28 gennaio | IV Domenica del Tempo Ordinario – anno B

Villaggio della consolazione

In questa IV Domenica del Tempo Ordinario, Pasqua della settimana, il Vangelo ci conduce a Cafarnao e più precisamente nella sinagoga di Cafarnao.

È il luogo in cui Gesù inizia il suo ministero pubblico. Siamo nella Galilea, sulle sponde del lago, a pochi km dal confine con i paesi pagani. Gesù inizia proprio qui il suo ministero quasi a dirci con i fatti che lui non esclude nessuno dal suo desiderio di salvezza, lui vuole amare tutti indistintamente. Questo desiderio si esprimerà anche in alcuni attraversamenti del lago che lo portano fisicamente all’interno di un paese straniero in cui compie dei miracoli e allontana gli spiriti del male lasciando così un segno di amore anche per quelle terre; proprio come quel seminatore di cui lo stesso Marco ci parlerà al cap. 4 del suo vangelo: un seminatore sprecone o generoso – dipende dal punto di vista – che sparge il suo seme anche sulla strada, in mezzo ai rovi, e sul terreno sassoso.

Cafarnao letteralmente è il “villaggio della consolazione” in cui Gesù ha potuto consolare con la sua presenza le molte genti che per i motivi più diversi passavano per quella via.

Il Vangelo ci colloca all’interno della sinagoga, oggi diremmo che ci troviamo in chiesa, un luogo sacro dove certamente posso trovare persone che, almeno nel desiderio, ascoltano la Parola di Dio e cercano di metterla in pratica, in questa casa posso trovare quelli che si potrebbero definire gli uomini di Dio, coloro che hanno messo tutta la loro vita a disposizione di Dio studiando e insegnando la Parola di salvezza. Gesù, il Verbo di Dio incarnato, entra in questa casa, nella sua casa, e questa sua presenza svela le cose per come davvero esse sono. In quella casa di Dio c’è un uomo posseduto da un demonio. Il male che vive nelle nostre comunità non è visibile finché non ci lasciamo abitare pienamente dal Verbo. Ciò che più mi stupisce sempre è che il male conosce bene Gesù e vuole rivelarlo al mondo: “Io so chi tu sei, il Santo di Dio”. Questa è la Verità tutta intera su colui che agli occhi di tutti appare semplicemente come Gesù di Nazareth, il figlio de falegname. Il male lo conosce bene e Gesù azzittisce questa verità perché il mondo non è ancora pronto per poterla accogliere.

Il male abita le nostre case, le nostre vite. Non facciamo l’errore più comune, quello di puntare il dito contro gi altri! Il male vive in noi anche se andiamo in chiesa tutte le domeniche, anche se facciamo la comunione tutti i giorni. Il primo insegnamento di Gesù è: lasciati abitare dalla Parola, solo così potrai scorgere il male nell’uomo, cacciarlo e salvare l’uomo nella sua integrale e naturale bellezza. Dio non condanna mai l’uomo in sé ma il male che lo abita; non ci sono uomini o donne cattive ma uomini e donne che commettono azioni cattive.

Gesù è venuto a salvarmi: è venuto a liberarmi dal male che mi abita affinché io possa esprimere al mondo la sua presenza nella bellezza della mia esistenza.

Lasciamo ci abitare dal Verbo,
lasciamo che il Verbo plasmi la nostra esistenza,
lasciamo che il nostro essere nel mondo
sia segno vivo del Presente misericordioso
che offre sempre ad ogni uomo e ad ogni donna
un’opportunità di salvezza.
Amen.

21 gennaio | III Domenica del Tempo Ordinario – anno B

Nella Parola la Libertà

In questa 3 domenica del Tempo Ordinario, Pasqua della settimana, la Parola ci presenta, nella prima lettura, una città come tante: un grande agglomerato di vite che si intrecciano e che pensano a vivere il meglio che possono.

Ninive è l’emblema delle città di ogni epoca storica in ogni angolo della terra. Anche le nostre città e i nostri paesi sono Ninive. Anche noi come i niniviti siamo occupati e preoccupati di vivere il meglio che possiamo, anche a costo di applicare il detto “mors tua vita mea”.

