1 | Prendete il largo e gettate le reti
La chiamata
Dal Vangelo di Luca (5,1-11)
Mentre la folla gli faceva ressa attorno per ascoltare la parola di Dio, Gesù, stando presso il lago di Gennèsaret, vide due barche accostate alla sponda. I pescatori erano scesi e lavavano le reti. Salì in una barca, che era di Simone, e lo pregò di scostarsi un poco da terra. Sedette e insegnava alle folle dalla barca.
Quando ebbe finito di parlare, disse a Simone: “Prendi il largo e gettate le vostre reti per la pesca”. Simone rispose: “Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla; ma sulla tua parola getterò le reti”. Fecero così e presero una quantità enorme di pesci e le loro reti quasi si rompevano. Allora fecero cenno ai compagni dell’altra barca, che venissero ad aiutarli. Essi vennero e riempirono tutte e due le barche fino a farle quasi affondare. Al vedere questo, Simon Pietro si gettò alle ginocchia di Gesù, dicendo: “Signore, allontànati da me, perché sono un peccatore”. Lo stupore infatti aveva invaso lui e tutti quelli che erano con lui, per la pesca che avevano fatto; così pure Giacomo e Giovanni, figli di Zebedeo, che erano soci di Simone. Gesù disse a Simone: “Non temere; d’ora in poi sarai pescatore di uomini”. E, tirate le barche a terra, lasciarono tutto e lo seguirono.
La folla ha seguito Gesù fin lì, in riva al lago, per ascoltare la sua parola di salvezza, proprio come il popolo aveva seguito Mosè uscendo dall’Egitto fin sulla riva del Mar Rosso. Al seguito di Mosè come al seguito di Gesù il popolo è chiamato a fare un salto di fiducia: dobbiamo entrare attraversare l’acqua per poterci salvare. Ma noi non siamo pesci … come fare? Nell’Esodo Mosè compì il grande miracolo della separazione delle acque e il popolo, camminando negli abissi prosciugati, poté, sulla fiducia, passare all’altra riva e salvarsi; nel Vangelo Gesù propone un’altra via di uscita: una piccola barca che, galleggiando sull’acqua, può salvarci.
Quante volte cerchiamo la salvezza sperando in grandi segni: guarigioni, madonnine che piangono, segni nel cielo … Gesù ci chiede di fidarci di una piccola barca di pescatori, la Chiesa.
L’insegnamento che Gesù compie su questa barca sembra assurdo: ad un gruppo di pescatori esperti, che per di più stavano rientrando da una notte di lavoro inutile, non avevano preso nulla, Gesù chiede di riprendere il largo e di gettare di nuovo le reti. La risposta avrebbe potuto essere come quella di Zaccaria all’annuncio della nascita del figlio Giovanni (Lc 1,8ss.), o come quella di Filippo a cui viene chiesto di andare a predicare in mezzo al deserto nell’ora più calda della giornata (At 8,26ss); invece a risposta di Simone è a metà strada tra l’obiezione di Zaccaria e la risposta di Maria (Lc 1,38). La domanda sottesa da Pietro è “ma come è possibile?” … “ma sulla tua parola…”.
La vita ci pare spesso un fallimento o inutile ma Gesù pare proprio dirci: guarda che è in questo fallimento, è in questa inutilità che io posso agire.
C’è poi la grande sorpresa: obbedendo a Gesù (“sulla tua parola”) Simone fa un’esperienza nuova. Quella rete così carica di pesci è l’esperienza dell’inaspettato e del non più sperato che i discepoli fanno dopo la Pasqua.
Il termine greco usato per dire il riempimento delle reti è lo stesso che viene usato per indicare il concepimento di Maria. L’esperienza di abbandonarsi alla Parola di Gesù è un vero e proprio concepimento. La pesca fatta con le reti è per la vita non per la morte, i pesci non vengono uccisi ma raccolti per essere portati in altre acque (per esempio).
Cristo ci raccoglie nelle sue reti per strapparci dalle profondità marine in cui viviamo e farci così assaporare la luce e il calore del sole che risplende sempre alto nel cielo, è la luce della Pasqua.
Noi siamo quei pesci ma noi siamo anche quei pescatori che devono sapersi fidare della Parola di Gesù.
