanno a messa, non si pongono in ascolto della Parola. Potremmo fare un test: mentre uscite da messa provate a chiedervi l’un l’altro anche solo quale vangelo è stato letto! Forse potrete dirmi quanto è stata lunga la predica, forse potrete dirmi se il celebrante ha fatto dei gesti particolari, forse potrete dirmi quale canzone vi è piaciuta di più, ma la cosa più importante è cosa vi ha detto Dio attraverso la sua Parola!

Facciamo anche attenzione alle emozioni che si muovono dentro di noi perché magari restiamo a bocca aperta in attesa di quanto Dio vuole dirci, siamo desiderosi di ascoltarlo, proprio come i nazaretani, ma poi, dopo aver ascoltato le sue parole … non ve lo dico, a casa andate voi a vedere quale è la reazione dei compaesani di Gesù, la potete trovare nel vangelo di Luca, al capitolo 4.

La Parola di Dio infonde speranza nel cuore del credente perché è Parola viva, trasmette il calore di un Tu che si relaziona con l’uomo, non ci troviamo infatti di fronte alla fredda pagina di una saga ma a calde pagine scritte dall’Amato alla sua amata, da Dio alla sua Chiesa, dal Creatore alla sua creatura.

Facciamo l’esercizio di leggere e rileggere la Parola, non come modo per imparare qualcosa ma come opportunità di incontrare qualcuno di importante per nostra vita. Amen.

Con Gesù è sempre FESTA

19 gennaio 2025 | 2^ Domenica del Tempo Ordinario – anno C |

Is 62,1-5 | Sal 95 | 1Cor 12,4-11 | Gv 2,1-11

Con Gesù è sempre FESTA

Il tema su cui riflettere in questa seconda domenica del Tempo Ordinario, Pasqua della settimana, è la  “festa”.

Gesù inizia il suo ministero pubblico partecipando a una festa di nozze.

Il matrimonio rappresenta un cambiamento, una scelta, l’amore e la speranza.

È un cambiamento di vita per i coniugi che lasciano le loro famiglie originarie per formarne una nuova; è una scelta poiché tra le molte persone incontrate, gli sposi si sono scelti reciprocamente; è un segno di amore perché ciò che li unisce è l’Amore che li ha fatti incontrare e che li ha collocati al centro l’uno dell’altro; è un segno di speranza perché i due possono diventare molti, garantendo così un futuro alla loro storia e all’umanità.

Tuttavia, ogni matrimonio comporta un rischio: il vino può finire. Ossia, la magia dei primi tempi, quando l’innamoramento rendeva tutto magico e unico, può svanire, lasciando spazio alla routine quotidiana.

La parabola delle nozze, comprensibile da tutti, riflette la nostra vita di fede. Giovanni invita ogni credente a non fermarsi alla catechesi della prima comunione ma a proseguire nel sorprendersi quotidianamente per ciò che Gesù, lo sposo, può donarci. Il suo buon vino è ciò che rende la nostra esistenza sempre affascinante e il nostro rapporto con Lui festoso.

Purtroppo, spesso associamo erroneamente la gioia della fede a canti per bambini che, da adulti, non ci trasmettono più nulla di significativo. Il rapporto d’Amore tra Dio e l’uomo deve essere rinnovato quotidianamente, come ogni relazione d’amore. Ogni giorno siamo chiamati a riconoscere i nostri carismi per vivere pienamente questa relazione; ogni giorno dobbiamo riconoscere la vicinanza speciale di Dio, che ci accompagna e sostiene nei momenti di bisogno: con parole giuste, sguardi comprensivi, gesti affettuosi, situazioni commoventi o panorami affascinanti. Non importa il modo, ma possiamo sempre sperimentare il miracolo della Sua vicinanza che dona sollievo alla nostra vita.

