Con Gesù è sempre FESTA

19 gennaio 2025 | 2^ Domenica del Tempo Ordinario – anno C |

Is 62,1-5 | Sal 95 | 1Cor 12,4-11 | Gv 2,1-11

Con Gesù è sempre FESTA

Il tema su cui riflettere in questa seconda domenica del Tempo Ordinario, Pasqua della settimana, è la  “festa”.

Gesù inizia il suo ministero pubblico partecipando a una festa di nozze.

Il matrimonio rappresenta un cambiamento, una scelta, l’amore e la speranza.

È un cambiamento di vita per i coniugi che lasciano le loro famiglie originarie per formarne una nuova; è una scelta poiché tra le molte persone incontrate, gli sposi si sono scelti reciprocamente; è un segno di amore perché ciò che li unisce è l’Amore che li ha fatti incontrare e che li ha collocati al centro l’uno dell’altro; è un segno di speranza perché i due possono diventare molti, garantendo così un futuro alla loro storia e all’umanità.

Tuttavia, ogni matrimonio comporta un rischio: il vino può finire. Ossia, la magia dei primi tempi, quando l’innamoramento rendeva tutto magico e unico, può svanire, lasciando spazio alla routine quotidiana.

La parabola delle nozze, comprensibile da tutti, riflette la nostra vita di fede. Giovanni invita ogni credente a non fermarsi alla catechesi della prima comunione ma a proseguire nel sorprendersi quotidianamente per ciò che Gesù, lo sposo, può donarci. Il suo buon vino è ciò che rende la nostra esistenza sempre affascinante e il nostro rapporto con Lui festoso.

Purtroppo, spesso associamo erroneamente la gioia della fede a canti per bambini che, da adulti, non ci trasmettono più nulla di significativo. Il rapporto d’Amore tra Dio e l’uomo deve essere rinnovato quotidianamente, come ogni relazione d’amore. Ogni giorno siamo chiamati a riconoscere i nostri carismi per vivere pienamente questa relazione; ogni giorno dobbiamo riconoscere la vicinanza speciale di Dio, che ci accompagna e sostiene nei momenti di bisogno: con parole giuste, sguardi comprensivi, gesti affettuosi, situazioni commoventi o panorami affascinanti. Non importa il modo, ma possiamo sempre sperimentare il miracolo della Sua vicinanza che dona sollievo alla nostra vita.

Come notare questi segni? Semplicemente riponendo la nostra fiducia nelle Sue mani. Maria dice ai servitori delle nozze: “Qualsiasi cosa vi dica, fatela”. Immaginate la scena: Gesù dice loro di riempire le giare d’acqua e di e attingerla con le brocche per servire i tavoli … Eppure, questi uomini si fidano. Anche nella nostra vita ci imbattiamo in situazioni che apparentemente sembrano estranee a Dio, ma attraverso la fiducia nella Sua presenza, queste situazioni possono rivelarsi manifestazioni della presenza divina, volta a portare festa e gioia a ogni persona. All’inizio di questo cammino di fede ordinario che stiamo vivendo, lasciamoci sorprendere dai modi creativi con cui Dio si pone accanto a noi. Chiediamo al Signore di affinare i nostri occhi per riconoscerlo e i nostri cuori per accoglierlo. Amen.

… ed è ancora Epifania

12 gennaio 2025 | Battesimo di Gesù |

… ed è ancora Epifania!

Sono passati 30 anni da quel giorno in cui Maria e Giuseppe sperimentarono la Grazia di Dio entrare nelle loro vite: riconosciuta dai pastori, cantata dagli angeli, adorata dai Magi. In questi 30 anni sono successe tante cose: il battesimo con le prime profezie sulla Sua sofferenza; la fuga in Egitto; il ritorno a Nazareth; la perdita di Gesù a Gerusalemme quando lui aveva 12 anni; ma poi chissà quanti ricordi nella mente di Maria e di Giuseppe: chissà quanti pannolini cambiati, quante notti insonni, quante preoccupazioni per una malattia, per un malore, quante ginocchia sbucciate, tutti i perché a cui avranno dovuto rispondere, quante sgridate per i capricci … e la fatica dell’adolescenza …

Chissà, forse Maria e Giuseppe qualche volta si saranno chiesti quando questo Dio bambino (per loro questo era una certezza) avrebbe iniziato il suo “lavoro divino”, quando questa bella notizia finalmente si sarebbe rivelata platealmente al mondo e in che modo sarebbe successo.