In ultimo. Simone è ancora Simone il pescatore anche se di uomini. Gesù non lo ha ancora rinominato Pietro. Dovrà ancora più volte riconoscere la sua incapacità e la sua poca fiducia prima di avere l’umiltà necessaria per poter essere la Pietra sulla quale Cristo fonda la sua Chiesa. Simone è l’unico a guidare la barca ma è solo assieme ai suoi soci che può fare una buona pesca.
Quante volte anche noi pensiamo di poter salvare il mondo, proprio come Simone, ma quante volte anche a noi serve il richiamo di marciana memoria “va dietro di me, Satana!” (Mc 8,33).
- La folla che abbiamo visto in riva al lago è sparita, forse ha avuto paura di ciò che Gesù stava loro chiedendo, forse hanno creduto meglio fare altro, forse …
Gesù chiede anche a te di fidarti.
Oggi più che mai ti chiede di affidarti alle sue cure in questa casa; ti chiede di non tenere più in mano il timone della tua vita ma di fidarti e affidarti alla guida che lui ti offre attraverso le consorelle e il personale che ti sta attorno. Come vivi questa nuova situazione? - Dopo tanti anni trascorsi nelle faccende al servizio degli altri, oggi ti viene chiesto di fermarti. La vita senza più mansioni appare inutile e infruttifera. È proprio in questa situazione che Gesù può agire regalandoci i frutti della Pasqua. Simone da pescatore è diventato pescatore di uomini, tu da religiosa attiva puoi diventare religiosa contempl-attiva. Medita sui frutti pasquali che la tua preghiera oggi può portare nel mondo.
- Vivere le une accanto alle altre non è certo semplice ma più difficile è riuscire a portare a vivere la Parola di Dio nella solitudine. Siete una famiglia ed insieme siete chiamate a portare avanti il carisma del vostro santo fondatore. Si è tentate di sentirsi indispensabili, brave, utili più di tutte le altre ma la realtà è che noi stessi, prima di poter diventare pescatori dobbiamo sentirci bisognosi di essere pescati. Preghiamo per il grande dono dell’obbedienza perché solo nelle mani di altri possiamo fare l’esperienza di crescere nell’Amore del Padre.
2 | Si alzò e andò in fretta
La visitazione
Dal Vangelo di Luca (1,39-45)
In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda. Entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo. Elisabetta fu colmata di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: “Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto”.
Maria è appena stata riempita della grazia dello Spirito Santo e corre in fretta dalla cugina Elisabetta attraversando la Palestina. In poche righe il testo risolve questo passaggio di luogo ma provate a pensare cosa ci sta dietro. Maria è incinta, ha appena ricevuto la bella notizia che la cugina finalmente avrà un figlio e deve prendere la decisione di percorrere 150 km a piedi per andare a gioire insieme a Elisabetta. 150 km di deserto montuoso, esposta ad ogni pericolo, lei una giovane donna … sarà andata da sola? Sarà stata accompagnata da qualcuno? Questo il testo non lo dice.
Maria spinta dallo Spirito sente il bisogno di gioire con chi gioisce. Il Cristo che porta in grembo le fa superare ogni paura e difficoltà. I tempo sembra sparito e le distanze eliminate.
Seconda protagonista di questo brano è Elisabetta, o meglio, il bambino che questa porta in grembo. Il piccolo Giovanni nel grembo della madre sente la presenza di Maria ma soprattutto del piccolo Gesù che Maria ha in grembo. Giovanni non può restare indifferente a questa presenza e danza di gioia nel ventre di Maria, così come Davide danzò di gioia alla presenza dell’arca dell’alleanza (2Sam 6). È questa danza che testimonia ad Elisabetta la presenza di Dio. Elisabetta sente la voce di Maria ma è Giovanni che riconosce per primo e trasmette alla madre l’annuncio.
La presenza di Dio è portatrice di gioia e questa gioia diventa testimonianza della Presenza.
L’incontro e l’accoglienza di Dio non può che divenire benedizione. Maria accoglie in lei lo Spirito e porta il saluto di pace a Elisabetta (shalom), Elisabetta accoglie in casa Gesù e le sue parole divengono di benedizione per Maria (Benedetta tu…).
Il Cristo accolto non può che offrici occhi per vedere le meraviglie che ci sono nel mondo e parole per benedire la bellezza che Dio stesso ci ha regalato.
- Ogni giorno noi accogliamo Gesù dentro di noi attraverso la comunione eucaristica. Quali bisogni fa nascere in noi questa presenza? Sentiamo il bisogno di gioire con chi gioisce e di piangere con quelli che sono nel pianto (Rm 12,15)? Quali sfide sei disposta a superare per portare nel mondo di oggi la gioia di essere abitata da Cristo?
