Come una goccia nell’oceano

1 gennaio 2025 | Maria SS. Madre di Dio |

Come una goccia nell’oceano

Iniziamo questo nuovo anno nel segno della maternità: Maria SS. Madre di Dio.

È lo stesso segno che fu dato ai pastori; è il segno di un futuro possibile; la storia non finisce con noi ma i nostri figli avranno il compito di portare avanti ciò che noi consegniamo nelle loro mani, così come noi abbiamo fatto con ciò che i nostri avi hanno messo nelle nostre mani.

In questo giorno di passaggio al nuovo anno siamo invitati a chiamare per nome ciò che lasciamo in eredità ai nostri figli. Non pensiamo a ciò che non è in nostro potere, non pensiamo alle guerre, non pensiamo all’inquinamento, non pensiamo alla fame nel mondo, pensiamo piuttosto a ciò che nel nostro piccolo abbiamo fatto.

A volte pensiamo sia insignificante ciò che possiamo fare noi e ci deprimiamo. Santa Madre Teresa di Calcutta disse: “Quello che facciamo è solo una goccia nell’oceano, ma l’oceano senza quella goccia sarebbe più piccolo”.

Oggi consegniamo nelle mani dei nostri figli questo oceano che è la vita, la storia nella quale si trovano a navigare, quali gocce abbiamo riversato in questo oceano?

La speranza di un mondo nuovo nasce proprio dalla capacità di vivere ogni istante del nostro presente come il luogo in cui poter dare il nostro contributo al futuro.

Come è possibile questo?

Riscoprendoci “figli” e non più “schiavi”. Se fossimo schiavi saremmo sottomessi alla logica del potere che tende a distruggere il mondo ma siccome siamo figli abbiamo tutta l’autorità per vivere nel mondo agendo secondo la nostra volontà.

Prova a domandarti: cosa desideri per il tuo futuro e per quello dei tuoi figli? Cosa metti in pratica nel tuo ordinario affinché un giorno questo possa realizzarsi?

A volte abbiamo l’impressione di essere impotenti di fronte agli eventi della storia, non lasciamoci ingannare: la tua storia è nelle tue mani, sei tu che decidi come viverla anche se attorno a te le cose vanno per i fatti loro.

A volte non comprendiamo cosa succede, a volte non sappiamo come comportarci, a volte ci sembrerà di brancolare nel buio, facciamo come Maria: “custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore”.

Non dobbiamo comprendere tutto né dobbiamo salvare il mondo (per questo ci ha gia pensato Gesù una volta per tutte), nostro compito è alimentare la speranza che un mondo nuovo è possibile e questo lo possiamo fare tenendo lo sguardo sul qui ed ora in cui Dio si fa presente nella nostra storia.

Che il prossimo anno sia ricco di Speranza e di Misericordia, ciascuno di voi e dei vostri cari possa sperimentare la presenza di Dio in ogni istante presente del tempo che ci sarà donato. Amen

Martedì 31 dicembre 2024

MARTEDÌ 31 DICEMBRE | Ottava di Natale

Dal Vangelo di Giovanni (1,1-18)

In principio era il Verbo,
e il Verbo era presso Dio
e il Verbo era Dio.
Egli era, in principio, presso Dio:
tutto è stato fatto per mezzo di lui
e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste.
In lui era la vita
e la vita era la luce degli uomini;
la luce splende nelle tenebre
e le tenebre non l’hanno vinta.
Venne un uomo mandato da Dio:
il suo nome era Giovanni.
Egli venne come testimone
per dare testimonianza alla luce,
perché tutti credessero per mezzo di lui.
Non era lui la luce,
ma doveva dare testimonianza alla luce.
Veniva nel mondo la luce vera,
quella che illumina ogni uomo.
Era nel mondo
e il mondo è stato fatto per mezzo di lui;
eppure il mondo non lo ha riconosciuto.
Venne fra i suoi,
e i suoi non lo hanno accolto.
A quanti però lo hanno accolto
ha dato potere di diventare figli di Dio:
a quelli che credono nel suo nome,
i quali, non da sangue
né da volere di carne
né da volere di uomo,
ma da Dio sono stati generati.
E il Verbo si fece carne
e venne ad abitare in mezzo a noi;
e noi abbiamo contemplato la sua gloria,
gloria come del Figlio unigenito
che viene dal Padre,
pieno di grazia e di verità.
Giovanni gli dà testimonianza e proclama:
“Era di lui che io dissi:
Colui che viene dopo di me
è avanti a me,
perché era prima di me”.
Dalla sua pienezza
noi tutti abbiamo ricevuto:
grazia su grazia.
Perché la Legge fu data per mezzo di Mosè,
la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo.
Dio, nessuno lo ha mai visto:
il Figlio unigenito, che è Dio
ed è nel seno del Padre,
è lui che lo ha rivelato.