Purtroppo, non ci accorgiamo che così facendo entriamo in un vortice di egoismo che ci porta ad una libertà effimera, una libertà che ci incatena alle cose di questo mondo e ci imprigiona nelle segrete di un tempo che non è mai abbastanza per poter mettere in agenda tutto quello che vorrei fare. Se pensate sia una visione pessimista del mondo … provate a chiedere ai nostri ragazzi se sanno cosa sia il tempo libero o cosa significhi giocare liberamente per la strada.

In questo mondo, la Parola di Dio, Gesù stesso, entra a gamba tesa e ci offre una buona notizia: abbandona tutto, seguimi e scoprirai cosa significa vivere.

Celebriamo oggi la V Giornata della Parola. Se ci pensiamo affidiamo le nostre vite alle parole del mondo, per qualsiasi necessità facciamo una ricerca su San Google e ci affidiamo al consiglio che più sembra essere compatibile con i miei tempi e le mie esigenze. Ma c’è una Parola che da sempre si pone accanto alla vita di ogni uomo e nel silenzio lo accompagna. Questa Parola oggi parla a te e ti invita ad affidarti alle sue cure, ti chiede di mettere in stand-by per un momento la tua agenda per lasciarti trasportare nella quiete sull’unica via della salvezza.

Non posso non pensare in questo momento alla bella figura del card. Van Thuan. Nel 1967 viene nominato vescovo, e nel 1975 vescovo di Saigon (Vietnam); due giorni dopo viene arrestato perché considerato politicamente pericoloso. Venne accusato di essere al servizio di governi stranieri che attentavano al successo della rivoluzione comunista nel paese. Trascorre 13 anni di prigionia di cui 9 di isolamento. In tutto questo tempo trovava la forza di continuare a sperare grazie ad “alcune gocce di vino e una goccia d’acqua nel palmo della mano … era questo il mio altare ed era questa la mia cattedrale!” Prosegue il suo racconto il card. Van Thuan: “In carcere non ho potuto portare con me la Bibbia; allora ho raccolto tutti i pezzetti di carta che ho trovato e mi sono fatto una minuscola agenda, in cui ho riportato più di 300 frasi del Vangelo; questo Vangelo ricostruito e ritrovato è stato il mio vademecum quotidiano, il mio scrigno prezioso da cui attingere forza e alimento mediante la lectio divina”.

Noi che viviamo in questo carcere che è questa nostra quotidianità, scandita da appuntamenti frenetici, allenamenti per un corpo sempre in forma, orari di lavoro improponibili … abbiamo il coraggio, la capacità, la sapienza di portare alla nostra mente qualche brano di Vangelo e di affidarci ai suoi consigli anche e soprattutto quando questi sembrano abbattere tutte le certezze che tengono in piedi le mie giornate?

Lascia tutto e seguimi, ci dice Gesù quest’oggi, salverò te dall’abisso in cui ti sei cacciato. Ascolta la mia Parola e segui i suoi consigli, solo così troverai quella libertà che da sempre desideri, solo così potrai realizzare pienamente ciò che sei. Amen.

14 gennaio | II Domenica del Tempo Ordinario – B

Che cosa cerchi?

In questa seconda domenica del Tempo Ordinario, Pasqua della settimana, la Parola ci consegna testi di vocazione. È bello vedere come all’inizio dell’anno, e all’inizio del Vangelo (siamo infatti al capitolo uno), ci viene presentata la bellezza di seguire il Signore.

Già perché camminare della fede non può che essere una gioia, una festa. Giovanni non sta più nella pelle rivedendo Gesù dopo averlo riconosciuto il giorno prima. È talmente contento che sente nel suo cuore il desiderio di sganciare da sé i suoi seguaci per mandarli da Colui che è l’unico vero grande maestro tanto atteso. Non ha paura di restare solo e dimenticato, il suo interesse è che tutti, anche i suoi discepoli, possano fare l’esperienza di illuminazione che lui stesso ha avuto la grazia di fare il giorno prima. Lo stesso effetto lo vive anche Andrea. È talmente tanta la gioia di aver incontrato Gesù che non può fare altro che trascinarsi dietro anche suo fratello Simone.