A 30 anni Gesù probabilmente sente parlare di questo Giovanni, che tra l’altro era suo cugino, un tipo un po’ strano che predica un battesimo diverso da quello di tutti gli altri, parla di conversione, di perdono dei peccati, parla dell’imminente arrivo del Messia; Gesù è forse incuriosito o forse qualcosa lo attira in quella valle, lungo il Giordano. È così che Gesù si mischia alla folla, è così che Gesù si mischia a coloro che si riconoscono peccatori, e prega, si immerge in quell’acqua ma è già immerso nella preghiera. Forse è proprio qui che Gesù prende pienamente consapevolezza della sua missione, forse è proprio qui che Gesù sente dentro di sé la sua divina identità.

La bella notizia di cui parla il profeta Isaia è proprio questa ed è la stessa che abbiamo sentito il giorno del Natale: Dio si prende cura dell’uomo a partire dal basso, dalla profondità del peccato, per farlo risalire alla Gloria della santità.

Gesù non detta il suo messaggio dall’alto di qualche pulpito, Gesù mostra il suo messaggio stando in mezzo a coloro che si accorgono di aver bisogno di consolazione e quindi di salvezza.

È duplice, dunque, per noi il messaggio di questa epifania di Dio.

A noi che ci riconosciamo bisognosi di essere risollevati dalla polvere Dio stende il suo braccio e ci fa assaporare la sua presenza; e a noi che siamo in cammino accanto a Lui e che quotidianamente sperimentiamo la dolcezza della sua presenza chiede di divenire noi stessi Epifania di Lui. Già perché nel nostro battesimo siamo stati innestati in Cristo, nella sua morte e nella sua Risurrezione; i frutti di quel primo germoglio che oggi ricordiamo, il battesimo di Gesù nel fiume Giordano, li possiamo raccogliere nelle nostre esistenze.

“Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento”; sono le parole con cui si esprime la manifestazione di Dio tra gli uomini, sono le parole che spingono Gesù a donarsi totalmente a quel Padre così lontano ma così vicino nell’Amore; oggi quelle parole sono per ciascuno di noi: Tu sei il figlio mio, l’amato. È questa la bella notizia che siamo chiamati a portare nel mondo, è questa la consolazione che Dio offre a ogni uomo e ad ogni donna della storia.

Nelle vostre vite siate epifania di Dio! Amen.

Caccia al tesoro con sorpresa | 6 gennaio 2025

6 gennaio 2025 | Epifania del Signore |

Caccia al tesoro con sorpresa

Festeggiamo oggi il giorno dell’Epifania del Signore, ovvero il giorno della manifestazione di Dio agli uomini.

Dovrebbe essere una festa da celebrare ogni giorno della storia perché ogni giorno Dio si manifesta a ciascuno di noi, ma non sempre siamo in grado di accorgerci di Lui!

I Magi dell’oriente ci fanno da maestri; questi astronomi, scrutatori degli astri e delle scritture antiche ci insegnano come riconoscere i semi della presenza di Dio nella sua creazione; non solo, hanno saputo anche incontrarsi e collaborare tra di loro, hanno messo in comune i loro saperi e le loro capacità e si sono spalleggiati e sostenuti lungo il cammino, non in una gara a chi arriva prima al tesoro ma in un pellegrinaggio verso l’unica mèta; ancora, questi sapienti hanno saputo ascoltare gli uomini che hanno incontrato per strada e gli angeli che in sogno hanno suggerito loro la via migliore.

Quante cose hanno da insegnarci questi uomini!

Tuttavia, c’è un momento fondamentale in questo loro peregrinare che deve interrogarci più di tutti: perché sono partiti? perché hanno lasciato i loro comodi palazzi? Perché hanno intrapreso un viaggio con così tante incognite e con chissà quali ostacoli?