COMMENTO

Siamo All’ultimo giorno dell’anno e la liturgia ci propone la sintesi mirabile di tutto il Vangelo. In questa paginetta di Giovanni ci sta infatti tutta la bella notizia del mistero di Dio per l’umanità.

Possiamo ritrovare le origini di quanto esiste nel mistero trinitario; possiamo trovare la risposta alle domande esistenziali sull’essere umano; possiamo trovare il mistero della Misericordia di Dio che entra nelle profondità della storia …

In questo ultimo giorno dell’anno la liturgia ci consegna tutto il mistero di Dio e dell’uomo affinché ciascuno di noi, meditandolo, possa rileggere gli eventi del passato per illuminare di speranza il futuro. Lasciamoci avvolgere dal mistero, apriamo i nostri cuori alla Luce affinché le tenebre in cui viviamo possano essere rischiarate dalla Speranza.

Lunedì 30 dicembre 2024

LUNEDÌ 30 DICEMBRE | Ottava di Natale

Dal Vangelo di Luca (2,36-40)

Maria e Giuseppe portarono il bambino a Gerusalemme per presentarlo al Signore. C’era una profetessa, Anna, figlia di Fanuele, della tribù di Aser. Era molto avanzata in età, aveva vissuto con il marito sette anni dopo il suo matrimonio, era poi rimasta vedova e ora aveva ottantaquattro anni. Non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere. Sopraggiunta in quel momento, si mise anche lei a lodare Dio e parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme.

Quando ebbero adempiuto ogni cosa secondo la legge del Signore, fecero ritorno in Galilea, alla loro città di Nàzaret. Il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era su di lui.

COMMENTO

Anna, vede il bambino Gesù e riconosce il Figlio di Dio tanto atteso. Cosa ha permesso a quegli occhi di riconoscere ciò che nessun’altro è stato in grado di riconoscere?

Anna ha trascorso una vita nella vedovanza, non richiudendosi in sé stessa né facendo la vedova allegra in giro per il mondo; Anna ha vissuto la sua vedovanza coltivando un rapporto di speciale intimità con il Signore: “Non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere”. Lo stesso il vangelo dice questo dice anche del vecchio Simeone e guarda caso anche i suoi occhi hanno saputo riconoscere Dio in quel piccolo bambino. Il Vangelo oggi ci sprona ad una vita in compagnia del Signore per poterlo riconoscere nell’ordinario della nostra vita. Preghiamo quest’oggi per tutti coloro che sentono inutile la propria esistenza, possano sperimentare la compagnia del Signore, lodarlo e testimoniarlo nella gioia per dire a tutti che Dio c’è e non ci abbandona mai.

Domenica 29 dicembre 2024

29 dicembre 2024 | S. Famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe – anno C |

Il “per sempre” che forma la comunità

Sembra quasi fuori moda oggi parlare di famiglia, eppure in questa domenica tra l’ottava di Natale, ovvero all’interno di quegli otto giorni che sono il giorno del Natale, la liturgia ci propone la riflessione sulla santa famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe.

