Come tralci …

28 aprile 2024 – V Domenica di Pasqua |

In questa V domenica di Pasqua, la Parola ci invita a riflettere sulla bella immagine della vite e i tralci.

La cosa che sempre più mi ha colpito è che i frutti della vite in realtà crescono sui tralci e che nei tralci scorre la linfa della vite. Ovvio mi direte voi. Già ma questa è una parabola che parla di noi, della nostra vita. Noi siamo i tralci in noi scorre il Verbo del Padre, la Parola di Dio, il Cristo vivente. Dalla Parola siamo stati generati e da quella stessa Parola traiamo la vita in ogni istante della nostra esistenza.

Senza la Parola non, non solo saremmo morti ma non saremmo proprio! Più ci lasciamo irrorare dalla Parola e più la nostra vita produrrà frutti e i frutti dell’Amore (perché questo è un altro modo di intendere la Parola) sono “amore, gioia, pace, magnanimità, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé” (Gal 5,22).

È il momento dell’esame di coscienza … altro che “non saprei cosa dire” (la frase più gettonata nelle confessioni degli adulti). “amore, gioia, pace, magnanimità, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé” sono i frutti del nostro modo di stare nel mondo?

L’unica cura ad una vita spenta, triste, violenta e irrequieta è l’ascolto della Parola che poi si traduce in contemplazione e quindi in azione concreta. Ma se tutto finisse qui sarebbe rose e fiori. C’è un versetto nella Parola di Giovanni che ci brucia un po’ e che certamente a molti è sfuggito: “ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia” e fino a questo punto penso nessuno abbia nulla da ridire; “ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto”. Uno lo taglia e l’altro lo pota … è comunque una sofferenza, per il tralcio e per la vite stessa, eppure non si può fare diversamente se vogliamo molto frutto!

Pensiamo alle tante sofferenze delle nostre vite, ciascuno alle sue, non dico che è Dio a consegnarcele (Lui stesso soffre, proprio come la vite privata dei suoi tralci) ma troviamo in lui la forza di reagire? Per portare più frutto? Per trasformare ogni taglio in potatura, ogni ferita in opportunità!

E qui penso possa aprirsi un secondo esame di coscienza. La nostra vita, per quanto possa essere segnata dal dolore può diventare luogo in cui l’Amore produce frutto. Vivere nella consapevolezza che siamo i prolungamenti del Cristo crocifisso ma poi risorto ci aiuta a vivere i momenti difficili della nostra esistenza e non a subirli.

Cristo Gesù,
tu il Risorto
sempre vivo e presente nelle nostre vite
donaci di vivere nella serenità dello Spirito,
 per trasformare ogni ferita in feritoia,
per mostrare al mondo che tu soffri con noi,
per dire a tutti che la vita è bella
se vissuta nel tuo Amore.
Amen.

Quale modello seguo?

21 aprile – IV Domenica di Pasqua |

In questa 4 domenica di Pasqua, 61^ Giornata Mondiale di preghiera per le vocazioni, la liturgia ci propone l’immagine del buon pastore, o, come sarebbe meglio tradurre, del bel pastore.

Noi guardiamo Gesù e cosa vediamo? Chi vediamo? Scorgiamo in lui dei tratti che riconosciamo belli da imitare? Scorgiamo in lui qualcuno da seguire? Gesù è una bella persona che stimiamo e che vorremmo prendere a modello?

Penso siano queste le domande che come “cristiani”, come seguaci quindi, dobbiamo farci.

Le caratteristiche di questo bel pastore che il vangelo ci propone sono queste:

  • dà la vita per le pecore;
  • ha un rapporto intimo con le sue pecore: le conosce una ad una e loro conoscono lui;
  • guida a sé anche le pecore lontane.