- Nella gioia Giovanni testimonia la presenza di Gesù. Quali azioni gioiose compi per dire alle sorelle e a coloro che abitano questa casa la Presenza che ti abita? Ti senti tabernacolo di Dio nel mondo?
- Accogliere Cristo significa ricevere nuovi occhi, nuovo cuore, nuove orecchie, nuova lingua: gli occhi di Cristo per vedere le sue meraviglie, il cuore di Cristo per Amare il mondo, le sue orecchie per ascoltare come lui solo sa ascoltare, una lingua per dire la sua Parola di benedizione. Come sono le mie relazioni con le sorelle, i dipendenti, i volontari … con tutti coloro che incontro ogni giorno?
- Iniziamo in questi giorni il cammino di avvento. Proviamo a prenderci un tempo per riuscire ad accogliere ogni giorno il Cristo che vuole abitare la nostra vita, perché accogliendolo possiamo portarlo nel mondo e divenire benedizione per gli uomini di oggi così assetati del Suo Amore.
3 | Ancora un anno
La conversione
Dal Vangelo di Luca (13,1-9)
1In quello stesso tempo si presentarono alcuni a riferirgli il fatto di quei Galilei, il cui sangue Pilato aveva fatto scorrere insieme a quello dei loro sacrifici. 2Prendendo la parola, Gesù disse loro: “Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subìto tale sorte? 3No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo. 4O quelle diciotto persone, sulle quali crollò la torre di Sìloe e le uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? 5No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo”.
6Diceva anche questa parabola: “Un tale aveva piantato un albero di fichi nella sua vigna e venne a cercarvi frutti, ma non ne trovò. 7Allora disse al vignaiolo: “Ecco, sono tre anni che vengo a cercare frutti su quest’albero, ma non ne trovo. Taglialo dunque! Perché deve sfruttare il terreno?”. 8Ma quello gli rispose: “Padrone, lascialo ancora quest’anno, finché gli avrò zappato attorno e avrò messo il concime. 9Vedremo se porterà frutti per l’avvenire; se no, lo taglierai”
Nella prima parte di questo brano di Luca possiamo leggere due fatti di cronaca.
Il primo è il caso di alcuni zeloti, nazionalisti, avversi ai romani che Pilato osò uccidere nel Tempio,
Il secondo è il caso di una torre caduta, possiamo dire che si tratta di un evento naturale, senza apparente responsabilità dell’uomo.
Di fatto si parla di morte e di giudizio. “Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei …?” (v.2) “credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme?” (v.4)
Dio dove sta in tutto questo? Perché non fa nulla? Magari possiamo comprendere che di fronte alla libertà umana di fare anche il male, Dio possa essere impotente, ma di fronte ad una catastrofe naturale …. ?
Potremmo anche prendere un qualsiasi quotidiano e di fronte alla cronaca porci le stesse domande. Perché Dio non ferma le guerre? Perché Dio o qualcuno dei potenti di questo mondo non uccidono i responsabili delle guerre?
Già, ma chi sei tu per poter emettere un giudizio? Chi sei tu per poter dire chi è nel giusto e chi è nell’errore?
E poi, uccidendo colui che magari tutti ritengono un pazzo con manie di grandezza, tu stesso diventi assassino.
E di fronte ad una catastrofe naturale, nella quale qualcuno si salva e qualcuno invece muore come puoi dire i primi sono più meritevoli dei secondi: Dio ha giudicato!
Sapete, durante la pandemia frasi di questo tipo le ho personalmente sentite da cristiani che fanno la comunione tutti i giorni!
Mi fa venire i brividi pensare ad un Dio vendicativo, un Padre che ammazza il proprio Figlio; personalmente scapperei immediatamente da un Dio così.
Come uscire dunque da questo empasse?
Come possiamo metterci da cristiani di fronte ai casi di cronaca?
Ci viene in soccorso la seconda parte del brano: la parabola del fico sterile.
Il fico è l’albero domestico della terra promessa. È l’albero che produce il suo dolce frutto senza mai passare attraverso i fiori. Simboleggia la Legge. Siamo noi, vigna del Signore, Chiesa a cui è affidato il raccolto del popolo eletto.
Il padrone della tenuta è il Padre che desidera che il suo lavoro porti frutto.