All’inizio del loro percorso c’è sicuramente un desiderio e una certezza: hanno scrutato i cieli con il desiderio di scorgere il segno di un cambiamento importante nella storia (il desiderio ha sempre a che fare con le stelle, de-sidera); la loro certezza era che, in un mondo senza stelle, stava per nascere la stella guida per tutti i popoli.

Quante volte anche noi ci troviamo dispersi e senza una stella da seguire, quante volte ci troviamo a vivere in questa notte che pare non avere confini; e ci sentiamo soli, abbandonati.

I Magi oggi ci invitano a scrutare senza paura il cielo e le stelle, come già Abramo (guarda il cielo e conta le stelle …– Gen 15); Dio non lo troviamo nella nostra mente, lo possiamo vedere solo nelle sue impronte che troviamo nella creazione: il cielo, le stelle, la natura, l’intelligenza degli uomini, gli uomini e le donne di ogni tempo, le sacre scritture che generazioni e generazioni di credenti si sono tramandate nelle più svariate culture … quante impronte di Dio abbiamo sotto gli occhi e noi siamo ciechi, non le vediamo!

E se come i Magi fossimo capaci di lasciare le nostre comode abitazioni, per avventurarci in questa magnifica caccia al Tesoro, faremo la scoperta delle scoperte: Dio non è proprio come quello che ho nella mia testa, Dio è in grado di stupirmi in una presenza umile, semplice, inutile, banale … come quella di un bambino in una umile dimora.

Una caccia al tesoro, quella della fede, che non può che lasciarci a bocca aperta, una caccia al tesoro nella quale certamente mi stupirò di riconoscere in quel piccolo bambino il Re (l’oro), il Dio (l’incenso), il Salvatore (la mirra); da solo non sarei mai riuscito in questa impresa, solo al termine di questo pellegrinaggio condiviso i miei occhi sono pronti a riconoscerlo.

Signore Gesù,
Re dell’Universo,
ti offro il mio oro,
ciò che di più prezioso ho,
la mia vita,
un giorno tu la diedi a me,
ora te la riconsegno come dono d’Amore.

Signore Gesù,
Dio eterno fatto uomo,
ti offro il mio incenso,
le mie preghiere salgano a te,
accoglile e realizzale nel mistero del tuo Amore.

Signore Gesù,
Salvatore dell’umanità sofferente,
ti offro la mia mirra,
le mie azioni,
questo prezioso profumo
sia sempre gradito a te
e sia nel mondo
segno prezioso della tua Presenza.
Amen.

La nostra vita: mistero d’Amore | 5 gennaio 2025

5 gennaio 2025 | 2^ Domenica dopo Natale |

La nostra vita: Mistero d’Amore

E il Verbo si fece carne
e venne ad abitare in mezzo a noi.

Sembrano queste le parole chiave di questa 2 domenica dopo Natale, parole che rafforzano il messaggio natalizio, parole che ci aiutano a riflettere sulla presenza continua di Dio nella storia dell’umanità.

Gesù non è nato una volta per sempre 2025 anni fa ma nasce continuamente nella storia cercando di portare luce in mezzo alle tenebre che noi creiamo.

Nasce nel grembo di Maria e nasce in ciascuna delle storie di chi ha il coraggio di accoglierlo; viene deposto nella mangiatoia all’interno di una grotta e allo stesso modo trova un alloggio di emergenza nelle case di cloro che lo riconoscono e gli aprono la porta; viene testimoniato da Giovanni e viene testimoniato oggi da coloro che hanno accolto il suo Amore e non possono fare altro che dirlo al mondo.

È Natale in ciascuna delle nostre esistenze se abbiamo il coraggio di lasciar spazio nella nostra vita a Colui che è la fonte della Vita.

Nella storia dell’umanità in tanti si sono soffermati sulle splendide parole del prologo di Giovanni e in tanti, ammaliati dai misteri in esse raccontati, si sono lasciati travolgere dall’Amore di Dio e si sono convertiti a Lui.