Oggi è più facile parlare di convivenza che non di famiglia, così come è più facile parlare di compagno/compagna piuttosto che di marito o di moglie. Se vogliamo essere sinceri fino in fondo la famiglia di Maria e Giuseppe non era poi così canonica come pensiamo. Sappiamo che erano fidanzati e che, probabilmente, il matrimonio venne festeggiato in fretta e furia al ritorno di Maria dalla casa della cugina Elisabetta ad Ain Karen (“Destatosi dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’angelo del Signore e prese con sé la sua sposa” – Mt 1,24-25), inoltre sappiamo che Gesù è figlio di Maria ma non di Giuseppe e nonostante questo Maria non ha esitato a chiamare Giuseppe “padre di Gesù”. Nonostante questa situazione tutt’altro che chiara, la loro storia è stata pienamente accolta dalla comunità di Nazareth al punto tale che durante il rientro da Gerusalemme, dopo la festa di Pasqua, Maria e Giuseppe non si preoccupano neppure di verificare la presenza di loro figlio, doveva per forza essere assieme agli altri bambini della carovana.

Quando parliamo di “famiglia”, a differenza della convivenza, ci sta il riconoscersi parte di una società, di una comunità, di una famiglia ben più grande della quale potersi fidare, nella quale crescere e camminare insieme.

Penso che la crisi della famiglia oggi sia riconducibile alla crisi della comunità. Sempre più le nostre famiglie sono cellule isolate in mezzo a gente estranea; i nostri bambini crescono con la paura di incontrare il vicino di casa con il quale quotidianamente la mamma e il papà litigano per sciocchezze; i nostri anziani sono sempre più soli e abbandonati anche se abitano in condomini con decine di altre persone: è la crisi della società, e se vogliamo usare un termine più ecclesiale, è la crisi della comunità.

Perché sposarsi se il matrimonio resta un evento privato? Certo, facciamo feste così faraoniche che il solo costo mette i brividi, ma il matrimonio non è il momento in cui ci sediamo a tavola a mangiare, il matrimonio è il momento in cui ci si promette “amore per tutta la vita”. Chi è invitato o chi partecipa alla cerimonia (che sia essa civile o religiosa)? Pochi parenti, a volte giusto il minimo sindacale.

Il matrimonio, quel sì pronunciato davanti alla comunità di cui faccio parte (che sia la società in cui vivo o la comunità ecclesiale a cui appartengo) rende più ricca la comunità stessa e ci impegna tutti a sostenerci nelle gioie e nelle sofferenze. Il matrimonio non può mai essere questione privata, è sempre un evento di popolo. È per questo che Maria e Giuseppe non si preoccupano del giovane Gesù.

Un tempo anche i nostri figli erano cresciuti dai vicini di casa; un tempo un adulto qualsiasi per strada poteva riprendere le marachelle di un qualsiasi bambino; un tempo i bambini giocavano serenamente per le strade dei nostri paesi.

Penso che celebrare oggi la festa della sacra famiglia di Nazareth significhi cercare di riportare il centro della nostra attenzione sulle nostre comunità, sulla nostra società. Oggi siamo invitati a riconoscere i semi dell’amore che Dio sparge nei cuori di tante giovani coppie affinché si sentano accolte e amate così come sono, sarà poi questo nostro amore ad aiutarle a sigillare e a rendere pubblico il “per sempre” del loro amore che già li ha uniti.

Sabato 28 dicembre 2024

SABATO 28 DICEMBRE | Ottava di Natale – Ss. Innocenti,

Dal Vangelo di Matteo (2,13-18)

I magi erano appena partiti, quando un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe e gli disse: “Àlzati, prendi con te il bambino e sua madre, fuggi in Egitto e resta là finché non ti avvertirò: Erode infatti vuole cercare il bambino per ucciderlo”.

Egli si alzò, nella notte, prese il bambino e sua madre e si rifugiò in Egitto, dove rimase fino alla morte di Erode, perché si compisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: “Dall’Egitto ho chiamato mio figlio”.

Quando Erode si accorse che i Magi si erano presi gioco di lui, si infuriò e mandò a uccidere tutti i bambini che stavano a Betlemme e in tutto il suo territorio e che avevano da due anni in giù, secondo il tempo che aveva appreso con esattezza dai Magi. Allora si compì ciò che era stato detto per mezzo del profeta Geremia: “Un grido è stato udito in Rama, un pianto e un lamento grande: Rachele piange i suoi figli e non vuole essere consolata, perché non sono più”.