Sarebbe proprio bello chiederci se come cristiani siamo più preoccupati di far sì che le giovani generazioni, ma anche più in generale gli altri, stiano dietro a me, imparino i miei gesti, i miei pensieri, seguano le mie orme … oppure scoprano la dimora di Gesù; certo, che tutto questo significa avere il coraggio di rischiare di restare soli, magari di far morire alcune abitudini o tradizioni, significa aprirsi a nuovi modi di vivere la fede. È il coraggio che ci viene mostrato nella prima lettura da Eli: lui, il maestro sa accompagnare Samuele verso il Signore che lo chiama; solo in questo modo Samuele ha potuto prendere il volo e realizzare la sua vocazione.

Altro aspetto bello del Vangelo di oggi sono le prime parole di Gesù che l’evangelista ci riporta. Non è un’affermazione, non è una indicazione e neppure un insegnamento fatto con autorità, si tratta di una domanda: “Che cosa cercate?”. Già perché l’incontro con Gesù non può che far sorgere le domande fondamentali della tua vita: che cosa cerchi nella tua vita? Cosa cerchi nel tuo lavoro? Cosa cerchi nelle tue relazioni? Cosa cerchi in tua moglie, in tuo marito? Cosa cerchi nella tua fidanzata, nel tuo fidanzato?

Questa ricerca è la scomodità della fede ma ne è anche il fascino.

È la scomodità perché ti obbliga a fermarti e a guardarti dentro, a tirare fuori (educare) tutto ciò che sei, di bello e di brutto, di buono e di cattivo.

È il fascino perché non puoi che fare la scoperta che Dio ti accoglie proprio così come ti sei scoperto e solo scoprendoti puoi offrirti a Lui e quindi agli uomini per ciò che sei veramente.

Il cammino di fede è dunque un cammino di discesa nelle profondità più oscure del nostro essere per poterne poi risalire (risorgere) rinnovati dalle nostre stesse forze che non pensavamo neppure di avere.

Signore Gesù,
Tu che ti sei posto accanto all’uomo
nel suo desiderio di camminare
verso la mèta della felicità e della libertà;
Tu che hai saputo accoglierci e amarci
per ciò che siamo,
con i nostri limiti e le nostre capacità;
aiutaci a sperimentare la gioia del tuo incontro e
facci annunciatori e testimoni
di questa gioia che è il Vangelo,
parola di Vita, di Gioia e Libertà.
Amen.

7 gennaio | Battesimo di Gesù

Immersione nella storia dell’umanità

Ci troviamo quest’oggi difronte ad uno dei misteri della nostra fede, forse quello più nascosto: perché Gesù ha dovuto farsi battezzare?

Perché è questo che celebriamo in questa ultima domenica del tempo di Natale!

Gesù ha vissuto la maggior parte della sua vita nel nascondimento, prima come un bambino e poi come un giovane del suo tempo. Prima ha vissuto come migrante in terra straniera, poi rientrato in patria, nella sua Nazareth, è cresciuto andando a scuola e imparando il mestiere di papà Giuseppe. Intorno ai trent’anni scende dalle colline e va al Giordano dove il cugino Giovanni stava predicando e battezzando per il perdono dei peccati.

Dio entra nella storia degli uomini e confonde la sua storia nella storia dell’umanità di sempre: nella storia dei fuggiaschi, nella storia di coloro che vivono un piccolo borgo insignificante agli occhi del mondo, nella storia di chi cerca di guadagnarsi il pane con un lavoro onesto, nella storia faticosa di ogni bambino che cresce e di ogni genitore alle prese con un bambino che forse a tratti vuole crescere troppo in fretta. Dio mescola la sua storia eterna con la storia quotidiana e ordinaria dell’uomo di ogni tempo.

In questo desiderio di essere il prossimo (cioè il più vicino) di ogni essere vivente, Dio accoglie anche il gesto rituale del battesimo. Gesù si immerge prima nella folla che attende il suo turno sulle sponde del Giordano e poi, uno come tanti prima e dopo di lui, entra nell’acqua e … in quell’acqua succede qualcosa di diverso rispetto a ciò che tutti si potevano aspettare. Lui, il Dio incarnato senza ombra di peccato, si immerge nelle acque rese immonde dai peccati di tutti quegli uomini che in quelle acque si sono lavati via tutte le immondezze di cui erano ricoperti e … uscendo da quell’acqua porta con sé tutto ciò che in quell’acqua era stato lavato. Proprio come se prendessimo un vestito bianco bello pulito e lo immergessimo in una pozzanghera piena di fango.