Come notare questi segni? Semplicemente riponendo la nostra fiducia nelle Sue mani. Maria dice ai servitori delle nozze: “Qualsiasi cosa vi dica, fatela”. Immaginate la scena: Gesù dice loro di riempire le giare d’acqua e di e attingerla con le brocche per servire i tavoli … Eppure, questi uomini si fidano. Anche nella nostra vita ci imbattiamo in situazioni che apparentemente sembrano estranee a Dio, ma attraverso la fiducia nella Sua presenza, queste situazioni possono rivelarsi manifestazioni della presenza divina, volta a portare festa e gioia a ogni persona. All’inizio di questo cammino di fede ordinario che stiamo vivendo, lasciamoci sorprendere dai modi creativi con cui Dio si pone accanto a noi. Chiediamo al Signore di affinare i nostri occhi per riconoscerlo e i nostri cuori per accoglierlo. Amen.

… ed è ancora Epifania

12 gennaio 2025 | Battesimo di Gesù |

… ed è ancora Epifania!

Sono passati 30 anni da quel giorno in cui Maria e Giuseppe sperimentarono la Grazia di Dio entrare nelle loro vite: riconosciuta dai pastori, cantata dagli angeli, adorata dai Magi. In questi 30 anni sono successe tante cose: il battesimo con le prime profezie sulla Sua sofferenza; la fuga in Egitto; il ritorno a Nazareth; la perdita di Gesù a Gerusalemme quando lui aveva 12 anni; ma poi chissà quanti ricordi nella mente di Maria e di Giuseppe: chissà quanti pannolini cambiati, quante notti insonni, quante preoccupazioni per una malattia, per un malore, quante ginocchia sbucciate, tutti i perché a cui avranno dovuto rispondere, quante sgridate per i capricci … e la fatica dell’adolescenza …

Chissà, forse Maria e Giuseppe qualche volta si saranno chiesti quando questo Dio bambino (per loro questo era una certezza) avrebbe iniziato il suo “lavoro divino”, quando questa bella notizia finalmente si sarebbe rivelata platealmente al mondo e in che modo sarebbe successo.

A 30 anni Gesù probabilmente sente parlare di questo Giovanni, che tra l’altro era suo cugino, un tipo un po’ strano che predica un battesimo diverso da quello di tutti gli altri, parla di conversione, di perdono dei peccati, parla dell’imminente arrivo del Messia; Gesù è forse incuriosito o forse qualcosa lo attira in quella valle, lungo il Giordano. È così che Gesù si mischia alla folla, è così che Gesù si mischia a coloro che si riconoscono peccatori, e prega, si immerge in quell’acqua ma è già immerso nella preghiera. Forse è proprio qui che Gesù prende pienamente consapevolezza della sua missione, forse è proprio qui che Gesù sente dentro di sé la sua divina identità.

La bella notizia di cui parla il profeta Isaia è proprio questa ed è la stessa che abbiamo sentito il giorno del Natale: Dio si prende cura dell’uomo a partire dal basso, dalla profondità del peccato, per farlo risalire alla Gloria della santità.

Gesù non detta il suo messaggio dall’alto di qualche pulpito, Gesù mostra il suo messaggio stando in mezzo a coloro che si accorgono di aver bisogno di consolazione e quindi di salvezza.

È duplice, dunque, per noi il messaggio di questa epifania di Dio.

A noi che ci riconosciamo bisognosi di essere risollevati dalla polvere Dio stende il suo braccio e ci fa assaporare la sua presenza; e a noi che siamo in cammino accanto a Lui e che quotidianamente sperimentiamo la dolcezza della sua presenza chiede di divenire noi stessi Epifania di Lui. Già perché nel nostro battesimo siamo stati innestati in Cristo, nella sua morte e nella sua Risurrezione; i frutti di quel primo germoglio che oggi ricordiamo, il battesimo di Gesù nel fiume Giordano, li possiamo raccogliere nelle nostre esistenze.

“Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento”; sono le parole con cui si esprime la manifestazione di Dio tra gli uomini, sono le parole che spingono Gesù a donarsi totalmente a quel Padre così lontano ma così vicino nell’Amore; oggi quelle parole sono per ciascuno di noi: Tu sei il figlio mio, l’amato. È questa la bella notizia che siamo chiamati a portare nel mondo, è questa la consolazione che Dio offre a ogni uomo e ad ogni donna della storia.

Nelle vostre vite siate epifania di Dio! Amen.

Caccia al tesoro con sorpresa | 6 gennaio 2025

6 gennaio 2025 | Epifania del Signore |

Caccia al tesoro con sorpresa

Festeggiamo oggi il giorno dell’Epifania del Signore, ovvero il giorno della manifestazione di Dio agli uomini.

Dovrebbe essere una festa da celebrare ogni giorno della storia perché ogni giorno Dio si manifesta a ciascuno di noi, ma non sempre siamo in grado di accorgerci di Lui!

I Magi dell’oriente ci fanno da maestri; questi astronomi, scrutatori degli astri e delle scritture antiche ci insegnano come riconoscere i semi della presenza di Dio nella sua creazione; non solo, hanno saputo anche incontrarsi e collaborare tra di loro, hanno messo in comune i loro saperi e le loro capacità e si sono spalleggiati e sostenuti lungo il cammino, non in una gara a chi arriva prima al tesoro ma in un pellegrinaggio verso l’unica mèta; ancora, questi sapienti hanno saputo ascoltare gli uomini che hanno incontrato per strada e gli angeli che in sogno hanno suggerito loro la via migliore.

Quante cose hanno da insegnarci questi uomini!

Tuttavia, c’è un momento fondamentale in questo loro peregrinare che deve interrogarci più di tutti: perché sono partiti? perché hanno lasciato i loro comodi palazzi? Perché hanno intrapreso un viaggio con così tante incognite e con chissà quali ostacoli?

All’inizio del loro percorso c’è sicuramente un desiderio e una certezza: hanno scrutato i cieli con il desiderio di scorgere il segno di un cambiamento importante nella storia (il desiderio ha sempre a che fare con le stelle, de-sidera); la loro certezza era che, in un mondo senza stelle, stava per nascere la stella guida per tutti i popoli.

Quante volte anche noi ci troviamo dispersi e senza una stella da seguire, quante volte ci troviamo a vivere in questa notte che pare non avere confini; e ci sentiamo soli, abbandonati.

I Magi oggi ci invitano a scrutare senza paura il cielo e le stelle, come già Abramo (guarda il cielo e conta le stelle …– Gen 15); Dio non lo troviamo nella nostra mente, lo possiamo vedere solo nelle sue impronte che troviamo nella creazione: il cielo, le stelle, la natura, l’intelligenza degli uomini, gli uomini e le donne di ogni tempo, le sacre scritture che generazioni e generazioni di credenti si sono tramandate nelle più svariate culture … quante impronte di Dio abbiamo sotto gli occhi e noi siamo ciechi, non le vediamo!

E se come i Magi fossimo capaci di lasciare le nostre comode abitazioni, per avventurarci in questa magnifica caccia al Tesoro, faremo la scoperta delle scoperte: Dio non è proprio come quello che ho nella mia testa, Dio è in grado di stupirmi in una presenza umile, semplice, inutile, banale … come quella di un bambino in una umile dimora.

Una caccia al tesoro, quella della fede, che non può che lasciarci a bocca aperta, una caccia al tesoro nella quale certamente mi stupirò di riconoscere in quel piccolo bambino il Re (l’oro), il Dio (l’incenso), il Salvatore (la mirra); da solo non sarei mai riuscito in questa impresa, solo al termine di questo pellegrinaggio condiviso i miei occhi sono pronti a riconoscerlo.