Il vignaiolo è il figlio, la misericordia del Padre.
Il padrone emette il giudizio secondo giustizia: non ha prodotto quindi taglialo (v.7); il vignaiolo esegue il comando secondo la misericordia: lascialo ancora quest’anno, io stesso mi prenderò cura di lui. (v. 8)
Questo anno è l’anno di grazia inaugurato a Nazareth (Lc 4,16ss); è il tempo in cui il Cristo agisce nella storia, nella nostra storia. Questo anno di grazia è il nostra vita terrena in cui, nonostante ciò che pensiamo, il Cristo si prende cura di noi.
Questa è la conversione a cui siamo chiamati. Di fronte alla storia, nostra e degli altri, dobbiamo scoprire la misericordia di Dio che guarda il mondo e soffre e piange con esso nel desiderio che porti frutti di vita e non di morte.
Solo con lo sguardo misericordioso del Padre potremo fermare le violenze e essere pronti ad ogni evento della storia.
- Ogni giorno ci troviamo di fronte a fatti di cronaca che ci fanno rabbrividire. Quali movimenti ha il mio cuore? Sono movimenti di risentimento, rabbia, rancore oppure di dispiacere, tristezza, dolore?
- Ogni giorno oltre ai fatti di cronaca sui giornali incrocio le storie di tante persone che condividono gli ambienti che vivo. È facile per me giudicare? Riesco ad avere uno sguardo di misericordia?
- La cronaca del mondo e le storie che incrocio sul cammino quotidiano diventano per me oggetto di preghiera, di affidamento al Padre?
- Quel fico sterile posso essere anche io. Lo sguardo di misericordia del Cristo è l’opportunità sempre nuova di ricominciare ogni volta che mi scopro nell’errore. Nella preghiera chiedo a Dio la capacità di avere questo sguardo sui fratelli..
4 | Senza mai stancarsi
La preghiera
Dal Vangelo di Luca (18,1-8)
1 Diceva loro una parabola sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi mai:
2“In una città viveva un giudice, che non temeva Dio né aveva riguardo per alcuno. 3In quella città c’era anche una vedova, che andava da lui e gli diceva: «Fammi giustizia contro il mio avversario». 4Per un po’ di tempo egli non volle; ma poi disse tra sé: «Anche se non temo Dio e non ho riguardo per alcuno, 5dato che questa vedova mi dà tanto fastidio, le farò giustizia perché non venga continuamente a importunarmi»”.
6E il Signore soggiunse: “Ascoltate ciò che dice il giudice disonesto. 7E Dio non farà forse giustizia ai suoi eletti, che gridano giorno e notte verso di lui? Li farà forse aspettare a lungo? 8Io vi dico che farà loro giustizia prontamente. Ma il Figlio dell’uomo, venendo, troverà la fede sulla terra?”.
0. Introduzione
Termina con questo brano la «Piccola apocalisse» di Luca; iniziata al 17,19, alla fine della parabola dei dieci lebbrosi con le parole “la tua fede ti ha salvato”, termina ora al 18,8 con l’interrogativo sulla fede: “Ma il Figlio dell’uomo, venendo, troverà ancora la fede sulla terra?”
Composizione del testo:
v.1 | didascalia dell’evangelista
vv. 2-5 | la parabola
vv. 6-8 | applicazione
1. Didascalia dell’evangelista
Il termine che indica la necessità è il termine usato in genere in rapporto con la morte e risurrezione di Gesù.
“Bisogna che il Figlio dell’uomo sia consegnato in mano ai peccatori, sia crocifisso e risorga il terzo giorno” Lc 24,7
“Non bisognava che il Cristo patisse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?” Lc 24,26
“bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo” Gv,3,14
La preghiera è una necessità perché opera la morte dell’io per lasciar posto a Dio.
Non c’è un tempo per pregare perché tutto il tempo deve essere vissuto in preghiera, ogni istante infatti è il momento della sua venuta.
Esiste solo un tempo nel quale Dio può manifestarsi e questo tempo è il presente. Il passato infatti appartiene alla storia e non è più, il futuro è nei sogni e non è ancora, solo il presente è il luogo vivo e vero per incontrare il Signore.
Vivere nella preghiera significa vivere alla presenza del Presente, dove il Presente è colui che arricchisce d’Amore le nostre esistenze e quindi non può che essere un dono, un presente appunto.
