La “Regola d’oro” non basta!

23 febbraio 2025 | 7^ Domenica del Tempo Ordinario – anno C |

La “Regola d’oro” non basta!

Quanti consigli nel vangelo di questa VII domenica del Tempo Ordinario, Pasqua della settimana.

Sono proprio necessarie tutte queste indicazioni? E poi, sono difficili, come poterle mettere in pratica?

Tra le tante indicazioni mi è cascato l’occhio su quella che nella tradizione è chiamata Regola d’oro.

Si tratta una legge unica nel suo genere, perché “sembra esprimere un’intuizione fulminante e nello stesso tempo accessibile ad ogni conoscenza e coscienza umana”, in quanto è presente in tutte le principali correnti religiose e sapienziali delle diverse culture del mondo. Per questo si può ben definire anche come la sintesi di codici etici universali.

La presenza della Regola d’oro risale, secondo recenti studi, già al 3000 a.C. nella tradizione vedica indiana, “Non fare agli altri quello che non vuoi sia fatto a te; e desidera per gli altri quello che desideri e aspetti per te stesso.”

Tra le più antiche e note citazioni della Regola d’oro troviamo quelle del filosofo Confucio, vissuto in Cina nel periodo tra il VI e V secolo a.C.: “È il massimo dell’amabile benevolenza non fare agli altri ciò che non vorresti che essi facessero verso di te”

Nel giudaismo troviamo la Regola d’oro dal 200 a.C. nel libro di Tobia, ma sarà l’insegnamento di Gesù Cristo a formularla nella versione positiva: “Fai agli altri ciò che vorresti fosse fatto a te.”

Gia questa sarebbe una bella indicazione se tutti gli uomini la mettessero in pratica, a noi che lo ascoltiamo, Gesù chiede molto di più: amate i vostri nemici, fate del bene a quelli che vi odiano, benedite coloro che vi maledicono …

Gesù ci offre con questo insegnamento l’opportunità di separarci dal mondo, l’opportunità di diventare santi. Non certamente l’opportunità di farci vedere, di metterci in mostra, di farci dire quanto siamo bravi, bensì l’opportunità di dire al mondo che Dio è accanto a noi in ogni gesto d’amore gratuito; già perché di gesti d’amore in risposta a gesti d’amore sono tutti capaci, ma i gesti d’amore gratuiti sono solo per chi sceglie di imitare l’unico Maestro.

Qualcuno potrebbe pensare che sia impossibile, la prima lettura ci racconta la storia di come Davide fu capace di risparmiare il suo persecutore Saul. Storie d’altri tempi magari ma sempre storie dell’umanità. Penso anche all’incontro tra Giovanni Paolo II e il suo attentatore. Penso alla storia del musulmano Zijo Ribic che scampò al massacro nel 1992 quando un commando di serbi trucidò la sua famiglia. Lui, rimasto vivo per miracolo, ha testimoniato contro gli assassini ma ha trovato la forza di non odiarli. Neanche quando sono stati assolti a Belgrado. (Vedi l’articolo QUI)

Ma penso anche alle signore Garsia che hanno saputo perdonare e curare i carnefici, l’una del marito e l’altra del figlio. (Vedi l’articolo QUI)

Signore Gesù, ogni giorno siamo bersagliati da notizie violente che non fanno altro che innestare violenza. Quanti segni belli del tuo amore possiamo trovare nel mondo ma come è difficile intercettarli. Aiutaci Signore ad essere nel mondo testimoni del tuo Amore.

Tu non pensi secondo Dio

VI settimana del Tempo Ordinario – I

GIOVEDÌ 20 FEBBRAIO |Tu non pensi secondo Dio

Dal Vangelo di Marco (8,27-33)

In quel tempo, Gesù partì con i suoi discepoli verso i villaggi intorno a Cesarèa di Filippo, e per la strada interrogava i suoi discepoli dicendo: “La gente, chi dice che io sia?”. Ed essi gli risposero: “Giovanni il Battista; altri dicono Elia e altri uno dei profeti”. Ed egli domandava loro: “Ma voi, chi dite che io sia?”. Pietro gli rispose: “Tu sei il Cristo”. E ordinò loro severamente di non parlare di lui ad alcuno.

