16 giugno 2024 | XI Domenica Tempo Ordinario – B
Mi pare che le letture di questa 11^ domenica del tempo ordinario, Pasqua della settimana siano portatrici di speranza.
Come credenti stiamo infatti vivendo, nel nostro Paese, un tempo di delusione; è facile sentire dagli “addetti ai lavori”, se così possiamo definirli, parole di rimpianto dei tempi passati, quando le chiese erano stracolme, quando le processioni invadevano le strade dei nostri paesi, quando la parola del parroco e del catechista aveva un peso, quando … eppure il Regno di Dio è già qui, in tutto questo, nella nostra quotidianità.
Il Regno di Dio è simile ad un uomo che getta il seme sul terreno … questo seme può dare vita ad una spiga oppure no, al seminatore non è dato di saperlo in anticipo. Noi siamo questo seme ma siamo anche questo terreno. Lui, il Seminatore ha fiducia che il buon seme della Parola possa portare frutto; Lui ha la certezza che i frutti di questo seme possano, con l’aiuto del vento, portare altri frutti in altri terreni. La Parola cerca di germogliare dentro di noi, il soffio dello Spirito desidera trasportare il frutto del fiore che siamo su altri terreni.
Noi, terreno e frutto, abbiamo solo il compito di accogliere le cure amorevoli del divin contadino. Noi, terreno e frutto dobbiamo solo coltivare il coraggio di disperdere un poco di ciò che siamo affinché altri possano godere delle cure del Creatore.
Se abbiamo il coraggio di vivere pienamente coccolati da queste cure possiamo davvero scoprire che dal nulla di un piccolo seme di senape possiamo diventare luogo di riposo per gli uccelli del cielo e per i lavoratori della terra.
Il fatto che è Dio che fa crescere, che è lo Spirito che semina e che non dobbiamo far altro che accogliere le cure del contadino, non vuol dire che possiamo giocare al ribasso o che dobbiamo vivere una fede intimistica; ricevere le cure significa fare lo sforzo di reagire al “così fan tutti” o all’ “abbiamo sempre fatto così” per poter sperimentare la bellezza di quell’originalità che Dio ci ha donato.
Il beato Carlo Acutis diceva ai giovani: nasciamo tutti originali ma poi rischiamo di diventare delle fotocopie!
Fare esperienza di Dio significa scoprire che grazie alla nostra originalità, il deserto può diventare una foresta; fare esperienza di Dio significa sperimentare la tua vitalità proprio là dove nessuno avrebbe puntato su di te.
In mezzo alle erbacce è difficile scorgere la bellezza di una spiga di grano ma lei c’è e il vento la può portare ovunque; nel caos del mondo è difficile mettersi in ascolto della Parola di Dio ma Lei parla al cuore di ogni uomo in ogni momento.
In questa nostra società scristianizzata Dio c’è, ciascuno di noi, nella sua piccolezza, può divenire portatore di speranza per una umanità nuova. Le nostre parole avanzano e i gesti clamorosi non fanno più effetto ma la testimonianza di una vita di fede coerente in ogni momento, nelle fatiche e nelle gioie, diviene seme sparso dallo Spirito.
Signore Gesù, Parola vivente
seme divino che libera l’umanità dalla morte,
aiutaci ad accoglierti.
Che le nostre giornate
siano ripiene di Speranza
che le nostre vite
siano trasparenza
della tua presenza in noi
che le nostre parole
siano frutto della tua saggezza.
Fa che possiamo divenire ogni giorno
sempre più credenti credibili
in mezzo a questa società
assetata di Verità. Amen.