La preghiera è importante per l’uomo perché è desiderio di Dio e desiderarlo è il più grande dono che ci possa essere fatto; solo desiderando Dio possiamo entrare in relazione con lui: Dio è amore e l’amore non può desiderare altro che essere desiderato.
L’evangelista poi ci invita a non stancarci mai della preghiera. Sappiamo che Gesù riposava nello Spirito: dormiva poco e prima del sorgere del sole già era ritirato nel deserto per pregare, lì recuperava le energie per affrontare la giornata.
Spesso dedicare tempo alla preghiera lo consideriamo tempo perso: potremmo stare con gli ammalati, intessere buone relazioni, affiancare i ragazzi in difficoltà … perché dunque, perdere tempo nella preghiera?
Abbiamo detto che pregare è puro desiderio: non compio azioni, non faccio progetti, sto lì, nel silenzio, immobile … in questa sorta di “ozio” con facilità vengo assalito da fantasmi e paure che spesso innalzano un muro tra me e Dio; in questa situazione potrei facilmente scoraggiarmi e abbandonare la preghiera. In questo senso la preghiera è una sorta di lotta tra me e i fantasmi e le paure che mi abitano. In questa notte, che è la nostra vita, solo la preghiera può tenere acceso il desiderio del ritorno del Signore. Questo desiderio per il credente è ossigeno che ricolora ogni istante delle proprie giornate, è il cibo che ci dona la forza per affrontare le fatiche della vita.
La preghiera porta così già in sé il dono stesso che invoca: la presenza di Dio, il Presente che da senso alla storia, la mia storia.
2. La parabola
C’è un’immagine di Dio che ci perseguita da tempi ormai a noi lontani: l’immagine di un Dio giudice e castigatore. “Mi perdonerà Dio per ciò che ho fatto?”; “Sicuramente in paradiso non andrò ma chissà se almeno in purgatorio…”. Quante frasi come queste mi sono sentito dire in confessionale! È il giudice della parabola: “non temeva Dio né aveva riguardo per alcuno”. Questa immagine di Dio è la maschera satanica che la preghiera ci mostra nel cuore, è l’immagine di un Dio “ateo” sprezzante dell’uomo: non può che allontanarci dalla preghiera.
Secondo protagonista di questa parabola è la vedova. Immagine della Chiesa, immagine di ciascuno di noi. Ci sentiamo vedovi perché non riusciamo a percepire la presenza dello sposo (il Signore) nella nostra vita.
La preghiera insistente di questa vedova è la nostra preghiera; quante cose chiediamo a Dio ma quante si realizzano? Si perde così la speranza, aumentano così i dubbi: se Dio esiste perché non mi ascolta? Se davvero è così buono perché non esaudisce i miei desideri? Perché dunque pregare se poi non cambia nulla?
La preghiera è un esercizio di fede. Pregando con insistenza scopriamo che ciò di cui abbiamo davvero bisogno non è un qualcosa che Dio può darmi ma è la sua presenza, il suo esserci. Fine della preghiera quindi non è convincere Dio a fare ciò che fa comodo a me ma convertire il mio cuore affinché possa riconoscere la sua presenza nella mia esistenza.
3. Applicazione
Dio è giudice giusto, questo non significa che sia castigatore.
La giustizia di Dio è l’Amore del Padre verso ciascuno dei propri figli. Questo giudice tarda ad emettere il suo giudizio perché attende che noi lo attendiamo, lo desideriamo, lo cerchiamo.
La giustizia di Dio è l’abbandono fiducioso dell’amato nelle braccia dell’amante.
Sono tanti i modi in cui l’uomo può sperimentare la presenza di Dio nell’oggi della sua esistenza … ma siamo noi pronti a riconoscerlo? Questa è la domanda con cui termina questo piccolo brano di vangelo.
- · La mia preghiera: c’è la preghiera comunitaria ma non solo. Nelle mie giornate dedico del tempo per stare un po’ con il signore? Nel silenzio … nell’ascolto o nella lettura della sua Parola … nell’adorazione?
- · Quale immagine di Dio accompagna le miei preghiere? Un giudice pronto a castigarmi o un padre che mi attende a braccia aperte?
- · Quando prego lascio del tempo silenzioso affinché Dio abbia spazio per mettere ordine nei mei pensieri?
- · Preghiera è anche sperimentare la Sua presenza in ogni situazione che vivo durante le mie giornate. Come mi relaziono con i fratelli e le sorelle?