E cominciò a insegnare loro che il Figlio dell’uomo doveva soffrire molto ed essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e, dopo tre giorni, risorgere. Faceva questo discorso apertamente. Pietro lo prese in disparte e si mise a rimproverarlo. Ma egli, voltatosi e guardando i suoi discepoli, rimproverò Pietro e disse: “Va’ dietro a me, Satana! Perché tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini”.

COMMENTO

Chi è questo Gesù di Nazareth? È facile anche per tanti, molti cristiani identificarlo come uno dei tanti profeti della storia, un uomo coraggioso, saggio, coerente fino alla fine, ma sempre e solo un uomo.

Ma Gesù Cristo è molto di più che un semplice uomo, è la manifestazione più grande di Dio su questa terra. Questa realtà però è scomoda. Scomoda perché non riusciamo a comprenderla, scomoda perché non ha fatto una bella fine. Quale Dio per mostrare la sua grandezza si mostrerebbe impotente appeso al palo di una croce? Quale Dio si lascerebbe maltrattare dagli uomini? Quale Dio mischierebbe la sua divinità con la carne mortale? Sono le stesse perplessità di Pietro, quelle perplessità che nella storia hanno portato l’uomo a rappresentarsi un crocefisso bello, appena uscito da un salone di bellezza con tanto di messa in piega e fondo tinta …

Perché Gesù è così difficile per noi accettare il tuo desiderio di vicinanza? Perché è così difficile vedere e vivere la tua umiltà? Facciamo quest’oggi l’esercizio di contemplare nel silenzio il Cristo crocefisso.

Prese il cieco per mano

VI settimana del Tempo Ordinario – I

MERCOLEDÌ 19 FEBBRAIO | prese il cieco per mano

Dal Vangelo di Marco (8,22-26)

In quel tempo, Gesù e i suoi discepoli giunsero a Betsàida, e gli condussero un cieco, pregandolo di toccarlo. Allora prese il cieco per mano, lo condusse fuori dal villaggio e, dopo avergli messo della saliva sugli occhi, gli impose le mani e gli chiese: “Vedi qualcosa?”. Quello, alzando gli occhi, diceva: “Vedo la gente, perché vedo come degli alberi che camminano”. Allora gli impose di nuovo le mani sugli occhi ed egli ci vide chiaramente, fu guarito e da lontano vedeva distintamente ogni cosa. E lo rimandò a casa sua dicendo: “Non entrare nemmeno nel villaggio”.

COMMENTO

È pieno di tenerezza questo brano di vangelo. Qualcuno si prende cura del cieco e gli vuole così bene da accompagnarlo davanti a Gesù; Gesù prende il cieco per mano e lo conduce fuori dal villaggio, lontano dagli occhi dei curiosi, in un luogo in cui può vivere la sua intimità con questo uomo nel miglior modo possibile; non basta un primo contatto, Gesù si prende cura fino in fondo di lui, è necessario imporre di nuovo le mani affinché la guarigione sia completa.

Anche noi come questo cieco abbiamo bisogno di qualcuno che ci accompagni verso Gesù, ma è faticoso riconoscere i propri limiti e lasciarsi guidare dagli altri. Ciò che ci invita a fare Gesù è anzitutto uscire dai villaggi in cui tutto è lecito. Confrontandoci con l’uomo medio delle nostre società, infatti, rischiamo davvero di sentirci a posto, ma se abbiamo il coraggio di andare un poco in disparte con Gesù ci accorgiamo di quanto cammino dobbiamo ancora fare. Resta poi sempre il rischio dell’illusione di essere ormai arrivati perché stiamo camminando con Gesù e quindi ci possiamo permettere di guardare gli altri e di giudicarli per ciò che vediamo. Se non abbiamo il coraggio di lasciarci costantemente guarire da Gesù rischiamo di vedere negli altri solo degli alberi che camminano e come tali giudicarli. Per riuscire a vedere chiaramente il cuore degli uomini e quindi provare quella stessa compassione che Gesù prova guardandoci, dobbiamo avere il coraggio di non mescolarci più alla massa ma di restare nel mondo come qualcosa di estraneo pur continuando a vivere in esso. Solo tenendo lo sguardo fisso al cuore di Gesù e godendo della sua costante compagnia potremo vivere accanto ai fratelli, commuoverci assieme a loro ed aiutarli così a uscire dal mondo per guardare il mondo con gli stessi occhi di Gesù. Facciamo quest’oggi l’esercizio di fidarci delle cure amorevoli di Gesù, abbandoniamoci tra le sue mani desiderose di salvarci.