COMMENTO

C’è un limite alla follia dell’uomo? Direi proprio di no. Continuiamo a dire che le cose andavano meglio un tempo ma le Scritture pare affermino il contrario. L’uomo di oggi come l’uomo di ieri è ripiegato su sé stesso a discapito dei più deboli che incontra sulla propria strada.

Come può intervenire Dio in questa storia di egoismi e prepotenze?

Dio entra nel silenzio (la notte di Natale) e lavora nelle profondità della terra (il sepolcro Pasquale).

Dio non fa lo stesso gioco dell’uomo imponendo con la violenza la sua presenza, ma prende in mano le righe storte che l’uomo disegna nel quaderno della storia per scrivere meravigliose storie di vita. È così che Dio si fa profugo, è così che Dio decide di crescere in terra straniera, è così che Dio decide di farsi compagno di viaggio di tutti coloro che soffrono a causa dell’egoismo di pochi potenti che tengono in mano le redini dell’umanità. Ricordare in un solo giorno le sorti di tanti innocenti che nella storia hanno subito le conseguenze dirette o indirette dei capricci di qualche potente non può che scuotere la nostra coscienza. Non si tratta di commuoverci, né di aumentare il nostro senso di impotenza, né tantomeno di arrabbiarci con il sistema. Oggi il Vangelo ci insegna l’importanza dei piccoli gesti, l’importanza delle scelte quotidiane, la necessità di tenere uno sguardo bello sulla storia che andiamo a vivere, perché solo nei piccoli gesti di amore possiamo porre fine all’ingordigia dei potenti e dire al mondo che un modo nuovo di vivere la vita esiste.

Venerdì 27 dicembre 2024

VENERDÌ 27 DICEMBRE | Ottava di Natale – S. Giovanni, apostolo ed evangelista

Dal Vangelo di Giovanni (20,2-8)

Il primo giorno della settimana, Maria di Magdala corse e andò da Simon Pietro e dall’altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: “Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto!”. Pietro allora uscì insieme all’altro discepolo e si recarono al sepolcro. Correvano insieme tutti e due, ma l’altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro. Si chinò, vide i teli posati là, ma non entrò. Giunse intanto anche Simon Pietro, che lo seguiva, ed entrò nel sepolcro e osservò i teli posati là, e il sudario – che era stato sul suo capo – non posato là con i teli, ma avvolto in un luogo a parte. Allora entrò anche l’altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette.

COMMENTO

Di Giovanni si dice che, entrando nel sepolcro, “vide e credette”; che cosa vide se non ciò che anche Pietro vide? Eppure, di Giovanni si dice che “credette”, di Pietro no. Non è il “cosa” ma il “come vide”. Giovanni, il discepolo amato, riuscì a vedere con gli occhi della fede, Pietro aveva ancora il cuore offuscato dalla delusione. Giovanni, infatti, riuscì a stare accanto a Gesù fin sotto la croce assieme a Maria, Pietro fino al cortile del sommo sacerdote, poi crollò, rinnegò e scappò.

In questo giorno natalizio, la liturgia ci propone la forza dell’Amore dell’apostolo Giovanni. In quell’amore è possibile superare le assurdità della violenza umana, in quell’amore è possibile vedere ciò che all’uomo è difficile vedere. Solo in questo Amore è possibile abbandonarsi alla fedeltà cieca, solo in quest’amore è possibile essere protagonisti di eventi impensabili e incomprensibili. Preghiamo perché ciascuno di noi e ogni credente possa, sull’esempio di Giovanni, restare fedele al Signore, qualsiasi cosa accada nella storia, e, in questa fedeltà, possiamo divenire veri testimoni dell’Amore. Amen.

Giovedì 26 dicembre 2024

GIOVEDÌ 26 DICEMBRE | Ottava di Natale – S. Stefano, primo martire

Dal Vangelo di Matteo (10,17-22)

Guardatevi dagli uomini, perché vi consegneranno ai tribunali e vi flagelleranno nelle loro sinagoghe, e sarete condotti davanti a governatori e re per causa mia, per dare testimonianza a loro e ai pagani. Ma, quando vi consegneranno, non preoccupatevi di come o di che cosa direte, perché vi sarà dato in quell’ora ciò che dovrete dire: infatti non siete voi a parlare, ma è lo Spirito del Padre vostro che parla in voi.