Quanti sforzi facciamo per dire Dio, per cercare di spiegarlo, per fare in modo che tutti possano comprenderlo. Ma Dio non ha bisogno di tutto questo; Dio non può essere compreso, figuriamoci se possiamo spiegarlo! Dio chiede solo di essere accolto nel suo mistero di Amore, quello stesso mistero che possiamo vivere nella relazione con i nostri fratelli; quello stesso mistero che ci investe ogni volta che ci accorgiamo della sua presenza.

Cosa mai potremmo spiegare della grandezza di Dio? Noi siamo quelle tenebre nelle quali la Luce vuole porre la sua dimora. Sembra una richiesta fuori luogo; eppure, Dio sa che in ciascuno di noi c’è la possibilità di poterlo accogliere, perché da lui siamo stati creati, perché a lui stiamo tornando.

La nostra vita è un mistero d’Amore: dall’amore siamo stati creati e verso l’Amore stiamo andando; ciò che ci troviamo a vivere ogni giorno sono i riflessi di questa eternità d’Amore di cui siamo parte e che con difficoltà riusciamo a comprendere.

Signore Gesù,
Verbo eterno del Padre,
Luce che brilla dall’eterno,
rischiara le nostre grige giornate;
fa che i nostri occhi,
curati dall’unguento del tuo Amore,
possano riconoscere i semi della tua presenza
nella nostra storia
e nella storia di chi ci sta accanto;

possano in nostri cuori,
rianimati dal tuo Amore,

accogliere il tuo desiderio
di dimorare tra noi.
Possano le nostre vite,
plasmate dalla tua presenza,
essere testimonianza concreta
del tuo esserci
nella storia dell’umanità.
Amen.

Domenica 29 dicembre 2024

29 dicembre 2024 | S. Famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe – anno C |

Il “per sempre” che forma la comunità

Sembra quasi fuori moda oggi parlare di famiglia, eppure in questa domenica tra l’ottava di Natale, ovvero all’interno di quegli otto giorni che sono il giorno del Natale, la liturgia ci propone la riflessione sulla santa famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe.

Oggi è più facile parlare di convivenza che non di famiglia, così come è più facile parlare di compagno/compagna piuttosto che di marito o di moglie. Se vogliamo essere sinceri fino in fondo la famiglia di Maria e Giuseppe non era poi così canonica come pensiamo. Sappiamo che erano fidanzati e che, probabilmente, il matrimonio venne festeggiato in fretta e furia al ritorno di Maria dalla casa della cugina Elisabetta ad Ain Karen (“Destatosi dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’angelo del Signore e prese con sé la sua sposa” – Mt 1,24-25), inoltre sappiamo che Gesù è figlio di Maria ma non di Giuseppe e nonostante questo Maria non ha esitato a chiamare Giuseppe “padre di Gesù”. Nonostante questa situazione tutt’altro che chiara, la loro storia è stata pienamente accolta dalla comunità di Nazareth al punto tale che durante il rientro da Gerusalemme, dopo la festa di Pasqua, Maria e Giuseppe non si preoccupano neppure di verificare la presenza di loro figlio, doveva per forza essere assieme agli altri bambini della carovana.

Quando parliamo di “famiglia”, a differenza della convivenza, ci sta il riconoscersi parte di una società, di una comunità, di una famiglia ben più grande della quale potersi fidare, nella quale crescere e camminare insieme.

Penso che la crisi della famiglia oggi sia riconducibile alla crisi della comunità. Sempre più le nostre famiglie sono cellule isolate in mezzo a gente estranea; i nostri bambini crescono con la paura di incontrare il vicino di casa con il quale quotidianamente la mamma e il papà litigano per sciocchezze; i nostri anziani sono sempre più soli e abbandonati anche se abitano in condomini con decine di altre persone: è la crisi della società, e se vogliamo usare un termine più ecclesiale, è la crisi della comunità.

Perché sposarsi se il matrimonio resta un evento privato? Certo, facciamo feste così faraoniche che il solo costo mette i brividi, ma il matrimonio non è il momento in cui ci sediamo a tavola a mangiare, il matrimonio è il momento in cui ci si promette “amore per tutta la vita”. Chi è invitato o chi partecipa alla cerimonia (che sia essa civile o religiosa)? Pochi parenti, a volte giusto il minimo sindacale.