Signore Gesù,
Re dell’Universo,
ti offro il mio oro,
ciò che di più prezioso ho,
la mia vita,
un giorno tu la diedi a me,
ora te la riconsegno come dono d’Amore.

Signore Gesù,
Dio eterno fatto uomo,
ti offro il mio incenso,
le mie preghiere salgano a te,
accoglile e realizzale nel mistero del tuo Amore.

Signore Gesù,
Salvatore dell’umanità sofferente,
ti offro la mia mirra,
le mie azioni,
questo prezioso profumo
sia sempre gradito a te
e sia nel mondo
segno prezioso della tua Presenza.
Amen.

La nostra vita: mistero d’Amore | 5 gennaio 2025

5 gennaio 2025 | 2^ Domenica dopo Natale |

La nostra vita: Mistero d’Amore

E il Verbo si fece carne
e venne ad abitare in mezzo a noi.

Sembrano queste le parole chiave di questa 2 domenica dopo Natale, parole che rafforzano il messaggio natalizio, parole che ci aiutano a riflettere sulla presenza continua di Dio nella storia dell’umanità.

Gesù non è nato una volta per sempre 2025 anni fa ma nasce continuamente nella storia cercando di portare luce in mezzo alle tenebre che noi creiamo.

Nasce nel grembo di Maria e nasce in ciascuna delle storie di chi ha il coraggio di accoglierlo; viene deposto nella mangiatoia all’interno di una grotta e allo stesso modo trova un alloggio di emergenza nelle case di cloro che lo riconoscono e gli aprono la porta; viene testimoniato da Giovanni e viene testimoniato oggi da coloro che hanno accolto il suo Amore e non possono fare altro che dirlo al mondo.

È Natale in ciascuna delle nostre esistenze se abbiamo il coraggio di lasciar spazio nella nostra vita a Colui che è la fonte della Vita.

Nella storia dell’umanità in tanti si sono soffermati sulle splendide parole del prologo di Giovanni e in tanti, ammaliati dai misteri in esse raccontati, si sono lasciati travolgere dall’Amore di Dio e si sono convertiti a Lui.

Quanti sforzi facciamo per dire Dio, per cercare di spiegarlo, per fare in modo che tutti possano comprenderlo. Ma Dio non ha bisogno di tutto questo; Dio non può essere compreso, figuriamoci se possiamo spiegarlo! Dio chiede solo di essere accolto nel suo mistero di Amore, quello stesso mistero che possiamo vivere nella relazione con i nostri fratelli; quello stesso mistero che ci investe ogni volta che ci accorgiamo della sua presenza.

Cosa mai potremmo spiegare della grandezza di Dio? Noi siamo quelle tenebre nelle quali la Luce vuole porre la sua dimora. Sembra una richiesta fuori luogo; eppure, Dio sa che in ciascuno di noi c’è la possibilità di poterlo accogliere, perché da lui siamo stati creati, perché a lui stiamo tornando.

La nostra vita è un mistero d’Amore: dall’amore siamo stati creati e verso l’Amore stiamo andando; ciò che ci troviamo a vivere ogni giorno sono i riflessi di questa eternità d’Amore di cui siamo parte e che con difficoltà riusciamo a comprendere.

Signore Gesù,
Verbo eterno del Padre,
Luce che brilla dall’eterno,
rischiara le nostre grige giornate;
fa che i nostri occhi,
curati dall’unguento del tuo Amore,
possano riconoscere i semi della tua presenza
nella nostra storia
e nella storia di chi ci sta accanto;

possano in nostri cuori,
rianimati dal tuo Amore,

accogliere il tuo desiderio
di dimorare tra noi.
Possano le nostre vite,
plasmate dalla tua presenza,
essere testimonianza concreta
del tuo esserci
nella storia dell’umanità.
Amen.

Come una goccia nell’oceano

1 gennaio 2025 | Maria SS. Madre di Dio |

Come una goccia nell’oceano

Iniziamo questo nuovo anno nel segno della maternità: Maria SS. Madre di Dio.