Il fratello farà morire il fratello e il padre il figlio, e i figli si alzeranno ad accusare i genitori e li uccideranno. Sarete odiati da tutti a causa del mio nome. Ma chi avrà perseverato fino alla fine sarà salvato.

COMMENTO

Proprio ieri abbiamo festeggiato la nascita di Gesù ed oggi è ancora il giorno di Natale, almeno così la liturgia ci insegna, perché dunque non continuiamo a fare festa ma immediatamente ci viene offerto il ricordo di un martire, i primo di tutti i martiri?

In realtà è proprio il martirio che rende grande il Natale. Se quel bambino che contempliamo nella grotta di Betlemme non fosse morto in croce per ciascuno di noi, oggi noi non saremmo qui a ricordarlo!

Penso che festeggiare S. Stefano, primo martire di una lunga schiera che prosegue anche oggi di uomini e donne che hanno perso la vita proprio per testimoniare la propria fede, festeggiare questo martirio significa per ciascuno di noi ricordarci che essere seguaci di Cristo non è una favola a lieto fine. Oggi S. Stefano dice a tutti coloro che si lamentano del dovere essere sempre quelli che devono fare un passo indietro nelle discussioni, a coloro che si lamentano che devono sempre subire le ingiustizie da parte di qualcuno, a coloro che si lamentano di non essere riconosciuti in ciò che fanno … e a tanti altri che si lamentano della vita, oggi S Stefano ci dice che mettere in pratica il vangelo di Cristo, che è la misericordia continua, mette inevitabilmente nella situazione di subire cattiverie e anche persecuzioni in certe situazioni. Cosa farebbe Gesù Cristo in questa situazione? Questa è la domanda che dobbiamo porci quando ci troviamo difronte ad una ingiustizia. Il Signore certamente Ama, e tu?

NATALE | 25 Dicembre 2024

25 dicembre 2024 | Natale del Signore – anno C |

Questo per voi il segno

Penso che se dovessi trovare uno slogan per dire il cristianesimo direi che è la fede dei segni incomprensibili.

Provate a pensarci: i pastori nella notte vengono raggiunti da una schiera di angeli in festa, potrebbe essere benissimo questo il grande segno, invece no: “questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia”. Ma che segno è quello di un bambino? Un essere che per sopravvivere ha bisogno di tutto e di tutti …

Poi, se ricordate bene, al catechismo dovrebbero avervi insegnato che la nascita di Gesù è prefigurazione della sua morte. Beh, allora possiamo pensare che la grandezza e la potenza di Dio ci verranno mostrate pienamente in quel momento. Giriamo quindi velocemente le pagine del vangelo ed ecco, ci troviamo proprio al momento della sua morte ed ecco a voi il segno del grande Dio: un uomo sulla croce. Ma che segno è questo della potenza di Dio? Mi pare piuttosto il fallimento completo della sua esistenza.

Poi ci hanno anche insegnato che la sua potenza si mostra a noi nei sacramenti, in particolare nella sua divina presenza nell’eucarestia, segno potente di unità e di rigenerazione per ciascuno di noi. Proviamo a guardarla bene: ma è solo un pezzo di pane, tra l’altro così piccolo che non può neppure saziare il bisogno nutrizionale di un uomo solo.

Ma che Dio stiamo adorando noi oggi quì?

Come possiamo stare in questa casa che è la chiesa a cantare e lodare il grande, l’onnipotente, il creatore, se i segni che abbiamo della sua esistenza sono così deboli? Come poter credere?

Queste domande sono sempre più frequenti nella nostra società, non solo tra le nuove generazioni, ma anche tra coloro che per tanti anni hanno partecipato più o meno assiduamente alla liturgia.

Se non riusciamo a comprendere il segno della sua presenza allora è normale che nascano anche i dubbi sulla reale esistenza di Dio. Se non riusciamo a vedere il segno che i vangeli ci propongono allora di fronte agli accadimenti della storia resteremo soli e sperimenteremo l’abbandono di Dio: dov’è Dio quando gli uomini si uccidono l’un l’altro? Dov’è Dio quando i bambini vengono maltrattati? Dov’è Dio quando la gente muore di fame? Dov’è Dio quando intere popolazioni sono costrette ad abbandonare la propria terra? Dov’è Dio quando la natura sembra impazzire? Se lui è davvero così potente da aver creato tutto quanto esiste, perché non è anche in grado di “aggiustare” ciò che si è rotto?