Ed è in questo riemergere ricoperto dalla sporcizia dell’umanità che viene riconosciuto dal Padre: “Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento”.

È proprio in quello sporcarsi che Gesù viene riconosciuto dal Padre così come proprio sulla croce sarà riconosciuto dal centurione.

Signore Gesù,
Tu che con coraggio
hai accolto su di te ogni mio peccato;
Tu che mi hai mostrato l’umiltà
di scendere nelle profondità
più oscure dell’umanità per cercarmi;
Tu che hai osato affiancarti
alla storia di ogni uomo di ogni tempo,

aiutami a vivere la mia fede
nell’umiltà,
nell’abbandono,
nella fiducia,
nel coraggio.
Fa che sul tuo esempio
possa avvicinarmi ai più assetati di te
per accompagnarli nel cammino
di riconoscimento della tua presenza.
Amen

6 gennaio | Epifania di Dio

Pellegrini nel Tempo e nelle Storia

In questo giorno in cui la liturgia ci porta a ricordare i Magi e la loro ricerca del Re, tutti noi ci scopriamo un po’ viandanti e un po’ pellegrini, un po’ cercatori e un po’ girovaghi.

In effetti la nostra vita è un cammino verso una mèta poco chiara. Ogni giorno compiamo dei passi che ci portano avanti nel cammino ma non sappiamo bene se la direzione intrapresa è quella giusta. Anche i Magi nella loro storia hanno scoperto di essere in cammino, forse lo hanno fatto il giorno in cui hanno riconosciuto nelle stelle il segno della nascita di un grande Re; forse lo hanno scoperto in giorno in cui hanno iniziato a scrutare il cielo in cerca di un segno; o forse lo hanno scoperto quando si sono incontrati ed hanno condiviso le loro intuizioni. Non importa quando scopri di essere in cammino, l’importante è camminare. Se non cammini non potrai mai fare l’esperienza della scoperta, se non cammino non potrai mai incontrare altri ricercatori come te; se non cammini non potrai mai scoprire se ciò che ti è balenato in testa è vero oppure frutto di qualche allucinogeno.

I magi oggi ci insegnano anche il modo in cui è bene camminare. Si può infatti essere viandanti o pellegrini. Cioè si può essere gente che cammina senza una mèta o si può essere gente che guarda alla mèta e intraprende il viaggio cercando di arrivare a comprendere sempre più ciò che sta per incontrare. I Magi sono pellegrini. Nel loro cammino continuano a scrutare le stelle e le scritture e continuano a condividere il loro sapere, tutto questo per poter discernere, cioè poter riconoscere il Re che li sta chiamando tra i tanti re fasulli che lungo il cammino possono incontrare. Nel nostro cammino di uomini e di credenti spesso siamo più simili a viandanti che, non avendo una meta precisa, si lasciano trainare dal “fan tutti così” o dal “abbiamo sempre fatto così”. Il pellegrino si interroga, non lascia nulla al caso, si affida e si fida che qualcuno dall’alto lo sta guidando. Il pellegrino non cerca la strada più breve ma quella che gli permette più esperienze, perché solo mettendosi in gioco è possibile approfondire la propria conoscenza di quel Dio che ti sta chiamando e che attende solo che tu abbia gli occhi per poterlo riconoscere, là dove nessuno lo riconoscerebbe, là dove nessuno lo cercherebbe, là dove tutti vivono la propria solitudine.

Al termine del tempo di Natale noi festeggiamo l’Epifania di Dio, la manifestazione di Dio agli uomini, in questo giorno la Chiesa annuncia ufficialmente il giorno della Pasqua per significare che ogni giorno di questo nuovo anno appena iniziato è illuminato da quella Luce divina e in quella Luce tutto acquista significato.

Lasciamoci anche noi illuminare dal bambino Risorto, lasciamoci guidare anche noi dalle stelle per andare oltre ogni nostra immaginazione, lasciamo che sia Dio a guidarci là dove ciascuno di noi lo può incontrare. Buon Natale. Che possiate scoprire ogni giorno il modo in cui Dio si svela ai vostri occhi. Amen.