È lo stesso segno che fu dato ai pastori; è il segno di un futuro possibile; la storia non finisce con noi ma i nostri figli avranno il compito di portare avanti ciò che noi consegniamo nelle loro mani, così come noi abbiamo fatto con ciò che i nostri avi hanno messo nelle nostre mani.

In questo giorno di passaggio al nuovo anno siamo invitati a chiamare per nome ciò che lasciamo in eredità ai nostri figli. Non pensiamo a ciò che non è in nostro potere, non pensiamo alle guerre, non pensiamo all’inquinamento, non pensiamo alla fame nel mondo, pensiamo piuttosto a ciò che nel nostro piccolo abbiamo fatto.

A volte pensiamo sia insignificante ciò che possiamo fare noi e ci deprimiamo. Santa Madre Teresa di Calcutta disse: “Quello che facciamo è solo una goccia nell’oceano, ma l’oceano senza quella goccia sarebbe più piccolo”.

Oggi consegniamo nelle mani dei nostri figli questo oceano che è la vita, la storia nella quale si trovano a navigare, quali gocce abbiamo riversato in questo oceano?

La speranza di un mondo nuovo nasce proprio dalla capacità di vivere ogni istante del nostro presente come il luogo in cui poter dare il nostro contributo al futuro.

Come è possibile questo?

Riscoprendoci “figli” e non più “schiavi”. Se fossimo schiavi saremmo sottomessi alla logica del potere che tende a distruggere il mondo ma siccome siamo figli abbiamo tutta l’autorità per vivere nel mondo agendo secondo la nostra volontà.

Prova a domandarti: cosa desideri per il tuo futuro e per quello dei tuoi figli? Cosa metti in pratica nel tuo ordinario affinché un giorno questo possa realizzarsi?

A volte abbiamo l’impressione di essere impotenti di fronte agli eventi della storia, non lasciamoci ingannare: la tua storia è nelle tue mani, sei tu che decidi come viverla anche se attorno a te le cose vanno per i fatti loro.

A volte non comprendiamo cosa succede, a volte non sappiamo come comportarci, a volte ci sembrerà di brancolare nel buio, facciamo come Maria: “custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore”.

Non dobbiamo comprendere tutto né dobbiamo salvare il mondo (per questo ci ha gia pensato Gesù una volta per tutte), nostro compito è alimentare la speranza che un mondo nuovo è possibile e questo lo possiamo fare tenendo lo sguardo sul qui ed ora in cui Dio si fa presente nella nostra storia.

Che il prossimo anno sia ricco di Speranza e di Misericordia, ciascuno di voi e dei vostri cari possa sperimentare la presenza di Dio in ogni istante presente del tempo che ci sarà donato. Amen

Domenica 29 dicembre 2024

29 dicembre 2024 | S. Famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe – anno C |

Il “per sempre” che forma la comunità

Sembra quasi fuori moda oggi parlare di famiglia, eppure in questa domenica tra l’ottava di Natale, ovvero all’interno di quegli otto giorni che sono il giorno del Natale, la liturgia ci propone la riflessione sulla santa famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe.

Oggi è più facile parlare di convivenza che non di famiglia, così come è più facile parlare di compagno/compagna piuttosto che di marito o di moglie. Se vogliamo essere sinceri fino in fondo la famiglia di Maria e Giuseppe non era poi così canonica come pensiamo. Sappiamo che erano fidanzati e che, probabilmente, il matrimonio venne festeggiato in fretta e furia al ritorno di Maria dalla casa della cugina Elisabetta ad Ain Karen (“Destatosi dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’angelo del Signore e prese con sé la sua sposa” – Mt 1,24-25), inoltre sappiamo che Gesù è figlio di Maria ma non di Giuseppe e nonostante questo Maria non ha esitato a chiamare Giuseppe “padre di Gesù”. Nonostante questa situazione tutt’altro che chiara, la loro storia è stata pienamente accolta dalla comunità di Nazareth al punto tale che durante il rientro da Gerusalemme, dopo la festa di Pasqua, Maria e Giuseppe non si preoccupano neppure di verificare la presenza di loro figlio, doveva per forza essere assieme agli altri bambini della carovana.