Torniamo ancora un attimo nell’accampamento dei pastori del presepio, ma potrebbe davvero essere uno dei qualsiasi villaggi devastato dalle bombe, o una delle tendopoli dei profughi, o una qualsiasi delle case in cui si vive la violenza domestica, cosa accade un quell’accampamento? Quale è la bella notizia che gli angeli portano?

La bella notizia a questa:

Dio è qui, vicino a te, così vicino che si confonde con te per vivere la tua stessa situazione, per sperimentare le tue stesse fatiche, per prenderti per mano e rialzarti.

Questo è il grande segno:

il grande contrasto tra ciò che dovrebbe essere e ciò che è, il ribaltamento dei valori che rovescia i potenti dai troni e innalza gli umili.

Ecco allora il segno: se Dio decide di incarnarsi in un bambino significa che tutti noi, anche colui che agli occhi degli uomini vale meno di zero, abbiamo la dignità di Dio; se Dio decide di morire in mezzo ai malfattori più incalliti significa che per ogni uomo, anche per quello che ai nostri occhi pare non avere più nessuna speranza, c’è una possibilità di riscatto; se Dio decide di restare presente in mezzo agli uomini in un piccolo pezzo di pane significa che Dio è alla portata di tutti.

Provate a pensare se i segni fossero altri: se fosse nato in un grande palazzo regale … avrebbe ulteriormente gonfiato il potere; se fosse morto nel letto di un ospedale sotto le cure dei più grandi medici del tempo … chi darebbe speranza all’uomo più disperato? Se Dio restasse presente in mezzo a noi in un oggetto prezioso ed unico, come potrebbe essere alla portata di tutti, anche dei più poveri?

In questo Natale Dio vuole ricordarci che la sua presenza non è un evento eclatante così da attirare gli sguardi di tutti ma è visibile nei gesti ordinari dell’amore condiviso.

Cari fratelli e sorelle, oggi festeggiamo la nascita di Gesù nella storia, è l’evento che più di tutti ha cambiato le sorti dell’umanità, la sua nascita ha diviso la storia in due, prima e dopo Cristo; ogni giorno però Dio ti chiede il permesso di nascere nella tua storia affinché i più poveri, i più disperati, i più increduli possano fare esperienza della sua presenza attraverso quell’amore che solo tu puoi offrire loro.

Questo per voi il segno: ciascun uomo e ciascuno donna che hanno il coraggio di rovesciare le abitudini di una società troppo incentrata su sé stessa, divenendo segni certi di un Amore che sa stare vicino a tutti secondo il bisogno di ciascuno.

Che Dio oggi possa nascere in ciascuno di voi, come è nato in Maria, come è nato nella grotta di Betlemme. Auguro a tutti voi di essere nella vostra storia segni visibili dell’Amore di Dio.

Buon Natale.

Martedì 24 dicembre 2024

Benedetto il Signore, Dio di Israele

MARTEDÌ 24 DICEMBRE | 8° giorno della novena

Dal Vangelo di Luca (1,67-79)

Zaccaria, padre di Giovanni, fu colmato di Spirito Santo e profetò dicendo: “Benedetto il Signore, Dio d’Israele, perché ha visitato e redento il suo popolo, e ha suscitato per noi un Salvatore potente nella casa di Davide, suo servo, come aveva detto per bocca dei suoi santi profeti d’un tempo: salvezza dai nostri nemici, e dalle mani di quanti ci odiano. Così egli ha concesso misericordia ai nostri padri e si è ricordato della sua santa alleanza, del giuramento fatto ad Abramo, nostro padre, di concederci, liberati dalle mani dei nemici, di servirlo senza timore, in santità e giustizia al suo cospetto, per tutti i nostri giorni. E tu, bambino, sarai chiamato profeta dell’Altissimo perché andrai innanzi al Signore a preparargli le strade, per dare al suo popolo la conoscenza della salvezza nella remissione dei suoi peccati. Grazie alla tenerezza e misericordia del nostro Dio, ci visiterà un sole che sorge dall’alto, per risplendere su quelli che stanno nelle tenebre e nell’ombra di morte, e dirigere i nostri passi sulla via della pace”.