Il matrimonio, quel sì pronunciato davanti alla comunità di cui faccio parte (che sia la società in cui vivo o la comunità ecclesiale a cui appartengo) rende più ricca la comunità stessa e ci impegna tutti a sostenerci nelle gioie e nelle sofferenze. Il matrimonio non può mai essere questione privata, è sempre un evento di popolo. È per questo che Maria e Giuseppe non si preoccupano del giovane Gesù.

Un tempo anche i nostri figli erano cresciuti dai vicini di casa; un tempo un adulto qualsiasi per strada poteva riprendere le marachelle di un qualsiasi bambino; un tempo i bambini giocavano serenamente per le strade dei nostri paesi.

Penso che celebrare oggi la festa della sacra famiglia di Nazareth significhi cercare di riportare il centro della nostra attenzione sulle nostre comunità, sulla nostra società. Oggi siamo invitati a riconoscere i semi dell’amore che Dio sparge nei cuori di tante giovani coppie affinché si sentano accolte e amate così come sono, sarà poi questo nostro amore ad aiutarle a sigillare e a rendere pubblico il “per sempre” del loro amore che già li ha uniti.

Sabato 28 dicembre 2024

SABATO 28 DICEMBRE | Ottava di Natale – Ss. Innocenti,

Dal Vangelo di Matteo (2,13-18)

I magi erano appena partiti, quando un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe e gli disse: “Àlzati, prendi con te il bambino e sua madre, fuggi in Egitto e resta là finché non ti avvertirò: Erode infatti vuole cercare il bambino per ucciderlo”.

Egli si alzò, nella notte, prese il bambino e sua madre e si rifugiò in Egitto, dove rimase fino alla morte di Erode, perché si compisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: “Dall’Egitto ho chiamato mio figlio”.

Quando Erode si accorse che i Magi si erano presi gioco di lui, si infuriò e mandò a uccidere tutti i bambini che stavano a Betlemme e in tutto il suo territorio e che avevano da due anni in giù, secondo il tempo che aveva appreso con esattezza dai Magi. Allora si compì ciò che era stato detto per mezzo del profeta Geremia: “Un grido è stato udito in Rama, un pianto e un lamento grande: Rachele piange i suoi figli e non vuole essere consolata, perché non sono più”.

COMMENTO

C’è un limite alla follia dell’uomo? Direi proprio di no. Continuiamo a dire che le cose andavano meglio un tempo ma le Scritture pare affermino il contrario. L’uomo di oggi come l’uomo di ieri è ripiegato su sé stesso a discapito dei più deboli che incontra sulla propria strada.

Come può intervenire Dio in questa storia di egoismi e prepotenze?

Dio entra nel silenzio (la notte di Natale) e lavora nelle profondità della terra (il sepolcro Pasquale).

Dio non fa lo stesso gioco dell’uomo imponendo con la violenza la sua presenza, ma prende in mano le righe storte che l’uomo disegna nel quaderno della storia per scrivere meravigliose storie di vita. È così che Dio si fa profugo, è così che Dio decide di crescere in terra straniera, è così che Dio decide di farsi compagno di viaggio di tutti coloro che soffrono a causa dell’egoismo di pochi potenti che tengono in mano le redini dell’umanità. Ricordare in un solo giorno le sorti di tanti innocenti che nella storia hanno subito le conseguenze dirette o indirette dei capricci di qualche potente non può che scuotere la nostra coscienza. Non si tratta di commuoverci, né di aumentare il nostro senso di impotenza, né tantomeno di arrabbiarci con il sistema. Oggi il Vangelo ci insegna l’importanza dei piccoli gesti, l’importanza delle scelte quotidiane, la necessità di tenere uno sguardo bello sulla storia che andiamo a vivere, perché solo nei piccoli gesti di amore possiamo porre fine all’ingordigia dei potenti e dire al mondo che un modo nuovo di vivere la vita esiste.