Non comprendete ancora?

VI settimana del Tempo Ordinario – I

MARTEDÌ 18 FEBBRAIO 2025 | Non comprendete ancora?

Dal Vangelo di Marco (8,14-21)

In quel tempo, i discepoli avevano dimenticato di prendere dei pani e non avevano con sé sulla barca che un solo pane. Allora egli li ammoniva dicendo: “Fate attenzione, guardatevi dal lievito dei farisei e dal lievito di Erode!”. Ma quelli discutevano fra loro perché non avevano pane. Si accorse di questo e disse loro: “Perché discutete che non avete pane? Non capite ancora e non comprendete? Avete il cuore indurito? Avete occhi e non vedete, avete orecchi e non udite? E non vi ricordate, quando ho spezzato i cinque pani per i cinquemila, quante ceste colme di pezzi avete portato via?”. Gli dissero: “Dodici”. “E quando ho spezzato i sette pani per i quattromila, quante sporte piene di pezzi avete portato via?”. Gli dissero: “Sette”. E disse loro: “Non comprendete ancora?”.

COMMENTO

Anche noi come i discepoli ci dimentichiamo facilmente che il Pane della vita è in mezzo a noi.

Ce ne dimentichiamo fisicamente quando in chiesa ci comportiamo come al bar o al mercato, chiacchierando e scherzando senza ricordarci neppure di fermarci davanti al tabernacolo a dialogare nel silenzio con Lui; ci fermiamo a chiacchierare con le pietre, i legni o le tele delle statue e dei quadri della Madonna e dei santi e non lo facciamo con il corpo vivo di Gesù presente nell’Eucaristia!

Ce ne dimentichiamo anche spiritualmente quando viviamo le nostre giornate a pensare a tutto fuorché a Lui. Poi quando siamo nelle difficoltà ci lamentiamo e lo imploriamo di darci un segno della sua presenza (a volte anche in modo non poco colorito).

“Ma non comprendete ancora?” ci chiede oggi Gesù. Siamo sinceri: No Gesù, non comprendiamo ancora! Facciamo fatica, è più facile lasciarsi vincere dal lievito dei farisei e di Erode, il lievito della scienza, della politica, del potere, del sapere … e no, non comprendiamo ancora questo tuo messaggio, così lontano dalle nostre capacità di pensare, non capiamo ancora questa tua presenza silenziosa. Riconosciamo quest’oggi tutta la nostra fatica di comprendere, riconosciamo quanto siamo lontani dal pensiero di Dio. Invochiamo il dono dello Spirito Santo perché con i suoi doni apra i nostri cuori e le nostre menti ai misteri divini. Amen

Per metterlo alla prova

VI settimana del Tempo Ordinario – I

LUNEDÌ 17 FEBBRAIO | per metterlo alla prova

Dal Vangelo di Marco (8,11-13)

In quel tempo, vennero i farisei e si misero a discutere con lui, chiedendogli un segno dal cielo, per metterlo alla prova. Ma egli sospirò profondamente e disse: “Perché questa generazione chiede un segno? In verità io vi dico: a questa generazione non sarà dato alcun segno”. Li lasciò, risalì sulla barca e partì per l’altra riva.