COMMENTO

Nel silenzio Zaccaria ha potuto lasciarsi avvolgere dal mistero di Dio che, nel concepimento di Giovanni, ha trovato ospitalità nella sua casa. Chissà quanti pensieri in quei mesi, quanti ricordi saranno passati nella sua mente, Zaccaria ha potuto così rileggere tutta la sua storia alla luce del mistero che lo circondava. Chissà che sorpresa per lui, sacerdote di Israele, accorgersi di quanto Dio stava facendo da tempo nella sua vita e i suoi occhi non erano mai riusciti a riconoscerlo!

Appena la sua lingua si scioglie non può fare a meno di innalzare a Dio una lode di benedizione. Ora che ha avuto il coraggio di accogliere l’impossibile il suo cuore esplode di gioia e lui stesso diviene segno della presenza di Dio tra gli uomini.

Ormai il Natale è alle porte, solo nel silenzio dell’attesa possiamo allenare i nostri sensi a riconoscere il Dio della vita che irrompe nella storia dell’umanità. Concediamoci quest’oggi un istante di silenzio, in questo tempo teniamo fisso lo sguardo sul presepio, lasciamo che Dio entri nella nostra storia per poterlo lodare insieme agli angeli del cielo. Amen.

Lunedì 23 dicembre 2024

Lunedì 23 dicembre 2024

LUNEDÌ 23 DICEMBRE

Dal Vangelo di Luca (1,57-66) | 7° giorno della novena

Per Elisabetta intanto si compì il tempo del parto e diede alla luce un figlio. I vicini e i parenti udirono che il Signore aveva manifestato in lei la sua grande misericordia, e si rallegravano con lei.

Otto giorni dopo vennero per circoncidere il bambino e volevano chiamarlo con il nome di suo padre, Zaccaria. Ma sua madre intervenne: “No, si chiamerà Giovanni”. Le dissero: “Non c’è nessuno della tua parentela che si chiami con questo nome”. Allora domandavano con cenni a suo padre come voleva che si chiamasse. Egli chiese una tavoletta e scrisse: “Giovanni è il suo nome”. Tutti furono meravigliati. All’istante gli si aprì la bocca e gli si sciolse la lingua, e parlava benedicendo Dio. Tutti i loro vicini furono presi da timore, e per tutta la regione montuosa della Giudea si discorreva di tutte queste cose.

Tutti coloro che le udivano, le custodivano in cuor loro, dicendo: “Che sarà mai questo bambino?”. E davvero la mano del Signore era con lui.

COMMENTO

Il Vangelo parla di un “dono del Signore” ma nessuno vuole aprire gli occhi per vederlo. Il nome Giovanni significa proprio “dono del Signore” ma tutti restano stupiti di fronte a quella proposta perché nella famiglia nessuno si chiama così. Solo Zaccaria ed Elisabetta, che nella loro lunga vita hanno avuto modo di entrare più in intimità con il Signore, hanno il coraggio di rompere le regole, di dare scandalo: “Giovanni è il suo nome”. È grazie a queste parole, che diventano gesto coraggioso, che Zaccaria riacquista la libertà della parola, ora non è più incatenato al clan famigliare che lo chiude al mondo, ora può urlare a tutti la grandezza di quel Dio che ha visitato la sua famiglia, chissà che un giorno la famiglia tutta non si renderà conto di questa visita e inizi a lodare il Signore pienamente. Vivere il Natale, dire agli amici che siamo gioiosi di festeggiare la nascita di Dio, ritagliare tempo per vivere l’incontro con Dio che bussa alla porta di casa mia, non è facile oggi, ma se vogliamo sentirci liberi come Zaccaria di riconoscere e urlare al mondo la gioia di questo incontro, dobbiamo avere il coraggio di andare controcorrente: nella società, a volte anche nella Chiesa, con gli amici, in famiglia … solo così la gioia riempirà il tuo cuore e sarà davvero Natale.