5 | Prese la ferma decisione
L’ultimo viaggio
Dal Vangelo di Luca (9,51-56)
51Mentre stavano compiendosi i giorni in cui sarebbe stato elevato in alto , egli prese la ferma decisione di mettersi in cammino verso Gerusalemme 52e mandò messaggeri davanti a sé. Questi si incamminarono ed entrarono in un villaggio di Samaritani per preparargli l’ingresso. 53Ma essi non vollero riceverlo, perché era chiaramente in cammino verso Gerusalemme. 54Quando videro ciò, i discepoli Giacomo e Giovanni dissero: “Signore, vuoi che diciamo che scenda un fuoco dal cielo e li consumi?”. 55Si voltò e li rimproverò. 56E si misero in cammino verso un altro villaggio.
Con questo brano di vangelo inizia la quarta sezione del racconto lucano. Il terzo evangelista organizza il suo racconto come se fosse un unico viaggio di Gesù verso Gerusalemme e quindi il Golgota.
Parte dalla Galilea, attorno al Lago di Tiberiade (- 800 mt slm) e arriva in Giudea, a Gerusalemme (750 mt slm). Una vera e propria ascesa, dagli abissi al paradiso! In questo viaggio incontra tutta l’umanità: le genti della Galilea, ai Samaritani (ebrei che venerano il Dio biblico pre-esilio in Babilonia) fino alla ortodossissima Giudea. Gesù vuole trascinare con se tutti.
Il brano di vangelo ci presenta ormai l’ultimo tratto di strada.
Gesù non vuole sorprendere nessuno quindi manda dei messaggeri (letteralmente degli angeli) ad annunciare la sua venuta.
A questo punto del cammino non può perdere tempo, tutto deve procedere senza intoppi e così, laddove non vogliono riceverlo non spreca né tempo né energie e va oltre.
Gesù è quindi rifiutato anche dagli esclusi, i samaritani. È per questo che Gesù è il più piccolo di tutti. Gesù è quel buon samaritano che compie il cammino contrario di tutti coloro che si allontanano da Gerusalemme.
Proprio il suo rifiuto evidenzia la misericordia del Padre e la diffonde ovunque, in attesa che sia accolta da tutti.
Gesù sa bene ciò che lo aspetta e indurisce il suo volto.
Questo volto è l’immagine di colui che non ha dubbi, è fermo sulle sue scelte. È il volto di colui che va incontro al suo “destino” senza paura.
Il volto deciso è il volto del profeta e del servo, il volto di colui che percorre la via dell’obbedienza e si indurisce, si rafforza in essa.
Salmo 27
1Il Signore è mia luce e mia salvezza:
di chi avrò timore?
Il Signore è difesa della mia vita:
di chi avrò paura?
2 Quando mi assalgono i malvagi
per divorarmi la carne,
sono essi, avversari e nemici,
a inciampare e cadere.
3 Se contro di me si accampa un esercito,
il mio cuore non teme;
se contro di me si scatena una guerra,
anche allora ho fiducia.
4 Una cosa ho chiesto al Signore,
questa sola io cerco:
abitare nella casa del Signore
tutti i giorni della mia vita,
per contemplare la bellezza del Signore
e ammirare il suo santuario.
5 Nella sua dimora mi offre riparo
nel giorno della sventura.
Mi nasconde nel segreto della sua tenda,
sopra una roccia mi innalza.
6 E ora rialzo la testa
sui nemici che mi circondano.
Immolerò nella sua tenda sacrifici di vittoria,
inni di gioia canterò al Signore.
7 Ascolta, Signore, la mia voce.
Io grido: abbi pietà di me, rispondimi!
8 Il mio cuore ripete il tuo invito:
“Cercate il mio volto!”.
Il tuo volto, Signore, io cerco.
9 Non nascondermi il tuo volto,
non respingere con ira il tuo servo.
Sei tu il mio aiuto, non lasciarmi,
non abbandonarmi, Dio della mia salvezza.
10 Mio padre e mia madre mi hanno abbandonato,
ma il Signore mi ha raccolto.
11 Mostrami, Signore, la tua via,
guidami sul retto cammino,
perché mi tendono insidie.
12 Non gettarmi in preda ai miei avversari.
Contro di me si sono alzàti falsi testimoni
che soffiano violenza.
13 Sono certo di contemplare la bontà del Signore
nella terra dei viventi.