COMMENTO

Non compie nessun miracolo Gesù per chi vuole metterlo alla prova. I segni che Gesù compie sono per coloro che già hanno aperto a lui o loro cuore e sono disposti ad accoglierlo.

Finora Gesù ha compiuto miracoli in mezzo alla folla, ha guarito i malati, ha moltiplicato i pani e i pesci; perché tutto questo non basta? Che cosa mai vogliono questi uomini da Lui?

Facile criticare quei farisei, ma facciamo attenzione perché anche noi possiamo facilmente diventare vittime delle stesse tentazioni.

“Se Dio c’è perché non si fa vedere?”. Quante volte sento questa domanda, anche dai cristiani meno sospettabili.

Abbiamo sotto gli occhi un’immensità di segni meravigliosi che ci raccontalo la presenza misericordiosa di Dio ma forse non è il dio che ci aspettiamo. Tutto ciò ci delude ma al posto di metterci in discussine noi cerchiamo di mettere alla prova Lui. Quest’oggi facciamo l’esercizio di riconoscere i segni che Dio ha posto in questa nostra giornata. Ringraziamolo e cerchiamo di capire cosa ci sta suggerendo con questa sua presenza.

Che cosa è la felicità?

16 febbraio 2025 | 6^ Domenica del Tempo Ordinario – anno C |

Che cosa è la felicità?

Ger 17,5-8 | Sal 1 | 1Cor 15,12.16-20 | Lc 6,17.20-26

Ogni uomo è in cerca della propria felicità.

È questa la convinzione che la liturgia di questa VI Domenica del Tempo Ordinario, Pasqua della settimana, ci consegna per la riflessione.

Ma che cosa è la felicità?

Noi viviamo in una società tutto sommato benestante, anche se ci lamentiamo sempre della situazione in cui siamo. Se guadiamo le nostre giornate ci accorgiamo che abbiamo tutto e anche molto di più di ciò che ci serve: abbiamo un tetto sotto il quale ripararci, abbiamo cibo abbondante con cui saziare i nostri appetiti, abbiamo vestiti con cui coprirci, abbiamo la salute o comunque abbiamo la possibilità di curarla, abbiamo persone che ci vogliono bene … eppure non siamo felici, sentiamo sempre la mancanza di qualcosa che non siamo in grado di definire, abbiamo infatti la percezione di un vuoto da riempire in qualche modo ma non sappiamo come. Ecco che allora corriamo ai ripari con dei tentativi via via sempre più azzardati per sanare questo vuoto che ci abita: ricorriamo a spese sempre più sfrenate, ci abbuffiamo di cibo, cerchiamo di sanare i nostri appetiti più intimi concedendoci a tutto ciò che pare offrirci un po’ di godimento (dall’alcool al fumo, dalla sessualità al gioco d’azzardo). E nonostante tutto questo continuiamo a fare esperienza di vuoto. Non riusciamo ad apprezzare la vita, né la nostra né quella degli altri, non diamo il giusto valore alle cose, non apprezziamo il tempo che abbiamo a disposizione …

L’evangelista Luca è molto drastico: l’uomo può essere beato, e quindi felice, solo quando ha il coraggio di svuotarsi completamente. È così che i poveri sanno apprezzare in ogni istante della loro vita ogni cosa che viene loro offerta; è così che chi ha davvero fame apprezza un piccolo pezzo di pane; è così che colui che vive nel pianto sa apprezzare ogni gesto di vicinanza e di calore. Tutti costoro hanno lo sguardo pulito per poter riconoscere la vicinanza di Dio ai loro patimenti. Al contrario, coloro che si illudono di trovare la felicità in ciò che hanno non saranno mai soddisfatti e continueranno ad accumulare cose o esperienze e a disperarsi per non aver mai saziato il loro desiderio; su costoro si alza il lamento di Dio.

Non si tratta di un grido di vendetta o di condanna bensì del compianto di Colui che desidera il maggior bene per ciascun uomo e vede l’ottusità di questi sguardi offuscati dall’ingordigia e dall’ego.