Quando parliamo di “famiglia”, a differenza della convivenza, ci sta il riconoscersi parte di una società, di una comunità, di una famiglia ben più grande della quale potersi fidare, nella quale crescere e camminare insieme.

Penso che la crisi della famiglia oggi sia riconducibile alla crisi della comunità. Sempre più le nostre famiglie sono cellule isolate in mezzo a gente estranea; i nostri bambini crescono con la paura di incontrare il vicino di casa con il quale quotidianamente la mamma e il papà litigano per sciocchezze; i nostri anziani sono sempre più soli e abbandonati anche se abitano in condomini con decine di altre persone: è la crisi della società, e se vogliamo usare un termine più ecclesiale, è la crisi della comunità.

Perché sposarsi se il matrimonio resta un evento privato? Certo, facciamo feste così faraoniche che il solo costo mette i brividi, ma il matrimonio non è il momento in cui ci sediamo a tavola a mangiare, il matrimonio è il momento in cui ci si promette “amore per tutta la vita”. Chi è invitato o chi partecipa alla cerimonia (che sia essa civile o religiosa)? Pochi parenti, a volte giusto il minimo sindacale.

Il matrimonio, quel sì pronunciato davanti alla comunità di cui faccio parte (che sia la società in cui vivo o la comunità ecclesiale a cui appartengo) rende più ricca la comunità stessa e ci impegna tutti a sostenerci nelle gioie e nelle sofferenze. Il matrimonio non può mai essere questione privata, è sempre un evento di popolo. È per questo che Maria e Giuseppe non si preoccupano del giovane Gesù.

Un tempo anche i nostri figli erano cresciuti dai vicini di casa; un tempo un adulto qualsiasi per strada poteva riprendere le marachelle di un qualsiasi bambino; un tempo i bambini giocavano serenamente per le strade dei nostri paesi.

Penso che celebrare oggi la festa della sacra famiglia di Nazareth significhi cercare di riportare il centro della nostra attenzione sulle nostre comunità, sulla nostra società. Oggi siamo invitati a riconoscere i semi dell’amore che Dio sparge nei cuori di tante giovani coppie affinché si sentano accolte e amate così come sono, sarà poi questo nostro amore ad aiutarle a sigillare e a rendere pubblico il “per sempre” del loro amore che già li ha uniti.

NATALE | 25 Dicembre 2024

25 dicembre 2024 | Natale del Signore – anno C |

Questo per voi il segno

Penso che se dovessi trovare uno slogan per dire il cristianesimo direi che è la fede dei segni incomprensibili.

Provate a pensarci: i pastori nella notte vengono raggiunti da una schiera di angeli in festa, potrebbe essere benissimo questo il grande segno, invece no: “questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia”. Ma che segno è quello di un bambino? Un essere che per sopravvivere ha bisogno di tutto e di tutti …

Poi, se ricordate bene, al catechismo dovrebbero avervi insegnato che la nascita di Gesù è prefigurazione della sua morte. Beh, allora possiamo pensare che la grandezza e la potenza di Dio ci verranno mostrate pienamente in quel momento. Giriamo quindi velocemente le pagine del vangelo ed ecco, ci troviamo proprio al momento della sua morte ed ecco a voi il segno del grande Dio: un uomo sulla croce. Ma che segno è questo della potenza di Dio? Mi pare piuttosto il fallimento completo della sua esistenza.