Questo il modello che abbiamo di fronte. Ma veramente vorremmo farlo nostro? La disponibilità a consumarsi pur di portare a tutti il suo messaggio; il desiderio di conoscere tutti gli uomini, anche quelli che chiamiamo i più lontani; accogliere a braccia aperte la scoperta di essere una sola famiglia con un solo Padre, il Creatore.

Si parla da anni di crisi delle vocazioni, alla vita sacerdotale e religiosa ma non solo c’è oggi una forte crisi anche della vocazione matrimoniale. Cosa è venuto meno? Io penso sia venuto meno il senso comunitario. Quel lupo che uno ad uno ci ha rapiti, chi più chi meno è l’egoismo. Guardiamo al nostro bene, alla nostra realizzazione, alla nostra pancia … esattamente il contrario del bel pastore. Siamo tutti diventati un po’ mercenari nella nostra vita di fede. Anche nelle cosiddette pratiche di pietà guardiamo ai nostri bisogni più che a quelli della comunità.

La preghiera di quest’oggi è quindi per ciascuno di noi, ad iniziare da me. Passiamo le giornate a calendarizzare e inventare incontri, impegniamo energia per proporre e inventare vecchie e nuove proposte, ma all’origine di tutto questo c’è il desiderio di incontrare l’altro e soprattutto l’Altro per eccellenza che è Dio?

Il Risorto è il Crocefisso

14 aprile – III Domenica di Pasqua –

Di questo voi siete testimoni. Questo è l’invito che ci viene offerto in questa 3 domenica di Pasqua.

Ma cosa significa essere testimoni?

E testimoni di chi? Di che cosa?

Anzitutto essere testimoni significa uno che ricorda … il discepolo ricorda il maestro: lo tiene davanti agli occhi e nel cuore, e lo vive nella quotidianità della vita, fino alla morte … la parola con cui in greco viene tradotto “testimone” è “martire”.

Potremmo a questo punto chiederci per chi o per che cosa saremmo disposti a dare la nostra vita… per Gesù di Nazareth? Per il Risorto? Di chi siamo discepoli?

Certo, credere che Gesù è risorto non è una cosa semplice da fare ma potremmo anche crederci per fede, la cosa più complessa da credere penso però che sia credere che il Crocifisso sai il Risorto cioè, colui che è risorto è lo stesso che è stato crocefisso.

Gesù risorto mostra i segni della sofferenza della croce… questo per noi è troppo forte. Se proprio devo risorgere lo faccio nella gloria, perché la risurrezione deve per forza portarsi dietro le fatiche della sofferenza terrena?

Il vangelo di questa domenica mi consola parecchio perché pare che gli stessi discepoli della prima ora abbiano questa difficoltà.

Dai racconti sembra che non sia la prima volta che Gesù appare loro; eppure, fanno fatica a riconoscerlo. Questa fatica Gesù cerca di risolverla mostrando le ferite delle mani e dei piedi e mangiando con loro. Ci viene spontaneo chiedere: ma come è possibile?

Il corpo trasfigurato non entra neppure nei nostri pensieri, come possiamo testimoniarlo? Come possiamo essere convincenti nel trasmettere un qualcosa che neppure noi possiamo comprendere?

Con un po’ di semplicità mi viene da rispondere: l’unione fa la forza.

Già, solo in mezzo ai discepoli riuniti nel suo nome Gesù si rende presente. Solo dove due o tre sono riuniti nel suo nome si può fare l’esperienza della presenza del Crocifisso Risorto.

Se sono da solo a credere in qualcosa posso ad un certo punto pensare di essere un folle visionario, un pazzo che ha le visioni ma se assieme a me ci sono altri che condividono la stessa fede forse qualcosa di vero c’è, anche se faccio fatica a comprenderlo pienamente; e poi diciamocelo chiaramente, se potessi comprendere pienamente il mistero della Pasqua, passione morte e risurrezione, non sarebbe più un mistero e Dio non sarebbe più Dio ma completamente uomo come me e come te. Diffidate da coloro che dicono di sapervi spiegare i misteri di Dio!!!!