Sì, cari amici, Dio piange accanto a ciascuno di noi che non riusciamo a riconoscere i segni del suo amore in tutto ciò che ci sostenta, che siano beni primari o relazioni vere di amore. Per ogni singolo pezzo di pane dovremmo ringraziare la Sua misericordia, per ogni singolo bicchiere d’acqua dovremmo ringraziare la Sua misericordia, per ciascun saluto o per ciascuna pacca sulla spalla dovremmo ringraziare la Sua misericordia. Tutto questo, infatti, è già la presenza del Regno dei cieli; se fossimo in grado di riconoscerlo le nostre vite sarebbero già beate perché riuscirebbero a godere della Sua presenza.

Signore Dio, creatore del cielo e della terra e di tutto quanto contiene, ogni giorno doni a ciascuno di noi il necessario per il nostro sostentamento e noi lo riconosciamo con fatica. Ogni giorno noi cerchiamo di sanare il vuoto che ci abita e non ci rendiamo conto che solo tu puoi riempirlo. Aiutaci a svuotarci delle tante cose che occupano inutilmente le nostre esistenze per lasciare spazio a te che, solo, dai senso a tutto ciò che esiste; soltanto allora potremmo dire di aver raggiunto la felicità tanto desiderata. Amen.

Quanti pani avete?

V settimana del Tempo Ordinario – I

SABATO 15 FEBBRAIO | Quanti pani avete?

Dal Vangelo di Marco (8,1-10)

In quei giorni, poiché vi era di nuovo molta folla e non avevano da mangiare, chiamò a sé i discepoli e disse loro: “Sento compassione per la folla; ormai da tre giorni stanno con me e non hanno da mangiare. Se li rimando digiuni alle loro case, verranno meno lungo il cammino; e alcuni di loro sono venuti da lontano”. Gli risposero i suoi discepoli: “Come riuscire a sfamarli di pane qui, in un deserto?”. Domandò loro: “Quanti pani avete?”. Dissero: “Sette”. Ordinò alla folla di sedersi per terra. Prese i sette pani, rese grazie, li spezzò e li dava ai suoi discepoli perché li distribuissero; ed essi li distribuirono alla folla. Avevano anche pochi pesciolini; recitò la benedizione su di essi e fece distribuire anche quelli. Mangiarono a sazietà e portarono via i pezzi avanzati: sette sporte. Erano circa quattromila. E li congedò. Poi salì sulla barca con i suoi discepoli e subito andò dalle parti di Dalmanutà.

COMMENTO

Di fronte ai grandi problemi che ci sono nel mondo anche a noi viene facile rispondere come gli apostoli: cosa posso fare io per ridurre la fame nel mondo, per ridurre l’inquinamento, per far finire le guerre, per ridurre la povertà, per fermare lo scioglimento dei ghiacci, per fermare lo sfruttamento dei minori …

Gesù risponde ai suoi discepoli: che cosa hai a disposizione?

Che saranno mai sette pani davanti ad una folla affamata?

Madre Teresa di Calcutta diceva: “Quello che facciamo è solo una goccia nell’oceano ma senza quella goccia l’oceano sarebbe più piccolo”.

Questo è proprio ciò che ci chiede Gesù quest’oggi. Da soli non potremmo mai risolvere i problemi dell’umanità ma se ciascuno di noi mette ciò che è a disposizione dell’altro, anziché pensare solo alla propria pancia, allora qualcuno, se da questa parte o dall’altra del mondo e se nel nostro tempo o nel futuro non importa, qualcuno certamente troverà sollievo.