Poi ci hanno anche insegnato che la sua potenza si mostra a noi nei sacramenti, in particolare nella sua divina presenza nell’eucarestia, segno potente di unità e di rigenerazione per ciascuno di noi. Proviamo a guardarla bene: ma è solo un pezzo di pane, tra l’altro così piccolo che non può neppure saziare il bisogno nutrizionale di un uomo solo.

Ma che Dio stiamo adorando noi oggi quì?

Come possiamo stare in questa casa che è la chiesa a cantare e lodare il grande, l’onnipotente, il creatore, se i segni che abbiamo della sua esistenza sono così deboli? Come poter credere?

Queste domande sono sempre più frequenti nella nostra società, non solo tra le nuove generazioni, ma anche tra coloro che per tanti anni hanno partecipato più o meno assiduamente alla liturgia.

Se non riusciamo a comprendere il segno della sua presenza allora è normale che nascano anche i dubbi sulla reale esistenza di Dio. Se non riusciamo a vedere il segno che i vangeli ci propongono allora di fronte agli accadimenti della storia resteremo soli e sperimenteremo l’abbandono di Dio: dov’è Dio quando gli uomini si uccidono l’un l’altro? Dov’è Dio quando i bambini vengono maltrattati? Dov’è Dio quando la gente muore di fame? Dov’è Dio quando intere popolazioni sono costrette ad abbandonare la propria terra? Dov’è Dio quando la natura sembra impazzire? Se lui è davvero così potente da aver creato tutto quanto esiste, perché non è anche in grado di “aggiustare” ciò che si è rotto?

Torniamo ancora un attimo nell’accampamento dei pastori del presepio, ma potrebbe davvero essere uno dei qualsiasi villaggi devastato dalle bombe, o una delle tendopoli dei profughi, o una qualsiasi delle case in cui si vive la violenza domestica, cosa accade un quell’accampamento? Quale è la bella notizia che gli angeli portano?

La bella notizia a questa:

Dio è qui, vicino a te, così vicino che si confonde con te per vivere la tua stessa situazione, per sperimentare le tue stesse fatiche, per prenderti per mano e rialzarti.

Questo è il grande segno:

il grande contrasto tra ciò che dovrebbe essere e ciò che è, il ribaltamento dei valori che rovescia i potenti dai troni e innalza gli umili.

Ecco allora il segno: se Dio decide di incarnarsi in un bambino significa che tutti noi, anche colui che agli occhi degli uomini vale meno di zero, abbiamo la dignità di Dio; se Dio decide di morire in mezzo ai malfattori più incalliti significa che per ogni uomo, anche per quello che ai nostri occhi pare non avere più nessuna speranza, c’è una possibilità di riscatto; se Dio decide di restare presente in mezzo agli uomini in un piccolo pezzo di pane significa che Dio è alla portata di tutti.

Provate a pensare se i segni fossero altri: se fosse nato in un grande palazzo regale … avrebbe ulteriormente gonfiato il potere; se fosse morto nel letto di un ospedale sotto le cure dei più grandi medici del tempo … chi darebbe speranza all’uomo più disperato? Se Dio restasse presente in mezzo a noi in un oggetto prezioso ed unico, come potrebbe essere alla portata di tutti, anche dei più poveri?

In questo Natale Dio vuole ricordarci che la sua presenza non è un evento eclatante così da attirare gli sguardi di tutti ma è visibile nei gesti ordinari dell’amore condiviso.

Cari fratelli e sorelle, oggi festeggiamo la nascita di Gesù nella storia, è l’evento che più di tutti ha cambiato le sorti dell’umanità, la sua nascita ha diviso la storia in due, prima e dopo Cristo; ogni giorno però Dio ti chiede il permesso di nascere nella tua storia affinché i più poveri, i più disperati, i più increduli possano fare esperienza della sua presenza attraverso quell’amore che solo tu puoi offrire loro.

Questo per voi il segno: ciascun uomo e ciascuno donna che hanno il coraggio di rovesciare le abitudini di una società troppo incentrata su sé stessa, divenendo segni certi di un Amore che sa stare vicino a tutti secondo il bisogno di ciascuno.