Venerdì 27 dicembre 2024

VENERDÌ 27 DICEMBRE | Ottava di Natale – S. Giovanni, apostolo ed evangelista

Dal Vangelo di Giovanni (20,2-8)

Il primo giorno della settimana, Maria di Magdala corse e andò da Simon Pietro e dall’altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: “Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto!”. Pietro allora uscì insieme all’altro discepolo e si recarono al sepolcro. Correvano insieme tutti e due, ma l’altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro. Si chinò, vide i teli posati là, ma non entrò. Giunse intanto anche Simon Pietro, che lo seguiva, ed entrò nel sepolcro e osservò i teli posati là, e il sudario – che era stato sul suo capo – non posato là con i teli, ma avvolto in un luogo a parte. Allora entrò anche l’altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette.

COMMENTO

Di Giovanni si dice che, entrando nel sepolcro, “vide e credette”; che cosa vide se non ciò che anche Pietro vide? Eppure, di Giovanni si dice che “credette”, di Pietro no. Non è il “cosa” ma il “come vide”. Giovanni, il discepolo amato, riuscì a vedere con gli occhi della fede, Pietro aveva ancora il cuore offuscato dalla delusione. Giovanni, infatti, riuscì a stare accanto a Gesù fin sotto la croce assieme a Maria, Pietro fino al cortile del sommo sacerdote, poi crollò, rinnegò e scappò.

In questo giorno natalizio, la liturgia ci propone la forza dell’Amore dell’apostolo Giovanni. In quell’amore è possibile superare le assurdità della violenza umana, in quell’amore è possibile vedere ciò che all’uomo è difficile vedere. Solo in questo Amore è possibile abbandonarsi alla fedeltà cieca, solo in quest’amore è possibile essere protagonisti di eventi impensabili e incomprensibili. Preghiamo perché ciascuno di noi e ogni credente possa, sull’esempio di Giovanni, restare fedele al Signore, qualsiasi cosa accada nella storia, e, in questa fedeltà, possiamo divenire veri testimoni dell’Amore. Amen.

Giovedì 26 dicembre 2024

GIOVEDÌ 26 DICEMBRE | Ottava di Natale – S. Stefano, primo martire

Dal Vangelo di Matteo (10,17-22)

Guardatevi dagli uomini, perché vi consegneranno ai tribunali e vi flagelleranno nelle loro sinagoghe, e sarete condotti davanti a governatori e re per causa mia, per dare testimonianza a loro e ai pagani. Ma, quando vi consegneranno, non preoccupatevi di come o di che cosa direte, perché vi sarà dato in quell’ora ciò che dovrete dire: infatti non siete voi a parlare, ma è lo Spirito del Padre vostro che parla in voi.

Il fratello farà morire il fratello e il padre il figlio, e i figli si alzeranno ad accusare i genitori e li uccideranno. Sarete odiati da tutti a causa del mio nome. Ma chi avrà perseverato fino alla fine sarà salvato.

COMMENTO

Proprio ieri abbiamo festeggiato la nascita di Gesù ed oggi è ancora il giorno di Natale, almeno così la liturgia ci insegna, perché dunque non continuiamo a fare festa ma immediatamente ci viene offerto il ricordo di un martire, i primo di tutti i martiri?

In realtà è proprio il martirio che rende grande il Natale. Se quel bambino che contempliamo nella grotta di Betlemme non fosse morto in croce per ciascuno di noi, oggi noi non saremmo qui a ricordarlo!

Penso che festeggiare S. Stefano, primo martire di una lunga schiera che prosegue anche oggi di uomini e donne che hanno perso la vita proprio per testimoniare la propria fede, festeggiare questo martirio significa per ciascuno di noi ricordarci che essere seguaci di Cristo non è una favola a lieto fine. Oggi S. Stefano dice a tutti coloro che si lamentano del dovere essere sempre quelli che devono fare un passo indietro nelle discussioni, a coloro che si lamentano che devono sempre subire le ingiustizie da parte di qualcuno, a coloro che si lamentano di non essere riconosciuti in ciò che fanno … e a tanti altri che si lamentano della vita, oggi S Stefano ci dice che mettere in pratica il vangelo di Cristo, che è la misericordia continua, mette inevitabilmente nella situazione di subire cattiverie e anche persecuzioni in certe situazioni. Cosa farebbe Gesù Cristo in questa situazione? Questa è la domanda che dobbiamo porci quando ci troviamo difronte ad una ingiustizia. Il Signore certamente Ama, e tu?