Il Vangelo di oggi, dunque, ci sprona a conoscere ciò che possiamo mettere a disposizione dell’altro e a fare un piccolo passo indietro con il nostro Ego aprendo gli occhi per vedere non ciò che gli altri devono fare ma cosa io posso fare. Nell’esercizio di oggi proviamo a mettere a fuoco le nostre capacità e proviamo a pensare come metterle a disposizione del prossimo.

https://open.spotify.com/episode/0kb8Nd0gOna2MO7KewiUAF?si=ghP91iACS_yajgg5v4H4hg

Il Signore designò altri settantadue e li inviò

V settimana del Tempo Ordinario – I

VENERDÌ 14 FEBBARIO | Il Signore designò altri settantadue e li inviò

Ss. Cirillo, monaco, e Metodio, vescovo – Patroni d’Europa (festa)

Dal Vangelo di Luca (10,1-9)

In quel tempo, il Signore designò altri settantadue e li inviò a due a due davanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi. Diceva loro: “La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe! Andate: ecco, vi mando come agnelli in mezzo a lupi; non portate borsa, né sacca, né sandali e non fermatevi a salutare nessuno lungo la strada. In qualunque casa entriate, prima dite: “Pace a questa casa!”. Se vi sarà un figlio della pace, la vostra pace scenderà su di lui, altrimenti ritornerà su di voi. Restate in quella casa, mangiando e bevendo di quello che hanno, perché chi lavora ha diritto alla sua ricompensa. Non passate da una casa all’altra. Quando entrerete in una città e vi accoglieranno, mangiate quello che vi sarà offerto, guarite i malati che vi si trovano, e dite loro: “È vicino a voi il regno di Dio”.

COMMENTO

L’amore è il motore della vita” – Già i filosofi greci avevano formulato questo concetto, forse Dante per primo lo formula in modo poetico. In questo giorno dedicato a tutti gli innamorati non possiamo che iniziare così la nostra riflessione.

Oggi la liturgia ricorda i Santi Cirillo, vescovo e Metodio, monaco. Due fratelli che hanno fatto della loro vita uno prezioso strumento di evangelizzazione per l’Europa dell’Est, per questo li ricordiamo come patroni d’Europa. Sempre in questo giorno però la pietà popolare ricorda San Valentino, della cui storia non si conosce nulla tranne che probabilmente sia stato vescovo di Terni.

Che cosa hanno in comune questi santi e come possiamo rifarci al vangelo che abbiamo oggi ascoltato?

La risposta penso sia così semplice che pare scontata: se non fosse per l’Amore di queste persone nei confronti di Dio, noi oggi non saremo qui a ricordarle.

L’unica grande forza degli inviati da Dio è l’Amore che li ha scelti e riconosciuti come destinatari delle proprie attenzioni. Nessuno potrebbe testimoniare l’Amore senza averne fatto esperienza. Ciò che ci mette in moto come persone avvicinandoci agli altri è solo l’amore nei loro confronti.

Cosa sprona un ragazzo od una ragazza, dopo una intensa giornata di lavoro, a vestirsi elegante per raggiungere colui o colei che ritiene in quel momento essere la persona più importante della sua vita?

Cosa spinge un papà od una mamma, dopo una faticosa giornata di lavoro, a passare del tempo con i propri figli, giocando con loro, aitandoli nei compiti, ascoltandoli nei racconti delle loro giornate o restando svegli in attesa del loro rientro notturno?

Cosa spinge uomini e donne a lasciare la propria casa, i propri amici, le proprie passioni per andare in territori sconosciuti a portare il Vangelo?

La risposta è una sola per tutte le domande: l’Amore. Proviamo oggi a chiederci: quanto è il nostro Amore per Dio? quanto sono disposto a mettere in gioco della mia vita per testimoniarlo?

Il demonio è uscito da tua figlia

V settimana del Tempo Ordinario – I

GIOVEDÌ 13 FEBBRAIO | il demonio è uscito da tua figlia

Dal Vangelo di Marco (7,24-30)

In quel tempo, Gesù andò nella regione di Tiro. Entrato in una casa, non voleva che alcuno lo sapesse, ma non poté restare nascosto. Una donna, la cui figlioletta era posseduta da uno spirito impuro, appena seppe di lui, andò e si gettò ai suoi piedi. Questa donna era di lingua greca e di origine siro-fenicia. Ella lo supplicava di scacciare il demonio da sua figlia. Ed egli le rispondeva: “Lascia prima che si sazino i figli, perché non è bene prendere il pane dei figli e gettarlo ai cagnolini”. Ma lei gli replicò: “Signore, anche i cagnolini sotto la tavola mangiano le briciole dei figli”. Allora le disse: “Per questa tua parola, va’: il demonio è uscito da tua figlia”. Tornata a casa sua, trovò la bambina coricata sul letto e il demonio se n’era andato.