Che Dio oggi possa nascere in ciascuno di voi, come è nato in Maria, come è nato nella grotta di Betlemme. Auguro a tutti voi di essere nella vostra storia segni visibili dell’Amore di Dio.

Buon Natale.

Domenica 22 dicembre 2024

22 dicembre 2024 | 4^ Domenica di Avvento – anno C |

Quando sarà Natale?

Il Signore viene a visitarci, sempre.

È questo il messaggio consolante di questa 4 domenica di avvento.

È Maria che va da Elisabetta ma è Gesù che viene riconosciuto per primo. Maria è portatrice di una verità liberante; quel bimbo che porta in grembo è portatore di pace per tutti i popoli che lo accolgono.

Gesù ancora non è visibile dall’occhio dell’uomo eppure, la sua presenza viene percepita; è l’entusiasmo che ha spinto Maria ad intraprendere il viaggio, è la gioia di Elisabetta che finalmente riesce ad avere un figlio in tarda età, è la danza del battista ancora dentro il grembo della madre. Non può essere che la gioia la testimonianza della presenza di Gesù nella storia.

Potremmo noi chiederci come accogliamo e come testimoniamo il Signore. A volte, come nella prima lettura viene accennato, pensiamo che Dio debba manifestarsi a noi nella forza e nella maestà del potere; altre volte, come ci dice la seconda lettura, pensiamo che Dio si manifesti a noi nei sacrifici e negli atti di culto.

Il Vangelo invece sembra dirci la cosa più semplice del mondo: l’entusiasmo e la gioia di chi lo ha accolto sono la più grande manifestazione della sua presenza.

Penso sempre che quando andiamo a messa e ascoltiamo la Parola di Dio ci troviamo nella stessa situazione di Maria e se poi abbiamo anche la grazia di poterci comunicare con l’eucarestia, la certezza di divenire tabernacoli viventi di Cristo come Maria si rafforza. Ma chi ci incontra dopo essere stati a messa si accorge che portiamo dentro il Cristo vivente? I nostri volti fanno trasparire la gioia di aver incontrato il Dio della vita?

Il Signore Gesù non vuole che andiamo da Lui sotto la minaccia del fuoco che ci attende per l’eternità (così ci dicevano al catechismo o alla dottrina un tempo giusto?) ma vuole che andiamo da Lui per la gioia di incontrarlo nella festa, perché abbiamo sperimentato, direttamente o grazie alla testimonianza di qualcuno, che stare con lui è la cosa più bella che poteva capitarci.

Mancano solo pochi giorni al Natale e attorno a noi tutto ha il sapore della festa: le vetrine, le luci colorate, gli alberi di Natale, i presepi, le canzoni natalizie, i villaggi di natalizi, i mercatini, il termine delle scuole, la partenza per le ferie … ma perché facciamo tutto questo?

Gioia, pace e serenità sono certo parole chiave del giorno di Natale ma quando diventano pura felicita, voglia di evadere, goliardia e frenesia … allora possiamo dire che non è Natale.

Pensiamo a quante ore staremo seduti attorno alla tavola con i nostri cari, è una bella cosa ma perché lo facciamo in questo giorno? Quanto tempo sono stato a lodare il Dio della vita che è venuto ad abitare la mia casa?

Aumentano anche le azioni generose in questo periodo, come se nel resto dell’anno i poveri non ci fossero, ma perché le compiamo in questi giorni? Per metterci a posto la coscienza?

Maria va a trovare la cugina Elisabetta mettendo in pericolo la propria persona per condividere con lei la gioia della maternità. Facciamo in modo che le nostre buone azioni di questi giorni siano mosse dal nostro incontro con il Cristo, accolto in noi e portato nel mondo. Vi auguro che tra tre giorni possa essere davvero Natale in ciascuno di voi. Buon cammino.