NATALE | 25 Dicembre 2024

25 dicembre 2024 | Natale del Signore – anno C |

Questo per voi il segno

Penso che se dovessi trovare uno slogan per dire il cristianesimo direi che è la fede dei segni incomprensibili.

Provate a pensarci: i pastori nella notte vengono raggiunti da una schiera di angeli in festa, potrebbe essere benissimo questo il grande segno, invece no: “questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia”. Ma che segno è quello di un bambino? Un essere che per sopravvivere ha bisogno di tutto e di tutti …

Poi, se ricordate bene, al catechismo dovrebbero avervi insegnato che la nascita di Gesù è prefigurazione della sua morte. Beh, allora possiamo pensare che la grandezza e la potenza di Dio ci verranno mostrate pienamente in quel momento. Giriamo quindi velocemente le pagine del vangelo ed ecco, ci troviamo proprio al momento della sua morte ed ecco a voi il segno del grande Dio: un uomo sulla croce. Ma che segno è questo della potenza di Dio? Mi pare piuttosto il fallimento completo della sua esistenza.

Poi ci hanno anche insegnato che la sua potenza si mostra a noi nei sacramenti, in particolare nella sua divina presenza nell’eucarestia, segno potente di unità e di rigenerazione per ciascuno di noi. Proviamo a guardarla bene: ma è solo un pezzo di pane, tra l’altro così piccolo che non può neppure saziare il bisogno nutrizionale di un uomo solo.

Ma che Dio stiamo adorando noi oggi quì?

Come possiamo stare in questa casa che è la chiesa a cantare e lodare il grande, l’onnipotente, il creatore, se i segni che abbiamo della sua esistenza sono così deboli? Come poter credere?

Queste domande sono sempre più frequenti nella nostra società, non solo tra le nuove generazioni, ma anche tra coloro che per tanti anni hanno partecipato più o meno assiduamente alla liturgia.

Se non riusciamo a comprendere il segno della sua presenza allora è normale che nascano anche i dubbi sulla reale esistenza di Dio. Se non riusciamo a vedere il segno che i vangeli ci propongono allora di fronte agli accadimenti della storia resteremo soli e sperimenteremo l’abbandono di Dio: dov’è Dio quando gli uomini si uccidono l’un l’altro? Dov’è Dio quando i bambini vengono maltrattati? Dov’è Dio quando la gente muore di fame? Dov’è Dio quando intere popolazioni sono costrette ad abbandonare la propria terra? Dov’è Dio quando la natura sembra impazzire? Se lui è davvero così potente da aver creato tutto quanto esiste, perché non è anche in grado di “aggiustare” ciò che si è rotto?

Torniamo ancora un attimo nell’accampamento dei pastori del presepio, ma potrebbe davvero essere uno dei qualsiasi villaggi devastato dalle bombe, o una delle tendopoli dei profughi, o una qualsiasi delle case in cui si vive la violenza domestica, cosa accade un quell’accampamento? Quale è la bella notizia che gli angeli portano?

La bella notizia a questa:

Dio è qui, vicino a te, così vicino che si confonde con te per vivere la tua stessa situazione, per sperimentare le tue stesse fatiche, per prenderti per mano e rialzarti.

Questo è il grande segno:

il grande contrasto tra ciò che dovrebbe essere e ciò che è, il ribaltamento dei valori che rovescia i potenti dai troni e innalza gli umili.

Ecco allora il segno: se Dio decide di incarnarsi in un bambino significa che tutti noi, anche colui che agli occhi degli uomini vale meno di zero, abbiamo la dignità di Dio; se Dio decide di morire in mezzo ai malfattori più incalliti significa che per ogni uomo, anche per quello che ai nostri occhi pare non avere più nessuna speranza, c’è una possibilità di riscatto; se Dio decide di restare presente in mezzo agli uomini in un piccolo pezzo di pane significa che Dio è alla portata di tutti.