14 Spera nel Signore, sii forte,
si rinsaldi il tuo cuore e spera nel Signore.
Che ci piaccia o no, il volto misericordioso del Signore è un volto che va incontro alla sofferenza. In questo possiamo dire senza dubbi che è pellegrino assieme ad ogni uomo e ad ogni donna della storia dell’umanità.
È facile fissare lo sguardo sul volto appena uscito dal centro di bellezza che troviamo in certi dipinti che la storia ci ha consegnato, è altrettanto facile però, difronte a questo volto sentirsi lontani e abbandonati nelle fatiche. Contemplare il volto sfigurato della sindone invece ci fa sentire in compagnia. Non siamo soli in questo cammino della vita che attraversa le profondità dell’esistenza per condurci sino al paradiso.
- Spesso ci sentiamo soli nel dolore e nelle fatiche della vita. Contempla il volto del Signore Gesù e prega il salmo 27.
- Il volto indurito di Gesù ci insegna ad affrontare la vita. Come affronto le fatiche, i dolori e le incomprensioni?
- Gesù mira a Gerusalemme senza perdere tempo là dove non vogliono ascoltarlo. Quale è la meta de nostro cammino? Come mi comporto davanti alle distrazioni del mondo e ai rifiuti?
- Il volto di Gesù è misericordiosamente indurito. Forse il nostro atteggiamento è più simile a quello dei discepoli …
6 | Camminava con loro
La comunità della Pasqua
Dal Vangelo di Luca (24,13-35)
13Ed ecco, in quello stesso giorno due di loro erano in cammino per un villaggio di nome Èmmaus, distante circa undici chilometri da Gerusalemme, 14e conversavano tra loro di tutto quello che era accaduto. 15Mentre conversavano e discutevano insieme, Gesù in persona si avvicinò e camminava con loro. 16Ma i loro occhi erano impediti a riconoscerlo. 17Ed egli disse loro: “Che cosa sono questi discorsi che state facendo tra voi lungo il cammino?”. Si fermarono, col volto triste; 18uno di loro, di nome Clèopa, gli rispose: “Solo tu sei forestiero a Gerusalemme! Non sai ciò che vi è accaduto in questi giorni?”. 19Domandò loro: “Che cosa?”. Gli risposero: “Ciò che riguarda Gesù, il Nazareno, che fu profeta potente in opere e in parole, davanti a Dio e a tutto il popolo; 20come i capi dei sacerdoti e le nostre autorità lo hanno consegnato per farlo condannare a morte e lo hanno crocifisso. 21Noi speravamo che egli fosse colui che avrebbe liberato Israele; con tutto ciò, sono passati tre giorni da quando queste cose sono accadute. 22Ma alcune donne, delle nostre, ci hanno sconvolti; si sono recate al mattino alla tomba 23e, non avendo trovato il suo corpo, sono venute a dirci di aver avuto anche una visione di angeli, i quali affermano che egli è vivo. 24Alcuni dei nostri sono andati alla tomba e hanno trovato come avevano detto le donne, ma lui non l’hanno visto”. 25Disse loro: “Stolti e lenti di cuore a credere in tutto ciò che hanno detto i profeti! 26Non bisognava che il Cristo patisse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?”. 27E, cominciando da Mosè e da tutti i profeti, spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui.
28Quando furono vicini al villaggio dove erano diretti, egli fece come se dovesse andare più lontano. 29Ma essi insistettero: “Resta con noi, perché si fa sera e il giorno è ormai al tramonto”. Egli entrò per rimanere con loro. 30Quando fu a tavola con loro, prese il pane, recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro. 31Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero. Ma egli sparì dalla loro vista. 32Ed essi dissero l’un l’altro: “Non ardeva forse in noi il nostro cuore mentre egli conversava con noi lungo la via, quando ci spiegava le Scritture?”. 33Partirono senza indugio e fecero ritorno a Gerusalemme, dove trovarono riuniti gli Undici e gli altri che erano con loro, 34i quali dicevano: “Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone!”. 35Ed essi narravano ciò che era accaduto lungo la via e come l’avevano riconosciuto nello spezzare il pane.