COMMENTO

Chi è questa donna Siro-fenicia?

Sicuramente non è un figlio del popolo di Israele e sicuramente non è una discepola di Gesù. Questa donna è solo una mamma disperata per la salute della sua bambina.

Non sappiamo se conosce Gesù, sappiamo solo che si riferisce a lui così come si potrebbe riferire ad un santone qualunque.

La reazione di Gesù è molto forte, arriva fino ad offendere questa donna appartenente al popolo nemico di Israele. Forse vuole davvero testare l’amore di questa donna per la sua bambina, fino a che punto è disposta a spingersi?

La disperazione di questa donna è tale da essere disposta ad accettare l’umiliazione pur di salvare la sua bambina. Forse questa donna non avrà fede nel Dio degli ebrei né in Gesù di Nazareth ma certamente crede nell’Amore. Gesù non può che prendere atto di questa fede. Proviamo a pensare su cosa fanno forza le nostre preghiere e proviamo a chiederci se il cuore della nostra fede è l’Amore.

Sono le cose che escono dall’uomo a renderlo impuro

V settimana del Tempo Ordinario – I

MERCOLEDÌ 12 FEBBRAIO | sono le cose che escono dall’uomo a renderlo impuro

Dal Vangelo di Marco (7,14-23)

In quel tempo, Gesù, chiamata di nuovo la folla, diceva loro: “Ascoltatemi tutti e comprendete bene! Non c’è nulla fuori dell’uomo che, entrando in lui, possa renderlo impuro. Ma sono le cose che escono dall’uomo a renderlo impuro”.

Quando entrò in una casa, lontano dalla folla, i suoi discepoli lo interrogavano sulla parabola. E disse loro: “Così neanche voi siete capaci di comprendere? Non capite che tutto ciò che entra nell’uomo dal di fuori non può renderlo impuro, perché non gli entra nel cuore ma nel ventre e va nella fogna?”. Così rendeva puri tutti gli alimenti. E diceva: “Ciò che esce dall’uomo è quello che rende impuro l’uomo. Dal di dentro infatti, cioè dal cuore degli uomini, escono i propositi di male: impurità, furti, omicidi, adultèri, avidità, malvagità, inganno, dissolutezza, invidia, calunnia, superbia, stoltezza. Tutte queste cose cattive vengono fuori dall’interno e rendono impuro l’uomo”.

COMMENTO

Parlare di prescrizioni alimentari ai giorni nostri fa un po’ sorridere, nella nostra tradizione è rimasto qualche giorno di magro e ancor meno giorni di digiuno; ci è concesso mangiare tutto e, anche nei così detti “giorni di magro” siamo diventati abili mel cucinare gustosi pasti con gli alimenti concessi.

Detto questo … siamo tutti in cerca di dietologi e nutrizionisti che ci insegnino a mangiare nel modo corretto. Quindi le prescrizioni alimentari forse avevano un senso.

Ciò che Gesù oggi ci offre per la riflessione è il rischio esattamente opposto a quello che stiamo vivendo noi. Le prescrizioni alimentari rituali fanno bene al corpo ma, se non ne comprendiamo il significato ci offuscano la vista. Ciò che rovina le nostre relazioni, infatti, non è il nostro modo di alimentarci ma è ciò che esce dal nostro cuore. Quei sentimenti di rabbia, gelosia, invidia … che Gesù ben elenca rovinano la nostra umanità e ci rendono sempre più simili alle bestie. Oggi Gesù ci invita a curare il nostro corpo ma soprattutto a curare le nostre relazioni. Facciamo oggi l’esercizio di compiere un gesto buono nei confronti di qualcuno che ci vive accanto.