Provate a pensare se i segni fossero altri: se fosse nato in un grande palazzo regale … avrebbe ulteriormente gonfiato il potere; se fosse morto nel letto di un ospedale sotto le cure dei più grandi medici del tempo … chi darebbe speranza all’uomo più disperato? Se Dio restasse presente in mezzo a noi in un oggetto prezioso ed unico, come potrebbe essere alla portata di tutti, anche dei più poveri?

In questo Natale Dio vuole ricordarci che la sua presenza non è un evento eclatante così da attirare gli sguardi di tutti ma è visibile nei gesti ordinari dell’amore condiviso.

Cari fratelli e sorelle, oggi festeggiamo la nascita di Gesù nella storia, è l’evento che più di tutti ha cambiato le sorti dell’umanità, la sua nascita ha diviso la storia in due, prima e dopo Cristo; ogni giorno però Dio ti chiede il permesso di nascere nella tua storia affinché i più poveri, i più disperati, i più increduli possano fare esperienza della sua presenza attraverso quell’amore che solo tu puoi offrire loro.

Questo per voi il segno: ciascun uomo e ciascuno donna che hanno il coraggio di rovesciare le abitudini di una società troppo incentrata su sé stessa, divenendo segni certi di un Amore che sa stare vicino a tutti secondo il bisogno di ciascuno.

Che Dio oggi possa nascere in ciascuno di voi, come è nato in Maria, come è nato nella grotta di Betlemme. Auguro a tutti voi di essere nella vostra storia segni visibili dell’Amore di Dio.

Buon Natale.

Martedì 24 dicembre 2024

Benedetto il Signore, Dio di Israele

MARTEDÌ 24 DICEMBRE | 8° giorno della novena

Dal Vangelo di Luca (1,67-79)

Zaccaria, padre di Giovanni, fu colmato di Spirito Santo e profetò dicendo: “Benedetto il Signore, Dio d’Israele, perché ha visitato e redento il suo popolo, e ha suscitato per noi un Salvatore potente nella casa di Davide, suo servo, come aveva detto per bocca dei suoi santi profeti d’un tempo: salvezza dai nostri nemici, e dalle mani di quanti ci odiano. Così egli ha concesso misericordia ai nostri padri e si è ricordato della sua santa alleanza, del giuramento fatto ad Abramo, nostro padre, di concederci, liberati dalle mani dei nemici, di servirlo senza timore, in santità e giustizia al suo cospetto, per tutti i nostri giorni. E tu, bambino, sarai chiamato profeta dell’Altissimo perché andrai innanzi al Signore a preparargli le strade, per dare al suo popolo la conoscenza della salvezza nella remissione dei suoi peccati. Grazie alla tenerezza e misericordia del nostro Dio, ci visiterà un sole che sorge dall’alto, per risplendere su quelli che stanno nelle tenebre e nell’ombra di morte, e dirigere i nostri passi sulla via della pace”.

COMMENTO

Nel silenzio Zaccaria ha potuto lasciarsi avvolgere dal mistero di Dio che, nel concepimento di Giovanni, ha trovato ospitalità nella sua casa. Chissà quanti pensieri in quei mesi, quanti ricordi saranno passati nella sua mente, Zaccaria ha potuto così rileggere tutta la sua storia alla luce del mistero che lo circondava. Chissà che sorpresa per lui, sacerdote di Israele, accorgersi di quanto Dio stava facendo da tempo nella sua vita e i suoi occhi non erano mai riusciti a riconoscerlo!

Appena la sua lingua si scioglie non può fare a meno di innalzare a Dio una lode di benedizione. Ora che ha avuto il coraggio di accogliere l’impossibile il suo cuore esplode di gioia e lui stesso diviene segno della presenza di Dio tra gli uomini.

Ormai il Natale è alle porte, solo nel silenzio dell’attesa possiamo allenare i nostri sensi a riconoscere il Dio della vita che irrompe nella storia dell’umanità. Concediamoci quest’oggi un istante di silenzio, in questo tempo teniamo fisso lo sguardo sul presepio, lasciamo che Dio entri nella nostra storia per poterlo lodare insieme agli angeli del cielo. Amen.