Siamo nel giorno della risurrezione, il terzo giorno dalla morte di Gesù e questi due discepoli non sanno attendere (son passati tre giorni, dicono). E mentre camminano, probabilmente per tornare alla loro vecchia vita, conversano e discutono tra loro. Anche se non hanno capito, non hanno dimenticato e quindi possono parlare tra di loro di quelle cose che hanno nel cuore; da questa conversazione emerge tutto il loro malumore, la loro delusione al punto tale che iniziano a discutere tra loro. Il punto di partenza è buono, parlano di Gesù, ma possiamo pensare che non sono ancora maturi abbastanza per riconoscere la sua presenza tra di loro e, in questa debolezza, il Divisore ci mette lo zampino; questa discussione è l’origine di un malcontento che, non curato, può portare ad affossare i ricordi del Maestro, ad allontanarli sempre più da Lui. Ecco quindi che Lui è lì in mezzo a loro ma i loro occhi erano impediti (impossessati) a riconoscerlo; è il lavoro del Divisore.
Il racconto che fanno allo sconosciuto che cammina con loro è l’esposizione del Kerygma. Sono dei bravi discepoli, conoscono bene la vita di Gesù ma … solo fino alla morte. Attraversare la morte fa paura ai due discepoli, è una porta troppo stretta da attraversare, c’è una speranza che è andata in fumo (noi speravamo), la croce è vista come la fine. Non che questi viandanti non abbiamo ricevuto l’annuncio della risurrezione, le donne lo hanno gia portato. Il pensiero di Dio è troppo grande affinché l’uomo possa comprenderlo e viverlo con facilità; Gesù non ci libera dal male e dalla morte ma nel male e nella morte!
La situazione di questi viandanti è proprio un po’ come la nostra!
L’intervento di Gesù scuote i discepoli e scuote noi. Stolti (senza testa) e lenti di cuore. Gesù ci ricorda la nostra condizione, come se stolti e lenti di cuore fosse il nostro nome abituale. Quante volte nella Bibbia Dio ha chiamato il popolo con l’appellativo “di dura cervice e dal cuore incrostato”! L’unico modo per riprendersi, per riattivare il battito del nostro cuore e per ampliare i nostri orizzonti è mettere al centro il Risorto; solo in questo modo è possibile riconoscere la morte come l’unico passaggio per entrane nella gloria. È dalla risurrezione che si illuminano tutte le scritture, non viceversa!
Gesù fa la sua catechesi ma non obbliga nessuno ad aderire, fa il gesto di andare oltre quella sosta che i viandanti volevano prendersi. La libertà di accogliere e meno e il tempo di questa accoglienza sta a ciascuno di noi. Resta con noi. Finalmente tutto quello che pensavano di aver perso sembra essere stato ritrovato, tutto ciò che non comprendevano inizia a delinearsi, quella brace che rischiava di spegnersi nei loro cuori riacquista vigore e quello straniero ormai è di casa, si preoccupano di lui, lo invitano a fermarsi con loro e gli preparano il pasto.
L’abbondante ascolto della Parola fa desiderare e comprendere lo spezzare del Pane. “Fate questo in memoria di me” aveva detto Gesù nell’ultima cena, ora i viandanti si riscoprono discepoli e riescono a riempire di significato quel gesto così ordinario e così semplice che avevano già visto ma non ancora compreso. A questo punto la presenza di Gesù può cambiare, il Dio-con-noi può diventare il Dio-dentro-di-noi; non lo vedono può con gli occhi ma lo sentono vivo e presente nel loro cuore. Una presenza nuova che supera ogni difficoltà e ogni paura. Il buio della notte non è più buio, questo “terzo” giorno che sembrava ormai gia terminato, troppo corto e troppo tristi per fermarsi in esso, ormai è diventato “l’ottavo” giorno, quello che non ha più fine. In quello stesso momento (è l’istante in cui risorgono dalle tenebre nelle quali si erano perduti) sentono che non possono stare lontani dalla comunità dei discepoli riuniti nel ricordo del Maestro e se all’inizio i loro ricordi li portavano a litigare tra di loro, ora, quegli stessi ricordi, li portano ad annunciare il Cristo morto e risorto.
- Quali malumori mi allontanano dal Risorto?
- Gesù non ci libera dal male e dalla morte ma nel male e nella morte. Quali sentimenti muove dentro di te questo pensiero?
- L’ascolto della Parola porta i viandanti ad accogliere in casa lo sconosciuto. Quali gesti quotidiani di Carità sono sostenuti dall’ascolto della Parola?
- Oggi anche noi siamo chiamati a sperimentare il Dio-dentro-di-noi. Quali sono le difficoltà nel vivere alla sua presenza nel quotidiano?